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Per la bellissima Lancia Thesis un destino da grande incompresa

L’interno era stato curato da Flavio Manzoni, oggi ai vertici del design mondiale quale responsabile dello stile Ferrari

di Vittorio Falzoni Gallerani

3' di lettura

Il mancato successo di mercato di questa berlina Lancia è per noi uno dei più grossi misteri della storia più recente dell’automobile italiana; superato forse solo da quello, relativo allo stesso fenomeno, riguardante la sua erede: la Thema del 2011. Non che ci si potessero aspettare numeri da Audi, in quegli anni già diventata fenomeno di ipnosi collettiva, ma che in circa otto anni di produzione si siano costruiti a malapena gli esemplari di Thesis previsti per ogni anno, e cioè circa sedicimila, è qualcosa di difficilissima spiegazione.

Secondo noi l’origine di tale clamoroso insuccesso è da ricercarsi nella scomparsa degli autentici Lancisti, quelli che sempre si sono compiaciuti dell’originalità della propria berlina; i loro sedicenti eredi del 2002 potevano innamorarsi solo della Delta HF Integrale, come in effetti è accaduto, ma unicamente grazie alle sue strepitose vittorie rallystiche. Tentiamo questa analisi poiché la Lancia Thesis, dopo la disgraziata K che diede il via al declino della Lancia, era stata progettualmente curatissima e non aveva pecche.

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La tanto discussa linea era stata creata volutamente così diversa dalle altre da Mike Robinson; per rendersi infatti conto di come egli fosse in grado di disegnare con canoni di bellezza più immediati basta osservare il suo prototipo Jaguar B99 Bertone; che poi la Thesis non sia stata capita non può significare altro che quanto detto più sopra; chi aveva orgogliosamente acquistato a suo tempo una Lancia Aurelia oppure una Flavia non avrebbe invece potuto che rallegrarsi di tanta personalità.

L’interno era stato curato da Flavio Manzoni, oggi ai vertici del design mondiale quale responsabile dello stile Ferrari; oltre ad essere di un’eleganza ancora una volta molto personale, presentava un’idea grandiosa: la plancia attraversata da piccolissimi fori attraverso cui passa l’aria climatizzata creando un flusso debole ma ampio che mai poteva creare fastidio agli occupanti pur essendo efficacissimo nel regolare la temperatura. Era inoltre impeccabilmente rifinito ed allestito con materiali di prim’ordine: pelle Frau di magnifici colori e modanature in radica, nonché equipaggiato con tutta la tecnologia allora disponibile all’epoca: navigatore satellitare incluso.

Istruiti da quanto accaduto con la precedente Kappa, uccisa sul nascere dall’inaffidabilità del suo primo motore diesel ad iniezione indiretta con precamera, fin dal debutto la Thesis fu equipaggiata con motori di sicuro affidamento; in ordine di potenza il JTD turbodiesel ad iniezione diretta da 150 CV; il 2.4 cinque cilindri a benzina da 170 CV; il 2.0 litri cinque cilindri turbo a benzina da 185 CV ed infine un 3.0 litri V6 di derivazione Alfa Romeo da 215 CV. Come si può notare una gamma molto orientata all’Europa dove si sperava di guadagnare almeno un poco del terreno perduto dopo la scomparsa dai listini della prima Thema; non a caso il cambio automatico era disponibile in opzione su tutte ed il due litri a benzina concepito espressamente per il nostro mercato, pur assolutamente affidabile, si rivelò il meno adatto alla macchina ed il meno venduto tra i motori disponibili.

Se l’auto, infatti, riuscì in qualche modo ad essere commercializzata in Italia lo si dovette essenzialmente alla Turbo Diesel, scelta come benefit aziendale per i dirigenti oppure addirittura venduta ad apparati dello Stato, Presidenza della repubblica compresa, in questo caso equipaggiata col più potente V6 necessario per smuovere la pesantissima versione blindata Protecta. Il comportamento su strada fu subito giudicato ineccepibile: tutto il telaio era nuovo e concepito per offrire al massimo grado quella combinazione di comfort e guidabilità tipiche delle automobili italiane e molto apprezzata da chi ama guidare, pur costretto ad una berlina.

Presentata al Salone di Ginevra del 2001, utilizzò la lunga parte restante di quell’anno, nella messa a punto delle fasi di produzione e nella promozione della vettura con prolungati test da parte della stampa specializzata; la produzione degli esemplari destinati ai clienti non iniziò prima del 2002; è quindi solo da quest’anno che è possibile acquisire una Lancia Thesis ’storica’: occasione da non lasciarsi sfuggire, a nostro parere, per tutti i collezionisti di questo inimitabile Marchio.

A nostro avviso, se a fianco di una Flaminia, una Thema anni’80 può anche mancare, l’assenza di una Thesis sarebbe un peccato. Segnaliamo al proposito, tra le altre, la versione Collezione Centenario del 2006 (poi 100th) con verniciatura bicolore, cerchi in lega specifici da 18” ed interno in pelle rossa; non che sia particolarmente elegante, preferiamo la Lancia Thesis in livrea unica più discreta, ma si tratta indubbiamente di una versione ancora più esclusiva di un’auto rara ed individualistica; è stata disponibile solo Diesel con cambio automatico, ma, conoscendo le doti del Multijet 2.4 20V, non ci pare un problema. Prezzi, per ora, sotto i quattromila Euro.


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