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Pensioni: partita rinviata a settembre su minime, Opzione donna e Quota 103

Dopo lo stop al tentativo di una parte del centrodestra di utilizzare una parte della dote destinata al taglio del cuneo per irrobustire ulteriormente i trattamenti più bassi e allentare la stretta sul canale di uscita anticipata per le lavoratrici, i dossier su questi due interventi saranno riaperti in autunno in vista del varo della prossima legge di bilancio

di Marco Rogari

(Phanie / AGF)

4' di lettura

L'ultimo tentativo è stato fatto nella settimana precedente il varo del decreto legge sul nuovo taglio del cuneo, ma nonostante il pressing di Lega e Fi non c'è stato spazio per un ulteriore ritocco verso l'alto delle pensioni minime. Ed è rimasto al palo anche l'allentamento della stretta su Opzione donna, scattata con la prima legge di bilancio targata Meloni, al quale fin dall'inizio dell'anno il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha cercato di aprire un varco. Ma la partita deve essere considerata soltanto sospesa. La maggioranza ha già messo nero su bianco nella risoluzione sul Def approvata dal Parlamento, con tanto di giallo sul voto sullo scostamento di bilancio da 3,4 miliardi, la necessità di spianare la strada con la prossima manovra autunnale a un intervento per alzare l'importo dei trattamento più bassi. E sempre alla legge di bilancio spetterà il compito di indicare la configurazione di Opzione donna per il 2024 e di tracciare la rotta per il “dopo Quota 103”. Che potrebbe anche essere prorogata, magari con un parziale restyling, visto che il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, nell'intervista rilasciata al Sole 24 Ore in edicola il 29 aprile scorso ha confermato che al momento non esistono spazi per una riorganizzazione del sistema previdenziale affermando che «non esiste una riforma compatibile con la nostra situazione demografica». Una sorta di semaforo rosso che condizionerà, ma non bloccherà, il confronto nel centrodestra sulla previdenza. Che è solo rimandato a settembre e che potrebbe essere preceduto a luglio da una ripartenza del tavolo con i sindacati. in ogni caso Cgil, Cisl e Uil restano molto critiche con il governo.

Pensioni minime, con gli arretrati assegno a 604 euro per gli «over 75» e a 576 euro per gli altri «aventi diritto»

Con le misure introdotte dall'ultima legge di bilancio, sulle quali soprattutto Fi ha spinto con forza, i trattamenti pensionistici al minimo sono saliti nel 2023, per effetto dell'indicizzazione degli importi all'inflazione (7,3% quella indicata fin qui dall'esecutivo per il 2022) e dell'ulteriore rafforzamento deciso dal governo, a 599,82 euro mensili per gli «over 75» e a 572,20 euro per gli altri pensionati aventi diritto. Ma l'assegno è già automaticamente destinato a lievitare ancora perché il tasso di inflazione per il 2022 è alla fine risultato pari all'8,1% e non al 7,3%. Pertanto, gli assegni degli «over 75» dovranno arrivare a quota 604,28 euro e quelli degli altri pensionati aventi diritto a 576,45 euro attraverso il pagamento degli arretrati. Che, se il governo non opterà per forme di anticipo già quest'anno, saranno versati a conguaglio a gennaio 2024.

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Lega e Fi impegnano il governo a far scattare un ulteriore aumento

La Lega e il Carroccio restano convinte che questi trattamenti debbano rapidamente diventare più pesanti, e per questo motivo nelle scorse settimane hanno insistito per destinare una fetta della dote a disposizione de taglio del cuneo a un ulteriore aumento già nel corso del 2023 delle pensioni più basse. Palazzo Chigi e il ministero dell'Economia hanno però deciso di convogliare tutte le risorse ora disponibili alla decontribuzione per irrobustire gli stipendi sotto i 35mila euro. Ma la maggioranza non demorde e nel secondo punto della risoluzione sul Def votata dalle Camere ha inserito una chiara sollecitazione al governo in vista della stesura della manovra autunnale: valutare un intervento in materia di innalzamento delle pensioni minime. Non solo: sempre nella risoluzione sul Def approvata dal Senato si invita l'esecutivo a valutare con la prossima legge di bilancio anche un rafforzamento delle pensioni di invalidità. Due impegni che sicuramente Lega e Fi a settembre chiederanno che vengano rispettati.

Opzione donna resta senza appeal

Con la stretta introdotta dall'ultima legge di bilancio, attraverso l'inasprimento dei requisiti e la riduzione della platea, si è quasi azzerato l'appeal di Opzione donna. Dal monitoraggio dell'Inps sui flussi di pensionamento è emerso che nei primi tre mesi del 2023 a scegliere questo canale per l'uscita anticipata, vincolato al ricalcolo contributivo dell'assegno, sono state soltanto 151 lavoratrici, mentre nel 2022 erano state 4.185. Il ministro del Lavoro Calderone ha più volte cercato di convincere il governo ad allentare, almeno parzialmente, questo giro di vite, e altrettanto ha fatto una parte della stessa maggioranza, ma senza successo. Anche il tentativo portato avanti in via sotterranea in prossimità del varo del decreto sul nuovo taglio del cuneo si è scontrato con i rigidi paletti posti dal Mef. A questo punto Opzione donna sembra destinata a rimanere nell'attuale configurazione fino al 31 dicembre 2023. Ma in autunno il governo dovrà comunque decidere che cosa fare per il prossimo anno. E, se opterà per un prolungamento di questa via d'uscita, dovrà fare i conti con chi nel centrodestra punta a tornare alla versione in vigore nel 2022, come chiesto a gran voce anche da Pd e M5S.

L'incognita del «dopo Quota 103»

Le ultime affermazioni del ministro Giorgetti sembrano chiudere del tutto i possibili spazi per un rapido riassetto del sistema previdenziale. Il ministro dell'Economia ha detto chiaramente che non esiste riforma compatibile con la nostra situazione demografica. Non solo: Per la manovra autunnale il governo non potrà contare su risorse infinite e le priorità sono già state individuate: rendere strutturale il taglio del cuneo, avviare la riforma fiscale magari insieme a una detassazione delle tredicesime e adottare misure in ottica natalità. In altre parole, Quota 41 (cara alla Lega) può essere considerato soltanto un obiettivo di legislatura. Ma Quota 103, congegnata dall'esecutivo con l'ultima legge di bilancio, scade a fine anno e il governo dovrà comunque individuare una soluzione, probabilmente “ponte”, per il 2024. Tra le varie ipotesi c'è quella di una proroga della stessa Quota 103, magari in una versione leggermente rivisitata. La scelta andrà comunque fatta non oltre la metà di ottobre, quando il governo sarà chiamato a varare la manovra. Anche se il ministro Calderone confida di affrontare con i sindacati la questione già a luglio riaprendo il tavolo sulla previdenza che è stato congelato a febbraio. E che proprio Cgil, Cisl e Uil chiedono a gran voce di far ripartire subito.


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