Per le borse mondiali un trimestre super-Toro, mai così bene dal 2013
di Brambati e Di Cristofaro
5' di lettura
L’azionario mondiale archivia il miglior trimestre dalla fine del 2013: l’indice Msci World ha guadagnato oltre il 6% nei primi tre mesi del 2017. Un rialzo che non si vedeva da oltre tre anni. A favorire l’ottimismo, soprattutto nei primi mesi dell’anno, le aspettative per le politiche economiche annunciate da Trump, che si è insediato il 20 gennaio alla Casa Bianca. Il secondo trimestre sarà però la prova del fuoco per il neo presidente, che agli annunci dovrà far seguire i fatti, cosa non scontata come ha dimostrato il fallimento della riforma dell’Obamacare, affondata a causa delle divisioni tra i Repubblicani al Congresso.
E mentre il Trump-rally ha perso un po’ di slancio, l’attenzione si è spostata ora sulle banche centrali, con la Fed che da metà febbraio ha preparato il mercato al rialzo dei tassi di maggio e ora indica come probabili ad altri due aumenti del costo del denaro nel corso dell’anno. Sull’altra sponda dell’Oceano, la Bce prende tempo e gli ultimi dati sull’inflazione sembrano dare ragione a Mario Draghi: il numero uno dell’istituto di Francoforte aveva lasciato intendere che un possibile rallentamento della crescita dei prezzi era possibile e i numeri di marzo (+1,5% da +2% di febbraio) danno la possibilità alla Bce di prendere tempo - almeno fino all’autunno - per rimettere mano al Qe.
Via al turnover Europa-Usa sull’azionario, si sgonfiano i timori sulla Francia
Da qualche settimana il vento è cambiato a favore dell’Europa, sia per il rischio di sopravvalutazione a Wall Street sia per l’affievolirsi dei rischi politici percepiti nel Vecchio Continente.
«Il rafforzamento del dollaro ha reso più appetibile il mercato Ue e se si guardano i multipli l’Europa è più conveniente – conferma Mario Spreafico, direttore investimenti di Banca Leonardo- Negli ultimi due anni il mercato Usa ha anticipato la ripresa economica e oggi il Vecchio Continente ha un ciclo di ritardo. Per questo gli investitori ora scommettono sulla sua ripartenza». «Iniziano a emergere i malesseri di overpricing di Wall Street e il sottopeso dell’Europa nei portafogli», aggiunge Vincenzo Longo di Ig Market. Tanto che, nell’ultima settimana, secondo il sondaggio di Bofa Merrill Lynch tra i grandi gestori mondiali, si è registrato in Europa un flusso sull’equity europeo di 1,5 miliardi di dollari, il valore più alto da inizio 2016. Parallelamente, in Usa si è assistito alla seconda settimana di deflusso. «I flussi in acquisto su Germania e Italia nell’ultima settimana – prosegue Longo - hanno raggiunto i massimi da 66 e 72 settimane rispettivamente. Per l’Italia è stato il miglior trimestre dal quarto trimestre del 2015”. A favorire l’Europa è anche la percezione che i rischi politici non siano così gravi: secondo gli ultimi sondaggi una vittoria della Le Pen è vista meno probabile e “se veramente il 5 maggio prevalesse Macron, crediamo che si possa aprire una nuova fase di acquisti per l’azionario europeo».
«E’ scomparso anche lo spauracchio di un dissolvimento dell’Europa dopo Brexit», fa notare Spreafico che si somma «a un atteggiamento più rassicurante della Bce sui tempi di allentamento degli acquisti».
Banche protagoniste in Italia e in Europa
La performance nel trimestre di Piazza Affari è di tutto rispetto alle altre Piazze finanziarie, con il Ftse Mib salito di oltre il 6%. Certo, ci sono indici che hanno fatto molto meglio, ma non dobbiamo ricordare che a metà febbraio Milano era la Borsa peggiore. «L’andamento trimestrale del Ftse Mib è in linea con le altre Borse, quindi la performance dell’ultimo mese (+7,5%) è da mettere in evidenza», sottolinea Longo. A spingere sull’acceleratore nelle ultime settimane, oltre ai fattori globali (le aspettative per le mosse della Fed da una parte e il ritorno di interesse sul mercato europeo dall’altra), sono state soprattutto le banche “che si sono scrollate di dosso l’incertezza sul contesto di tassi bassi che le avevano penalizzate sulla prima parte del 2016 e sono state quelle che hanno fatto bene e hanno permesso a Milano di recuperare la performance negativa” del primo mese e mezzo. E proprio sulle banche (con l’indice settoriale milanese che ha messo a segno un +6%), dice Longo, «continuerei a puntare nei prossimi mesi in ottica speculativa».
Ma a parte le banche, che anche in Europa hanno registrato un generale ritorno d’interesse, la vera sorpresa arriva dalle società a media e bassa capitalizzazione. «In Italia è iniziato l’effetto Pir (Piani individuali di risparmio,ndr) sugli investimenti – ricorda infatti Spreafico- che si è tradotto nell’esplosione delle capitalizzazioni di alcune pmi da tempo trascurate». Non a caso l’indice Ftse Mid Cap registra una delle migliori performance in Europa.
Tornando ai settori, il rialzo più elevato è stato quello delle auto che a, Piazza Affari, fa rima con Fiat, «che di fatto è americana e si muove come gli Usa», chiosa Longo. «Trump, incontrando i produttori e intervenendo sulle emissioni ha infuocato il settore. Ma il mercato statunitense mostra segnali di saturazione, è un comparto su cui resterei prudente in ottica prospettica».
Il dollaro incappa nel peggiore trimestre da un anno
Sul fronte dei cambi, invece, il dollaro nel trimestre ha perso l’1,75% contro l’euro. Si tratta della peggiore performance in un anno (nel primo trimestre 2016 la flessione era stata del 3,9%).
«A gennaio – spiega Roberto Mialich, FX Strategist di UniCredit - si è assistito a una “ricalibratura” dell’euforia che aveva caratterizzato il periodo successivo all’elezione di Trump. Inoltre la Fed, pur alzando i tassi già a metà marzo, ha mantenuto un orientamento graduale e prevedibile sulle mosse future, riaffermando la volontà di attuare solo altre due strette nel corso del 2017, peraltro già scontate dal mercato». Un altro segnale è quello che riguarda la sterlina, che archivia il primo trimestre in rialzo contro il dollaro da metà 2015. «Una volta assorbito lo shock del voto sulla Brexit dello scorso 23 giugno che ha portato a una perdita della valuta di oltre il 10% in termini di cambio effettivo, – commenta Mialich – la divisa britannica ha mostrato una buona dose di resistenza». Anche perché «l’economia britannica si è dimostrata finora tonica, grazie al contributo di cambio e consumi». Per i prossimi mesi la sterlina dovrà vedersela con l’avvio formale della Brexit: «Il quadro delle trattative con Bruxelles non appare in discesa. Il governo di Teresa May deve inoltre fronteggiare un clima politico interno non facile, stante la volontà della Scozia di indire un nuovo referendum sull’indipendenza dal Regno», conclude l’esperto.
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)
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