Pensioni, la guerra in Ucraina congela la riforma. Il futuro incerto di Ape sociale e Opzione donna
Dopo lo scoppio del conflitto resta sospeso il tavolo governo-sindacati, anche se circolano voci di una possibile convocazione nella seconda settimana di marzo
di Marco Rogari
I punti chiave
3' di lettura
Doveva essere una sorta di carta in più, per quanto inattesa, al tavolo delle riforme considerate strategiche dal governo. Tanto da essere destinata a trovare ospitalità anche nel Def in arrivo nelle prossime settimane. Ma con l'esplosione del conflitto in Ucraina la correzione in chiave flessibile del sistema previdenziale, già rallentata dagli strascichi politici della partita per il Quirinale, sembra essere finita su un binario morto, risucchiando anche il tavolo avviato nei mesi scorsi da governo e sindacati. Che è ormai fermo da settimane, in attesa di quella verifica tra ministri e leader sindacali originariamente fissata il 7 febbraio. Anche se circolano voci, non confermate, di una possibile ripartenza del confronto nella seconda settimana di marzo.
Al momento c'è una sola certezza: quella di Quota 102 (la possibilità di uscita con almeno 64 anni d'età e 38 di contributi) introdotta dall'esecutivo con l'ultima manovra per il solo 2022. Senza dimenticare che sempre alla fine del 2022 scadrà anche la proroga annuale dell'Ape sociale e di Opzione donna.
Quota 102, unico punto fermo
Tutte le possibili opzioni per consentire pensionamenti anticipati rispetto alla soglia dei 67 anni, magari con il ricalcolo contributivo dell'assegno come indicato da Mario Draghi, così come le eventuali nuove misure per giovani, donne, e per rilanciare la previdenza complementare sono finite in naftalina. Anche perché per Palazzo Chigi è ora prioritario blindare la fase attuativa del Pnrr e i conseguenti interventi collegati, oltre ad arginare gli effetti della crisi energetica e del caro bollette, acuiti dalle ricadute dell'invasione russa dell'Ucraina.
E, in caso di una sospensione non temporanea del tavolo pensioni, c'è chi comincia a non escludere l'ipotesi di un prolungamento al 2023 di Quota 102, che allo stato attuale rappresenta una specie di punto fermo per i pensionamenti anticipati dopo la fine di Quota 100.
Il tavolo sospeso
Dopo i primi round tecnici, che avevano avvicinato governo e sindacati su alcuni possibili interventi come il bonus contributivo per i giovani con carriere discontinue, le agevolazioni più efficaci per le lavoratrici madri e una nuova fase di silenzio-assenso per la destinazione del Tfr ai fondi pensione, i ministri Andrea Orlando e Daniele Franco avrebbero dovuto incontrare i leader sindacali a inizio febbraio per fare il punto della situazione e gettare le basi di un eventuale memorandum d'intesa da assorbire poi nel Documento di programmazione economico finanziaria in arrivo (Def).
Un appuntamento che era stato poi rinviato alla seconda metà di febbraio dopo una nuova riunione tecnica. Ma a tutt'oggi i sindacati sono ancora in attesa di una convocazione, che il governo è stato costretto fin qui ad accantonare anche a causa cambio dell'agenda dovuto alla scoppio della guerra in Ucraina.
Il congelamento delle ipotesi sulle uscite flessibili con la soglia di partenza a 64 anni
Con il congelamento del confronto sulla previdenza si è anche fermata la discussione sulle varie ipotesi in campo per rendere flessibile la riforma Fornero. I sindacati erano tornati alla carica chiedendo uscite con 62 anni o con 41 anni di versamenti a prescindere dall'età anagrafica. Il governo aveva ribadito la disponibilità a valutare soluzione flessibilità in uscita solo con un aggancio integrale al metodo di calcolo contributivo.
Tre le principali opzioni sul tavolo: pensionamenti a partire da 64 anni d'età con il ricalcolo contributivo dell'assegno per i lavoratori nel sistema misto (in parte retributivi); uscite da 63-64 anni d'età con una penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipo rispetto alla soglia di vecchiaia; anticipo a 64 anni della sola fetta contributiva del trattamento con l'erogazione della quota retributiva al raggiungimento del limite di vecchiaia, sulla base della proposta formulata dal presidente dell'Inps, Pasquale Tridico.
Il nodo Ape sociale e Opzione donna
La mancata definizione di un nuovo pacchetto previdenziale renderebbe incerto anche il futuro di altri due strumenti che consentono di accedere alla pensione anticipata: l'Ape sociale e Opzione donna. In entrambi in caso l'ultima manovra ha previsto il prolungamento esclusivamente alla fine del 2022.
L'Ape sociale rappresenta, tra l'altro, uno dei capitoli chiave del confronto tra governo e sindacali. Con Cgil, Cisl e Uil che puntano a rendere strutturale questa misura. E a rafforzarla allargando l'attuale bacino dei lavoratori impegnati in attività gravose che vi accedono, così come indicato anche nelle conclusioni del lavoro condotto dell'apposita Commissione tecnica, presieduta da Cesare Damiano.
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