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Pensioni, ecco tutte le Quote sul tavolo. Dal 2024 l’avvio della nuova riforma

L'incognita dei costi e le richieste delle parti sociali rappresentano le due variabili dalle quali dipende la scelta definitiva del governo sulle pensioni in vista della definizione del pacchetto-previdenza da inserire nella legge di bilancio in arrivo per evitare il ritorno alla legge Fornero in versione integrale dal 1° gennaio 2023. Nelle ultime settimane i tecnici hanno valutato diverse ipotesi: dal restyling di Quota 102 da realizzare con un primo assaggio di Quota 41 e da Quota 104, che avrebbe l'impatto più contenuto su conti pubblici, fino alla Quota 103 in formato flessibile e alla “doppia” Quota 102

di Marco Rogari

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3' di lettura

L'incognita dei costi e le richieste delle parti sociali. Da queste due variabili dipende la scelta definitiva del governo sulle pensioni per evitare il ritorno alla Legge Fornero in versione integrale dal 1° gennaio 2023. La Quota 102 “rivista”, con 41 anni di versamenti e 61 d'età, impatterebbe maggiormente sui conti pubblici già il primo anno e anche a regime, mentre la Quota 104 (41 anni di contributi e 63 anni d'età) sarebbe quella meno costosa ma anche la più lontana dalle richieste dei sindacati. Quota 103 potrebbe diventare così in un possibile punto di compromesso, magari in una versione in parte flessibile partendo una soglia anagrafica minima di 61 anni. Ma c'è chi ha evocato la Quota 102 flessibile e anche la “doppia” Quota 102 affiancando all'attuale versione, modellata sui 64 anni d'età e 38 di contribuzione, quella con lo schema “61+41”. Il tutto dovrebbe essere accompagnato dal prolungamento di Ape sociale e Opzione donna e probabilmente anche da un sistema di incentivi per favorire la permanenza al lavoro, una volta raggiunti i limiti per il pensionamento, di alcune categorie del settore pubblico, a partire dai medici. Ma le misure da inserire nella legge di bilancio in arrivo dovrebbero anche fare da ponte con una vera riforma organica della previdenza che il governo dovrebbe definire insieme alle parti sociali nel corso del prossimo anno con l'obiettivo di avviarla operativamente nel 2024, prevedendo magari anche una nuova fase di “silenzio-assenso” per la destinazione del Tfr ai fondi pensione.

Il restyling di Quota 102 con un assaggio di Quota 41

Diverse sono le opzioni alle quali hanno lavorato i tecnici del governo nelle ultime settimane. Una di queste è quella che prevede un restyling dell'attuale Quota 102 introducendo, in accoppiata alla soglia anagrafica di 61 anni, il vincolo dei 41 anni di contribuzione, che rappresenterebbe, come chiede la Lega, una sorta di antipasto di Quota 41 da far decollare, in formula “secca”, entro la fine della legislatura. Il costo di questo intervento sarebbe superiore al miliardo il primo anno e salirebbe vertiginosamente a partire dal terzo.

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Quota 104 sempre con il vincolo dei 41 anni di versamenti

La soluzione meno costosa, mantenendo fermo il requisito dei 41 anni di contribuzione, sarebbe quella di Quota 104 (con 63 anni d'età). Che però non è gradita ai sindacati, dai quali continua ad arrivare la richiesta di uscite con Quota 41 “secca” o, in alternativa, con 62 anni d'età.

Quota 103 per favorire un compromesso

Una strada che non richiederebbe l'impiego di eccessive risorse e non si allontanerebbe troppo dalle richieste dei sindacati potrebbe essere quella di Quota 103: 62 anni d'età con 41 di versamenti. In questo modo i due requisiti richiesti da Cgil, Cisl e Uil sarebbero assorbiti, seppure in combinazione tra loro, nel nuovo canale d'uscita.

Quota 102 e 103 in versione flessibile

Una variante potrebbe essere rappresentata da una Quota 103 in versione parzialmente flessibile, partendo cioè da un'età minima di 61 anni. In questo caso l'uscita anticipata verrebbe garantita con appunto 61 anni d'età e 42 anni di contributi o con 62 anni e 41 anni di versamenti. Questo tipo di meccanismo potrebbe anche essere adottato per Quota 102 (“61+41” o “62+40”) ma avrebbe naturalmente un costo maggiore.

La “doppia” Quota 102

Il ventaglio di ipotesi valutate nelle ultime settimane comprenderebbe anche una “doppia Quota 102”. Si potrebbe uscire con gli attuali requisiti introdotti dall'esecutivo Draghi (64 anni d'età e 38 di contributi) o con quelli suggeriti dalla Lega sulla base del percorso immaginato dall'attuale sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon: 61 anni d'età e 41 di contribuzione.

Le altre misure in manovra

Con la legge di bilancio in arrivo saranno prolungate Opzione donna, che permette alle lavoratrici di accedere alla pensione anticipata con 58 anni (59 se “autonome”) e 35 di contribuzione ma con l'assegno ricalcolato con il metodo contributivo, e l'Ape sociale con cui possono uscire alcune categorie di lavoratori in difficoltà avendo maturato 63 anni d'età e i 30 o 36 anni di contribuzione a seconda dei casi.

La riforma strutturale

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha detto chiaramente che per le pensioni bisogna seriamente pensare a una riforma piuttosto che continuare ad andare avanti con le Quote. Anche i sindacati spingono per un riforma organica della previdenza. Gli stretti spazi di finanza pubblica non sembrano consentire al governo Meloni di procedere subito in questa direzione, ma l'intenzione sarebbe quella di definire un intervento strutturale nell'ambito di un confronto con le parti sociali da sviluppare il prossimo anno con l'obiettivo di avviare le prime misure nel 2024.

Anche il Tfr per la previdenza integrativa nell'intervento organico

La riforma organica, oltre alla flessibilità in uscita, dovrebbe toccare altri due capitoli: la copertura previdenziale dei giovani e il rilancio della previdenza integrativa. Su questo secondo versante potrebbe essere presa in considerazione la proposta dei sindacati di dare il via a una nuova fase di “silenzio-assenso” per destinare il Tfr ai fondi pensione.


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