Per Giorgio Armani l’eleganza è delicatezza
Doppia sfilata per il maestro dello stile italiano nel teatro di via Borgonuovo. Blazy da Bottega Veneta offre uno sguardo sull’Italia, vista come luogo di feste, parate, riunioni di piazza
di Angelo Flaccavento
2' di lettura
La settimana della moda milanese si è chiusa nel segno della molteplicità. I tempi dei diktat e delle tendenze generaliste sono passati da un po’. Si assiste ad una frammentazione inarrestabile, non solo nella proposta vista nel suo insieme, ma anche all’interno delle singole collezioni, di certo a voler soddisfare la più ampia porzione di pubblico possibile.
Il discorso non si applica naturalmente a Giorgio Armani, da sempre titanico nella scelta di una coerenza non granitica, anzi piena di sfumature. Negli ultimi anni il classicismo armaniano, fatto di abiti fluidi, impalpabili, che si modellano con naturalezza sulla persona, si è arricchito però di una benvenuta vena intimista, in chiara controtendenza rispetto alla garrula platealità che imperversa per ogni dove. In fin dei conti far parte per se stesso è quanto ha fatto di Armani il gigante da tutti riverito: c’è un che di balsamico in tanta indipendenza. Tutto adesso parla di privacy nel suo lavoro, dalla scelta di sfilare in casa, nel piccolo teatrino di via Borgonuovo, alla materie fortemente tattili, che chiedono di essere apprezzate da vicino. Questa stagione Armani spinge la ricerca di intimità in direzione cosmetica. Lavora con una palette di toni polverosi, tra cipria e fard con punte di mandarino da ombretto e abbondanza di nero kajal, e su un preziosismo liquido e serico. Per suggellare il messaggio, la modella che chiude lo show percorre la passerella dandosi gli ultimi tocchi di cipria. La visione è di una eleganza delicata che colpisce.
Da Bottega Veneta, Matthieu Blazy lascia che la molteplicità esploda in una parata di ottantuno look uno diverso dall’altro, tutti lavoratissimi, cesellati, lustri fino all’ultimo dettaglio. La mancanza di editing è evidente ma non è accidentale. Piuttosto, è il frutto di un pensiero preciso, che nasce da uno sguardo sull’Italia, vista come luogo di feste, parate, riunioni di piazza. Blazy non ha paura di creare e sperimentare, anche a rischio di strafare: parla addirittura di carnevale nel descrivere la successione dei personaggi che calcano la passerella di moquette stampata - una screziatura alla Gio Ponti nei colori di un gelato pistacchio stracciatella.
Da Luisa Spagnoli, la molteplicità assume una piega diversa, certamente più concreta e possibile. Qui si gioca con colore e luccicanza, e con l’eterna contrapposizione di maschile e femminile. I cappotti si allungano, le spalle si allargano, ma sotto tanto rigore ci vanno le paillettes, e gli equilibri cambiano.
Il calendario delle sfilate è stato particolarmente fitto, e questo ha purtroppo messo un po’ nell’angolo i nomi nuovi, gli sperimentatori che insistono nonostante l’italia non sia Paese per giovani. Mauro Simionato continua imperterrito a smattate con filo e telai: il suo Vitelli è un progetto autenticamente folle, nel senso migliore del termine. C’è una istintività nell’uso dei colori che ricorda i Missoni delle origini, e un radicalismo tutto personale. L’unico limite qui è il voler stare nella nicchia, che poi è anche il primo vantaggio.
Non sta nella nicchia Tomo Koizumi, creatore dalla verve fortemente teatrale, il cui show milanese è sostenuto da Dolce & Gabbana. Mescolate a materiali d’archivio dei due designer, le meringhe di tulle di Koizumi, sempre giganti e sotto steroidi, assumono nuove sfumature, e soprattutto divertono.
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