Per i lavoratori italiani niente è così importante come il work life balance
di Cristina Casadei
3' di lettura
I capi del personale lo chiamano work life balance, equilibrio tra vita privata e lavoro. Nella complessa medaglia del lavoro, se guardiamo un lato allora appare il fattore che ormai entra stabilmente in molti accordi aziendali e che ogni anno acquisisce una nuova declinazione. Se guardiamo l’altro lato invece è un fattore predominante nella retention delle persone. Già perché come emerso dalla ricerca del Randstad Employer Brand il fattore più importante ricercato dagli italiani in un posto di lavoro è l’equilibrio tra vita lavorativa e privata. Poi arrivano l’atmosfera di lavoro piacevole, la sicurezza del posto, la retribuzione, i benefit, il lavoro stimolante,sfidante.
Dividendo gli intervistati (oltre 5.000 persone di età compresa tra 18 e 65 anni) per fasce di età, genere e scolarizzazione, la percezione però cambia. Le donne che hanno un basso livello di istruzione ed età compresa 45-65 anni danno priorità alla sicurezza del posto. Chi invece ha tra 18 e 24 anni è più attenta all’atmosfera di lavoro piacevole. Ad essere più attenti allo stipendio sono invece gli uomini, soprattutto nella fascia tra i 25 e 45 anni. Gli stimoli e le sfide offerte dal posto di lavoro aumentano invece con l’aumentare del livello di istruzione.
Il confronto tra i desideri dei lavoratori e quel che offrono e tendono a valorizzare le imprese mostra un vero e proprio mismatch. Le aziende italiane infatti tendono a mostrare i migliori risultati soprattutto nella solidità finanziaria, nella buona reputazione e nell’utilizzo delle tecnologie più innovative, invece che nei fattori ai primi posti nei desiderata dei lavoratori. «L’employer branding oggi è cruciale per il successo di un’azienda poiché le persone si riconoscono prima di tutto nelle culture delle imprese e la capacità di attirare i talenti sarà sempre più l’elemento determinante per la competitività - commenta Marco Ceresa, amministratore delegato di Randstad Italia».
Ma dove sognano di lavorare gli italiani? Ai primi tre posti del Randstad employer brand award quest’anno ci sono Thales Alenia Space, Automobili Lamborghini e Gruppo Mondadori, mentre Ferrero, unica italiana vincitrice per la quarta volta in sei anni del Randstad Award, entra nella Hall of Fame, e Huawei riceve il riconoscimento come azienda più “disruptive” per il contenuto altamente innovativo. «Vincere per la quarta volta negli ultimi sei anni questo prestigioso riconoscimento, ci consente di essere annoverati tra i datori di lavoro in Italia più desiderati e ambiti di sempre.
Siamo orgogliosi e viviamo con grande senso di responsabilità l’ingresso nella “Hall of Fame” di Randstad, soprattutto perché rappresentiamo la prima azienda italiana nel mondo, ma anche la prima azienda sul mercato italiano, che riesce a raggiungere questo importante traguardo, condiviso a livello mondiale solamente con altre sei aziende», dice Alessandro D’Este, presidente e amministratore delegato di Ferrero Commerciale Italia. Tra l’altro D’Este sottolinea «la cura per le persone che hanno fatto, e continuano a fare, la storia del nostro gruppo, la storia di un successo globale, di una multinazionale italiana, i cui prodotti raggiungono ormai ogni angolo del mondo».
Tornando ai risultati della ricerca la tripletta dei settori in cui gli italiani vorrebbero lavorare è formata da media (57%), largo consumo (53%) e industria (51%), mentre dal punto di vista della dimensione gli intervistati indicano al primo posto una grande azienda o una multinazionale, al secondo una Pmi e al terzo un’organizzazione no profit. Ma in Italia cosa si guarda quando si cerca un nuovo lavoro? Il brand? Non proprio. Gli italiani pensano infatti che sia più importante il contenuto del lavoro (84%), piuttosto che l’immagine e il brand dell’azienda (16%). Per valutare la reputazione aziendale il primo strumento che guarda chi cerca lavoro è invece il sito web aziendale. Poi si tiene conto dell’opinione di amici e parenti e di quanto scritto in articoli presenti in rete.
Lo slogan di industria 4.0 non sembra suscitare grandi preoccupazione nei lavoratori italiani che in un caso su due considerano l’automazione come fonte di miglioramento nel proprio lavoro . Uno su tre è invece più pessimista e dice che non avrà alcun impatto sulle proprie mansioni. C’è poi anche una minoranza che teme di perdere il lavoro a causa delle nuove tecnologie. In generale, però, l’innovazione crea un sentimento positivo nelle persone: oltre la metà dice di essere contento di riqualificarsi a patto di ricevere uno stipendio uguale o superiore a quello attuale, il 32% è sicuro delle proprie competenze e non può immaginare che un programma o un robot gli toglierà il lavoro. C’è poi un 7% che preferirebbe cambiare azienda piuttosto che aggiornare le proprie competenze.
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