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Inps: pensionamenti anticipati in calo, ma crescono le prestazioni assistenziali

Nel report dell’Istituto, presentato dal commissario straordinario Gelera, si segnala che la spesa per prestazioni pensionistiche nel 2022 ha raggiunto i 322 miliardi, di cui 315 a diretto carico dell’ente. E oltre il 50% delle uscite è assorbito da trattamenti anticipati. Nel 2022 sono aumentati dell’8,1% gli assegni assistenziali. Con la pandemia nessuna ondata di licenziamenti. Per gli operai cinque anni di speranza di vita in meno rispetto ai dirigenti

di Marco Rogari e Claudio Tucci

Manovra, maggioranza lavora su dossier pensioni

5' di lettura

Appena 10.563 uscite con Quota 102 e 5.125 con Quota 103 fino al 31 maggio 2023, contro le 432.888 sgorgate da Quota 100. Con il risultato di arrivare complessivamente a 448.573 nuovi pensionamenti anticipati a partire dal 2019.

Una perdita dell'importo degli assegni per la sola parte legata al ricalcolo contributivo delle uscite con Opzione donna sulla base dei “vecchi” requisiti (58 anni d’età, 59 se lavoratrici autonome, e 35 di contributi) che scende in media dal 23% del 2013 all’8% del 2022 e diventa di fatto un possibile “prototipo” da valutare per le soluzioni da adottare per rendere più flessibile il sistema pensionistico.

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Un aumento dell’8,1% delle prestazioni assistenziali durante lo scorso anno. Un’inflazione che, ancora prima della fiammata del 2022 e del 2023, mordeva le famiglie dei pensionati. E un rafforzamento degli stipendi grazie al taglio del cuneo che a ottobre si aggirerà intorno ai 100 euro lordi mensili.

Sono solo alcune delle indicazioni e delle quantificazioni, con tanto di simulazioni mirate, contenute nel ventiduesimo rapporto annuale Inps, presentato alla Camera nell’anno in cui l’ente celebra i 125 anni di attività, dal commissario straordinario dell'Istituto, Micaela Gelera. che sul fronte del mercato del lavoro ha sottolineato: «Nonostante il recupero, in Italia l’occupazione resta inferiore a principali Paesi euro».

La spesa per la previdenza a quota 322 miliardi, pesa il “gender gap”

Tra il 2021 e il 2022 lo stock di prestazioni previdenziali erogate dall'Inps è rimasto complessivamente invariato: i pensionati, come si ricorda nella relazione di Gelera, sono circa 16 milioni, di cui il 52% donne e l'importo della spesa pensionistica è di 322 miliardi. L'importo medio percepito dagli uomini è superiore del 36% di quello delle donne.

Per operai 5 anni speranza vita meno di dirigenti

I pensionati che appartengono al primo quintile di reddito hanno una speranza di vita a 67 anni di circa 2,6 anni inferiore a quelli che appartengono al quintile con il reddito più alto ma la differenza cresce a seconda del comparto nel quale si è lavorato e delle mansioni avute. Anche questo dato emerge dal rapporto annuale dell’Inps che sottolinea come la differenza nella speranza di vita sia di cinque anni tra chi era nel Fondo lavoratori dipendenti nel primo quintile di reddito (16 anni di speranza di vita) e chi era nel quintile di reddito dal Fondo dirigenti (Inpdai) con 20,9 anni.

Alle pensioni anticipate oltre la metà della spesa

L'Inps eroga 315 miliardi di trattamenti pensionistici. Oltre metà della spesa è assorbita da prestazioni di anzianità/anticipate, seguite da vecchiaia e pensioni ai superstiti.

Nel 2022 le prestazioni assistenziali aumentano dell’8,1%

Nel rapporto si evidenzia che nel 2022 si registra una flessione del 3% delle nuove prestazioni previdenziali riconducibile in gran parte al calo dei pensionamenti anticipati dovuto alla fine dell'effetto-Quota 100. Ma l'Inps fa anche notare che sempre nel 2022 si assiste ad un incremento dell'8,1% delle prestazioni assistenziali.

Effetto inflazione su famiglie e pensionati prima della fiammata del 2022

Nel report si afferma che nel complesso le famiglie italiane con più contenuta propensione alla spesa (“primo quinto”) nel periodo compreso tra il 2018 e il 2022 hanno sperimentato un'inflazione cumulata di circa il 15% (5 punti percentuali in più dei i nuclei con la più elevata propensione alla spesa) che però sarebbe stata sostanzialmente quasi in toto compensata dagli effetti dell'aumento dell'occupazione e degli “aiuti” previsti negli scorsi anni a livello governativo.

L'Inps evidenzia anche che una forte perdita è stata patita anche dalle famiglie che percepiscono solo redditi da pensione, per le quali le misure del decreto Aiuti Bis non sono bastate a preservarne il potere d'acquisto: i nuclei di pensionati del “primo quinto” della distribuzione della spesa, nel periodo compreso tra il 2018 e il 2022, hanno perso circa il 10,6% del reddito in termini reali, mentre quelle “dell'ultimo quinto” hanno perso il 7,5%.

Opzione donna: nel 2022 le penalizzazioni dell’assegno contributivo scendono all’8%

A tutto gennaio 2023 le pensioni erogate attraverso Opzione donna erano circa il 16% di tutte le pensioni anticipate alle lavoratrici.

L’Inps segnala che ne hanno beneficiato circa 175mila lavoratrici con un assegno di quasi il 40% più basso della media, dovuto non solo al ricalcolo contributivo ma anche ai minori anni di contribuzione e ai minori redditi di queste lavoratrici.

Da una simulazione effettuata dagli esperti dell'Istituto emerge che la “penalizzazione” media derivante dal ricalcolo contributivo dei trattamenti con i requisiti in vigore nel 2022 prima della stretta scattata con l'ultima legge di bilancio (58 anni d'età, e 59 per le lavoratrici autonome, e 35 di contributi) ha un trend decrescente.

Che scende dal 23% del 2013 all'8% del 2022. E questa può diventare un'indicazione non trascurabile nell'ambito del dibattito in corso, anche in vista del varo della manovra 2024, sulle soluzioni da dotare per rendere più flessibile in uscita il sistema pensionistico.

La “potenza” del taglio al cuneo contributivo

Dal rapporto dell'Inps emerge con chiarezza il vantaggio in busta paga derivante dalla sforbiciata dei contributi, solo lato lavoratore, iniziata dai governi precedenti e potenziata dall'esecutivo Meloni.

Fino a dicembre c’è un taglio di 6 punti dei contributi fino a redditi di 35mila euro annui, il taglio sale a 7 punti fino a redditi di 25mila euro annui. Attualmente l'intervento interessa una platea di circa 14 milioni di lavoratori dipendenti.

Ebbene l'analisi condotta da Inps ha evidenziato un aumento significativo dell'importo netto in busta paga già nel 2022, con una media di circa 30-40 euro mensili. Si è poi svolta una simulazione su ottobre 2023: c’è stato un aumento di circa 100 euro lordi dell'imponibile fiscale mensile.

Per alcuni lavoratori il beneficio è addirittura stato più alto, arrivando anche a più di 125 euro. Per i lavoratori full time e full month l’ammontare medio dell'esonero arriverebbe a 123 euro. Non proprio spiccioli per chi ha retribuzioni intorno ai 1.500 euro.

L’effetto degli incentivi sulle assunzioni

L'Inps ha evidenziato poi, allargando lo sguardo sul mercato del lavoro, come gli attuali incentivi assunzionali previsti abbiamo influito positivamente sui nuovi inserimenti o stabilizzazioni. Un po’ meno sull'aumento delle retribuzioni.

Sia decontribuzione Sud sia esonero giovani infatti hanno fatto salire l'occupazione. Si tratta di incentivi in scadenza a fine anno, come quello sulle donne, che il governo sembra intenzionato a prorogare nella prossima legge di Bilancio. Anche per non spiazzare le politiche assunzionali delle aziende.

Male il lavoro autonomo, nessuna ondata di licenziamenti

Nonostante i progressi assunzionali degli ultimi mesi, e un tasso di occupazione che ha superato il 60%, il lavoro evidenzia alcune criticità derivanti dall'invecchiamento della popolazione, dal persistente divario territoriale tra Nord e Sud, oltre che dalla divaricazione tra lavoro dipendente, in aumento, e lavoro autonomo, in diminuzione.

Nel 2022 Il numero degli assicurati Inps è salito a oltre 26,2 milioni di persone con almeno un versamento contributivo, rispetto ai 25,5 milioni del 2019. Il ricorso al part time (tra cui quello involontario) è piuttosto elevato nel privato: lo scorso anno è stato pari al 7% tra i dipendenti pubblici a tempo indeterminato, e pari al 26% tra i dipendenti privati a tempo indeterminato.

Si attesta al 45% per i lavoratori con contratto a termine. Con la pandemia non si è invece assistito all'ondata di licenziamenti temuta dai sindacati. I beneficiari di almeno un giorno di Naspi nel 2022 sono stati 2,626 milioni, un dato inferiore al periodo pre-Covid, 2,754 milioni del 2019.


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