Pensioni, spesa su di 50 miliardi in 5 anni: il governo rinvia Quota 41. Ecco le ipotesi
Il Def chiude la strada all'uscita con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica. Il rapporto tra uscite pensionistiche e Pil, che cinque anni fa era al 15,2%, nel 2024 salirà al 16,2%
di Marco Rogari
I punti chiave
3' di lettura
Quasi 50 miliardi. Tanto è lievitata in soli cinque anni la spesa per pensioni, che è passata dai 268,5 miliardi del 2018 ai 317,9 miliardi stimati per quest'anno. Un'impennata, quella della uscite pensionistiche, registrata nell'ultimo Documento di economia e finanza (Def), che, insieme ai ridotti spazi di finanza pubblica per nuovi interventi, impone al governo di allungare i tempi per la realizzazione della riforma previdenziale. Con il risultato di rinviare l'introduzione di Quota 41, ovvero della possibilità di uscita con 41 anni di versamenti a prescindere dall'età anagrafica. Che diventa a questo punto un obiettivo non più immediato ma di legislatura. E apre la strada per il 2024 a una nuova “misura-ponte. Tra le ipotesi ci sono la proroga di Quota 103, al momento prevista fino al 31 dicembre 2023, magari in versione rivisitata e il rafforzamento del meccanismo della staffetta generazionale
L'incidenza della spesa sul Pil dal 15,2% del 2018 al 16,2% del 2024
E' destinata ad aumentare di ben un punto, dal 15,2% al 16,2%, tra il 2018 e il 2024 l'incidenza della spesa pensionistica sul Pil, stando alle previsioni aggiornate del Def. Un peso sempre maggiore, soprattutto per effetto dei costi per l'indicizzazione degli assegni alla corsa dell'inflazione ma anche a causa della sperimentazione triennale negli anni scorsi di Quota 100, che ha favorito il ricorso ai pensionamenti anticipati. E anche nel biennio successivo il rapporto spesa-Pil resterà ancorato al 16,1%, mentre il picco, stimato al 17,4%, è previsto per il 2036.
Nel 2025 i costi per le pensioni a quota 350 miliardi
L'andatura delle uscite pensionistiche resterà molto sostenuta nei prossimi anni. Si salirà dai 268,5 miliardi del 2018, l'anno che ha preceduto l'avvento di Quota 100, ai 317,9 miliardi stimati del Def per quest'anno, per poi arrivare a 350, 9 miliardi nel 2025 e a 361,8 miliardi nel 2026. La spesa nel prossimo biennio crescerà al ritmo del 7,1 per cento.
Rallenta la marcia verso Quota 41
L'andamento della spesa e le scarse risorse a disposizione del governo per nuovi interventi rallentano la marcia verso Quota 41 immaginata nei mesi scorsi da una parte della maggioranza, Lega in testa. La possibilità di uscita con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica diventa un obiettivo di legislatura. Lo stesso ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha lasciato chiaramente intendere che la riforma previdenziale sarà realizzata in tempi più lunghi di quelli originariamente previsti. Calderone comunque confida di far ripartire il “cantiere pensionistico” subito dopo l'estate del 2023.
Un Ddl collegato per le nuove misure
Il governo ha in ogni caso inserito tra i disegni di legge da “collegare” alla prossima manovra un provvedimento sulle pensioni. Ma per il “dopo Quota 103”, che si dovrebbe esaurire il 31 dicembre del 2023, con tutta probabilità si dovrà intervenire con la prossima legge di bilancio autunnale, anche sulla base delle indicazioni che arriveranno dall'Osservatorio per monitorare la spesa previdenziale, attivato dalla stessa Calderone.
L'ipotesi di proroga di Quota 103 e la staffetta generazionale
A questo punto sembra molto probabile che per il prossimo anno il governo utilizzi una nuova “misura ponte”, come è già accaduto per Quota 100, Quota 102 e Quota 103. Proprio la proroga di Quota 103, magari in forma rivisitata, è una delle ipotesi sul tavolo. Anche se al ministero del Lavoro si guarda con attenzione alla possibilità di rafforzare il meccanismo della staffetta generazionale, con un maggiore utilizzo del part time per i lavoratori in prossimità della pensione. Una soluzione che potrebbe rappresentare un primo passo in direzione della riforma che verrà, costi permettendo.
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