Pensioni, dalle rivalutazioni soft in Manovra tagli di spesa fino a 2,5 miliardi
La stretta sull’indicizzazione produce nei calcoli del governo un risparmio di spesa intorno ai 2,5 miliardi sul 2023. L’apporto delle pensioni comunque è solo un tassello nel mosaico delle coperture di una manovra che viaggia verso i 36-37 miliardi
di Marco Rogari, Gianni Trovati
3' di lettura
Mentre tutto il dibattito sulle pensioni delle ultime settimane si concentrava sull’opportunità o meno di aumentare ancora una spesa previdenziale già in volo per effetto dell’inflazione, al ministero dell’Economia si lavorava in silenzio a ridurre le uscite sotto questa voce.
Il risultato emerge dalle tabelle del Documento programmatico di bilancio inviato giovedì sera a Bruxelles, che trattano le pensioni come una copertura per la manovra. L’effetto combinato degli interventi previdenziali porta un risparmio nell’ordine degli 1,5 miliardi. Com’è possibile?
La spiegazione non è complicata da trovare facendo due conti. La legge di bilancio farà debuttare per il solo 2023 la «quota 103», data dalla somma di 41 anni di anzianità e 62 di età. Il costo stimato per questa piccola finestra di prepensionamenti rispetto alle regole Fornero è di 6-700 milioni. Al pacchetto si aggiunge poi la proroga di Opzione donna e dell’Ape sociale, e una rivalutazione rafforzata per le pensioni al minimo (525 euro). Il costo totale, in attesa degli allegati alla legge di bilancio bollinata che ancora non emerge, è intorno al miliardo di euro.
I lavori sono ancora in corso, il testo è atteso per lunedì alla Camera dove crescono le preoccupazioni sul rischio tempi: il Terzo Polo con Luigi Marattin chiede una riunione lunedì dell’ufficio di presidenza della Bilancio evocando il rischio di esercizio provvisorio.
A compensare largamente queste spese e a riportare il saldo previdenziale della manovra in territorio positivo è allora l’ennesima revisione delle regole sull’indicizzazione degli assegni.
Rispetto alle regole in vigore quest’anno, la nuova architettura a sei fasce non cambia nulla per le pensioni fino a 4 volte il minimo (circa 2.1000 euro lordi al mese), poi diventa penalizzante: in modo più leggero fino a 6 volte il minimo (3.150 euro al mese) poi in forma progressivamente più forte quando l’assegno sale. È vero che le pensioni colpite sono una minoranza sul totale dei trattamenti previdenziali. Ma è altrettanto vero che l’inflazione è altissima e quindi una modifica delle percentuali di rivalutazione ha effetti complessivi rilevanti.
Se la spesa per la flessibilità in uscita è intorno al miliardo e il capitolo previdenziale ha un saldo positivo per 1,5, la stretta sull’indicizzazione produce nei calcoli del governo un risparmio di spesa intorno ai 2,5 miliardi sul 2023. L’apporto delle pensioni comunque è solo un tassello nel mosaico delle coperture di una manovra che viaggia verso i 36-37 miliardi (i 37,8 indicati in tabella scontano l’effetto degli eventuali arrotondamenti). E che poggia su due pilastri: i 21 miliardi abbondanti di deficit aggiuntivo rispetto al tendenziale (1,1 punti di Pil) e circa 16 miliardi di «coperture»: di questi, intorno ai 6,5 miliardi sono aumenti di entrate, il resto è rappresentato da riduzioni di spesa.
L’etichetta («altro») che il Dpb assegna a queste cifre è piuttosto avara di dettagli. Una «situazione senza precedenti» secondo il responsabile economico del Pd Antonio Misiani, che dietro queste cifre vede il rischio di «pesanti tagli di spesa e nuove tasse non meglio specificate». L’incremento di entrata sarà affidato soprattutto a extraprofitti, rivalutazioni fiscali e accise sul tabacco (sigarette in primis). Ma sulla spesa, a parte i circa 750 milioni di risparmi dal reddito di cittadinanza e i 300 dal Superbonus, per ora le certezze sono poche. Una riguarda il pubblico impiego, che non si vedrà stanziare i fondi per i rinnovi contrattuali e dovrà viaggiare su binari di spesa rigidi come accadrà anche alle spese per gli acquisti della Pa: sfida non semplice mentre l’inflazione corre e il Pnrr dovrebbe accelerare.
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