previdenza

Pensioni quota 100: stretta dell’Inps sulla possibilità di lavorare

La norma fa riferimento alla decorrenza della pensione e non all'intero anno. Le indicazioni dell'istituto divergono da quelle fornite per l'Ape sociale

di Antonello Orlando

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2' di lettura

Con la circolare 117/2019 Inps ha fornito ulteriori indicazioni in riferimento al tipo di redditi non cumulabili con la pensione in quota 100. Nella prima circolare sull’argomento (la 11/2019 diramata nel giorno di entrata in vigore della norma), l’Istituto ha genericamente ribadito un’allargata incumulabilità con i redditi derivanti da qualsiasi attività lavorativa svolta, mentre la norma (articolo 14, comma 3, del decreto legge 4/2019) fa esplicito riferimento a sole 3 categorie reddituali del Tuir: incumulabilità piena coi redditi di lavoro dipendente e autonomo, parziale (solo oltre 5.000 euro annui) coi redditi da lavoro autonomo occasionale.

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Per questi ultimi Inps sembra adottare una lettura molto restrittiva, andando ben oltre il dato letterale della norma. Infatti i 5.000 euro lordi annui compatibili con l’assegno previdenziale vanno computati per l’intero anno d’imposta in cui è erogata la pensione, sebbene l’articolo 4, comma 3, del Dl 4/2019 disponga l’efficacia del divieto di cumulo «a far data dal primo giorno di decorrenza della pensione».

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Il precedente diverso

L’interpretazione appare inoltre andare in direzione opposta rispetto a quella fornita due anni fa a proposito della cumulabilità dei redditi di lavoro dipendente e autonomo con l’Ape sociale. In quel caso, con la circolare 100/2017, Inps ha sempre considerato ai fini degli 8.000 e 4.800 euro di limite di cumulabilità quanto percepito in ciascun anno d’imposta nei mesi successivi alla decorrenza del trattamento, in completa analogia con quanto previsto per la Naspi.

La circolare 117 dell’Inps

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Il tenore letterale della norma delle due misure appare inoltre molto simile: per l’Ape sociale l’articolo 1, comma 183, della legge 232/2016 parla di 8.000 e 4.800 euro annui, esattamente come l’articolo 14, comma 3, del Dl 4/2019 parla di 5.000 euro lordi annui.

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Redditi di impresa

Inoltre Inps chiarisce che la pensione in quota 100, rispettando la legge 153/1969, richiede la cessazione del solo rapporto di lavoro dipendente, ma può decorrere nel caso di soggetti che mantengano attive le proprie partite Iva o attività imprenditoriali. Nel caso di redditi di impresa, l’onere della prova di dimostrare che non siano connessi ad apporto lavorativa grava sui beneficiari, che devono presentare una dichiarazione di responsabilità. Una simile analogia fra redditi di lavoro autonomo e da capitale è già stata osservata nella circolare 174/2017 a proposito della cumulabilità della Naspi con tali redditi, anche se va specificato che il dettato dell’articolo 10 del Dlgs 22/2015 appare molto più inclusivo rispetto al tassativo elenco di categorie reddituali rilevabili nel decreto di riforma del welfare.

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Va in ultimo segnalato come la circolare non faccia alcuna menzione alle prestazioni occasionali ex articolo 54-bis del decreto legge 50/2017, che hanno preso il posto dei vecchi voucher.

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