Per la Cassazione Rackete ha rispettato il dovere di soccorso: la nave non è luogo sicuro
L’imbarcazione in mare oltre ad essere in balia degli eventi metereologici, non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone
di Patrizia Maciocchi
3' di lettura
Una nave in mare non può essere considerato un luogo sicuro per i migranti soccorsi. Perché oltre ad essere in balia degli eventi metereologici, non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Legittimamente dunque non è stato convalidato l’arresto della capitana Carola Rackete, entrata di forza nel porto di Lampedusa per far sbarcare i migranti salvati dal naufragio in acque Sar al largo della Libia. La Rackete non avrebbe potuto essere arrestata. A vietarlo c’era l’articolo 385 del Codice di rito penale, che impedisce l’arresto di chi sta compiendo il suo dovere: nello specifico quello di prestare soccorso ai naufraghi. Con queste motivazioni la Cassazione (sentenza 6626) respinge il ricorso della Pubblica accusa contro la mancata convalida dell’arresto della comandante della Sea Wacht 3.
Il place of safety
I giudici della terza sezione penale, respingono la tesi del Pm secondo il quale l’ingresso violento nel porto non era “scriminato” dall’adempimento del dovere. Perchè il dovere doveva considerarsi adempiuto e terminato, anche alla luce della Convenzione di Montego Bay, con la conduzione dei naufraghi in un “place of safety” e non in un porto sicuro. Per l’accusa è stata evidente la confusione del giudice per le indagini preliminari nell’interpretare il concetto di “place of safety”, che non richiederebbe lo sbarco dei naufraghi.
La stessa nave Sea Watch 3 doveva essere considerata “place of safety”, dal momento che i naufraghi erano stati messi in sicurezza e assistiti, in attesa di individuare definitivamente un luogo di sbarco. In più la condotta di resistenza era avvenuta violando la normativa interna che vietava l’ingresso in porto della nave e mettendo a rischio l’incolumità dei militari della Guardia di Finanza. La cui imbarcazione era stata speronata.
La scriminante dell’adempimento del dovere
Ma per la Suprema corte il Gip, ha giustamente negato la convalida dell’arresto, in considerazione di una causa di giustificazione, se non certa, altamente probabile, come prevede la legge. E lo ha fatto con il supporto delle norme interne e internazionali, tutte ratificate dall’Italia: La Convenzione per la Salvaguardia della vita in mare, Solas - Safety of life at Sea, la Convenzione Sar di Amburgo e la Convenzione Unclos delle Nazioni unite sul diritto del mare stipulata a Montego Bay. Fonti pattizie in tema di soccorso in mare, alle quali si unisce, primo fra tutte, l’obbligo consuetudinario del soccorso in mare: una norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta e dunque applicabile nell’ordinamento interno come previsto dalla Costituzione. Disposizioni conosciute e osservate da chi fa salvataggio in mare, ma anche dalla polizia marittima. Sono state questa a guidare il Gip nella decisione con la quale ha affermato che era ”verosimilmente” esistente una causa di giustificazione.
Il luogo sicuro secondo le linee guida Sar
L’attività di salvataggio non si era, infatti, conclusa con il recupero a bordo dei naufraghi. Secondo la Convenzione Sar, c’è l’obbligo, accessorio e conseguente, di sbarcarli in un luogo sicuro, il cosiddetto”place of safety”, determinato, per l’Italia, dall’autorità Sar in coordinamento con il ministero dell’Interno. Le linee guida sul trattamento delle persone soccorse in mare, allegate alla Convenzione Sar, chiariscono quale è un luogo sicuro. È quello in cui le operazioni di soccorso sono concluse; dove la sicurezza dei sopravvissuti non è più minacciata; le necessità umane primarie, dal cibo alle cure mediche, sono soddisfatte; e dove può essere organizzato il trasporto dei sopravvissuti nella destinazione vicina o finale. Nelle linee guida è anche chiarito che una nave che presta assistenza può essere considerata luogo sicuro solo temporaneamente: ma va sollevata dalla responsabilità appena possono essere adottate soluzioni alternative. La nozione di luogo sicuro - sottolinea la Corte - non può essere limitata alla sola protezione fisica ma va estesa al rispetto dei diritti fondamentali, compresa la possibilità di richiedere l’asilo.
La qualifica di nave da guerra
Infondato anche il motivo sulla qualifica di nave da guerra della motovedetta della Guardia di finanza. Caretteristica esclusa per più ragioni tra le quali il comando affidato ad un maresciallo delle Fiamme gialle e non ad un ufficiale della Marina militare.
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