Pensioni: priorità a previdenza integrativa e lavori usuranti. Tempi lunghi per Quota 41
Lo stato di salute non proprio brillante dei conti previdenziali e i vincoli posti dalla Ue, con cui il governo ha già avviato la trattativa sulla revisione del Patto di stabilità e sui correttivi al Pnrr, sembrano rallentare la tabella di marcia della riforma previdenziale
di Marco Rogari
I punti chiave
3' di lettura
La corsa della spesa pensionistica e le partite in corso con Bruxelles su Pnrr e revisione del Patto di stabilità sono destinate a trasformarsi in un effetto-freno sulla tabella di marcia immaginata originariamente dal governo per riformare la previdenza.
I tempi per l'introduzione di Quota 41, su cui da sempre punta forte la Lega, sono destinati ad allungarsi fino alla parte finale della legislatura. Anche perché aprire subito un altro fronte con la Ue, che da sempre vigila con molta attenzione sull'andamento del sistema pensionistico italiano, rischierebbe di mettere a rischio gli altri dossier “urgenti”.
Ma la prossima legge di bilancio potrebbe comunque essere costruita con un mini-capitolo pensionistico. E non solo per indicare una nuova soluzione a tempo per il dopo Quota 103, su cui il 31 dicembre dovrebbe calare il sipario, a meno di non improbabili proroghe. Due sembrano destinati ad essere gli interventi prioritari su cui l'esecutivo appare orientato a puntare: il rilancio della previdenza integrativa anche attraverso nuove agevolazioni fiscali, che potrebbe essere messo nero su bianco già nel Def in arrivo ad aprile; l'allargamento della platea dei lavori usuranti.
L'incognita conti
La spesa pensionistica continua ad avere un'andatura sostenuta. Nell'ultima Nota di aggiornamento al Def si stima che le uscite salgano dai 297,3 miliardi del 2022, a 320,8 miliardi alla fine di quest’anno e a 349,7 miliardi nel 2025, quando la loro incidenza sul Pil dovrebbe essere del 16,4% contro il 15,7% del 2022. Lo stesso stato di salute dei conti dell'Inps non sembra dei migliori. Anche per effetto di quadro economico in peggioramento rispetto allo scorso anno, il bilancio preventivo per il 2023 dell’ente indica un risultato economico negativo di oltre 9,7 miliardi a fine anno, mentre l’esercizio 2022 si è chiuso con un attivo di 1,8 miliardi.
La lente di Bruxelles
Tra le raccomandazioni canoniche della Ue c'è quella di contenere la spesa pensionistica e di garantire la sostenibilità del sistema previdenziale. Anche alla luce dell'andamento dei conti previdenziali, diventa complicato per il governo Meloni forzare la mano sulle pensioni, magari proponendo un intervento come Quota 41 che costerebbe a regime circa 9 miliardi l'anno. Tra l'altro, lo stesso esecutivo già guarda con molto attenzione alla revisione del patto di stabilità Ue e sta provando a spuntare alcuni correttivi per la gestione del Pnrr: due dossier considerati prioritari.
Tempi più lunghi per Quota 41
Quota 41, ovvero la possibilità di uscire con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica, resta uno dei traguardi che il governo è intenzionato a tagliare per superare la legge Fornero e rendere più flessibile il sistema previdenziale. I risicati spazi di finanza pubblica che potrà utilizzare l'esecutivo per il 2024 e i vincoli posti da Bruxelles non cosentino però accelerazioni. Con il risultato di rendere percorribile la strada che porta a Quota 41 non prima della seconda parte della legislatura.
Il nodo della scadenza di Quota 103
Con la prossima legge di bilancio autunnale il governo dovrà in ogni caso decidere come procedere nel 2024 sul versante dei pensionamenti anticipati visto che Quota 103 (la possibilità d'uscita con 41 anni di versamenti e 62 anni d'età) sarà utilizzabile fino al 31 dicembre 2023. Resta da capire se questo strumento potrà essere eventualmente prorogato per un anno o se l'esecutivo ricorrerà ad un'altra soluzione.
Priorità alla previdenza integrativa
Il rafforzamento del cosiddetto “secondo pilastro” è una delle priorità del governo. Che punta a rendere più appetibili le forme integrative agendo sulla leva fiscale. Alle novità in arrivo su questo fronte con la delega fiscale, si dovrebbe aggiungere con la prossima manovra un adeguamento della soglia di deducibilità dei contributi destinati ai fondi pensione. Non è poi esclusa una nuova fase di “silenzio-assenso” per destinare il Tfr alla previdenza integrativa, che è citata anche tra le linee guida per riorganizzare il sistema previdenziale indicate in Parlamento dal ministro del Lavoro, Marina Calderone.
Platea più ampia per i lavori usuranti
Tra le misure che potrebbero trovare posto nella prossima legge di bilancio c'è anche quella di un'estensione della platea dei lavoratori impegnati in attività usuranti che possono in prevalenza uscire con 61 anni d'età e 7 mesi e 35 anni di contributi. A lasciare intendere indirettamente che l'esecutivo sta valutando un allargamento del bacino è stato in Parlamento il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon affermando che tra le ipotesi sul tavolo c'è quella di inserire nell'attuale elenco anche l'attività di portalettere.
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