Per famiglia e per trasporto: un gioiellino chiamato Fiat 500 Giardiniera
Sia pure nei minimi termini la vettura presentava, già allora, tutto quanto necessario per un utilizzo razionale ed economico di un’automobile privata
di Vittorio Falzoni Gallerani
3' di lettura
Alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso, quando iniziano ad apparire sulla stampa specializzata le prime foto della Familiare con meccanica della Fiat Nuova 500, si può dire che i maggiori difetti di gioventù di questo «progetto 110» fossero stati superati. I posti da due erano già diventati quattro, i cristalli erano discendenti, la chiave di avviamento non andava più bene per tutte ed il bicilindrico che la muoveva era stato ringalluzzito dagli iniziali insufficienti 13 CV fino a 16,5; tuttavia la piccolina di casa Fiat ancora soffriva nelle vendite posizionandosi dietro non solo alla pigliatutto 600, ma anche alla ben più impegnativa economicamente 1100/103.
Non abbiamo per ora citato, e lo facciamo ora solo per rispetto alla sua storia, alla 600 Multipla: un’auto sbagliata sotto troppi profili, dall’estetica all’accoglienza della cabina di guida; dal consumo elevato alla palpabile mancanza di un sia pur minimo spazio di sopravvivenza davanti ai piedi in caso di urto; non a caso, quindi, per questo modello il successo rimase una chimera.
In estrema sintesi accadeva quindi che coloro che non riuscivano ad arrivare alla 600 ripiegavano sulla vecchia 500 Topolino soprattutto nella rimpiantissima versione Belvedere che offriva oltre ai quattro posti un discreto piano di carico posteriore adatto anche alle esigenze di chi svolgeva attività artigianali. Fu quest’insieme di constatazioni, probabilmente, a convincere la Fiat a studiare una versione della nuova 500 che potesse sostituirsi in tutto e per tutto a questa gloriosa antenata.
Fu subito chiaro che il motore lì dove era poteva di nuovo portare a soluzioni di ripiego, come qualche carrozziere tentò di proporre, del tutto sgradite ala potenziale clientela e quindi, con grande coraggio ed attraverso il genio dell’ingegner Dante Giacosa ecco che non si esita a riprogettare il bicilindrico della 500 portandolo alla configurazione «a sogliola» come allora fu battezzato.
Potrebbe sembrare di primo acchito che per fare questo sia bastato inclinarlo sulla destra di novanta gradi ma non fu così, le modifiche furono moltissime: nuova ventola di raffreddamento, supporti elastici modificati e tanti affinamenti un po’ ovunque portarono a un risultato straordinario come ampiamente sottolineato dalla stampa specializzata all’atto delle prime impressioni di guida subito dopo la presentazione nella primavera del 1960: un cavalluccio in più neutralizzava il peso aggiuntivo, ma ciò che colpì maggiormente fu la maggiore silenziosità ed il funzionamento più pronto e meno ruvido del motore rispetto a quello della berlina.
All’interno ora lo spazio per la classica famigliola era sufficiente anche con i bagagli per una breve vacanza e sopra la testa si trovava un’altra genialata, il tetto apribile fin sopra i sedili posteriori: una piacevolissima finestra sul cielo per i bambini, allora non distratti dall’infotainment di bordo, ed allo stesso tempo un impagabile pertugio che, durante la settimana lavorativa permetteva di stivare in verticale frigoriferi, mobili, scale o quant’altro necessario agli affari di famiglia.
Guardando oggi questa macchinina è facile, per chi non è più molto giovane, essere sopraffatti dalla tenerezza: ma poi ci si rende conto che in essa, sia pur nei minimi termini, c’è già tutto quanto necessario per un utilizzo razionale ed economico di un’automobile privata.
Ora: è chiaro che non sarebbe giusto auspicare il ritorno a tempi in cui ci si spostava con macchinine così striminzite e lente, ma un pensierino sul fatto che forse si è esagerato sia nelle dimensioni sia nei gadget delle odierne auto normali ci è venuto.
Ricordiamo ora, per tornare a bomba, che la Fiat 500 Giardiniera (si ripescò per essa la denominazione delle familiari Topolino B e C con le fiancate in masonite) ebbe in contemporanea la versione lussuosa nelle sembianze dell’Autobianchi Bianchina Panoramica: stesse caratteristiche, ma diversa destinazione con quest’ultima neanche troppo nascostamente dedicata alle signore eleganti con prole.
Ebbe però vita più breve uscendo di produzione nel 1969, mentre invece la sorellina spartana, che da poco si chiamava anche lei Autobianchi, continuò la sua carriera fino al 1977 cambiando più volte i fregi nel musetto ed altri piccoli particolari ma, contrariamente alla berlina, mai la pericolosa apertura delle porte «a vento».
Oggi l’acquisto di una di queste vetturette ha senso solo in ottica collezionistica poiché quelle con la parte anteriore della Fiat 500 sono sopravvissute in numero infinitamente minore delle berline; diverso il discorso per la Bianchina che comunque rappresenta un gioiellino da conservare.
Difficile pensare di viaggiarci, anche per romantici come noi: le loro prestazioni limitate le rendono, nel folle traffico attuale con furgoni a 170 all’ora, delle quasi invisibili boe pericolosissime per chi si trova al loro interno; tuttavia spendere una decina di migliaia di Euro per una di queste gattine di lamiera in perfetto stato non ci sembra un’idea da scartare: sono macchine che hanno contribuito enormemente alla prosperità del nostro Paese.
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