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Pensioni, quota 41: ecco come funziona e quanto può costare

Nella maggioranza si riapre il dibattito su Quota 41, con la Lega e anche i sindacati che spingono per la possibilità di consentire dal 2023 il pensionamento al raggiungimento dei 41 anni di contribuzione a prescindere dall'età anagrafica. Governo freddo di fronte a questa opzione anche per i costi.

di Marco Rogari

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2' di lettura

Dopo mesi di silenzio, si riapre nella maggioranza il fronte pensioni. Con la Lega che spinge per far scattare già dall'inizio del prossimo anno, quando si sarà esaurita Quota 102, la cosiddetta Quota 41. Che non è altro che la possibilità di uscita per tutti al raggiungimento del quarantunesimo anno di contribuzione a prescindere dalla soglia anagrafica. Un'opzione che è attualmente prevista solo per alcune tipologie di lavoratori, come i “precoci” e quelli impegnati in attività usuranti, e che è sostanzialmente condivisa dai sindacati, seppure in alternativa all'ipotesi di pensionamenti attorno alla soglia dei 62 anni d'età. Ma l'adozione a tutto campo di questa misura avrebbe un impatto non trascurabile sui conti pubblici, almeno secondo le simulazioni dell'Inps che hanno quantificato la maggiore spesa in oltre 4 miliardi nel primo anno per arrivare a più di 9 miliardi alla fine di un decennio.

Che cos'è Quota 41

Si parla forse un po' impropriamente di “Quota 41” perché in questo caso il requisito anagrafico non si somma a quello contributivo, che è l'unico parametro di riferimento. Il pensionamento sarebbe consentito al raggiungimento di 41 anni di versamenti a prescindere dall'età anagrafica.

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La pensione anticipata ordinaria

Attualmente è prevista una via d'uscita anticipata “ordinaria” basata esclusivamente sulla contribuzione maturata. Che consente il pensionamento per i lavoratori in possesso di almeno 42 anni e 10 mesi di versamenti e per le lavoratrici con non meno di 41 anni e 10 mesi di contributi.

I casi in cui è già prevista Quota 41

Da oltre cinque anni esistono alcuni casi in cui Quota 41 è già prevista. A beneficiarne sono i lavoratori in possesso, al 31 dicembre 1995, di contribuzione che possono far valere almeno 12 mesi di versamenti antecedenti al compimento del diciannovesimo anno d'età (i cosiddetti “precoci”) e che si trovano in una di queste condizioni: chi è disoccupato e non percepisce da almeno tre mesi l'indennità di disoccupazione; chi presta cure da non meno di sei mesi a un familiare entro il secondo grado, convivente con handicap grave; gli invalidi civili con oltre il 74% di invalidità; coloro che hanno svolto attività usurante o mansioni gravose per almeno sette anni negli ultimi dieci non meno di sei anni negli ultimi sette di attività lavorativa.

Inps, quota 41 costa oltre 4 miliardi nel primo anno

Nel 2021 l'Inps ha stimato i costi di un'estensione a tutto campo di Quota 41: più di 4 miliardi nel primo anno di “attivazione” per poi arrivare a superare la soglia dei 9 miliardi nell'ultima annualità di un percorso decennale. Anche per questo motivo il governo è sempre rimasto freddo di fronte a questa ipotesi. Così come il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, che ha più volte caldeggiato un'altra proposta con l'obiettivo di consentire il pensionamento a 63-64 anni con la sola quota contributiva dell'assegno usufruendo dell'eventuale parte retributiva a partire dal sessantasettesimo anno d'età. In questo caso il costo il primo anno si fermerebbe a poco più di 400 milioni. Ma la Lega lascia intendere che la spesa aggiuntiva per Quota 41 sarebbe più contenuta di quella stimata dall'Inps e continua a spingere su questa misura.

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