Per il metaverso prove di costruzione in attesa della maturità tecnologica
Un anno e mezzo dopo il rebranding di Facebook in Meta, l’hype è scemato, sostituito da quello sulle intelligenze artificiali generative
di Josephine Condemi
3' di lettura
Il metaverso non esiste ancora, ma è in costruzione. Un anno e mezzo dopo il rebranding di Facebook in Meta, l’hype è scemato, sostituito da quello sulle intelligenze artificiali generative. A dimostrazione dell’irrealizzabilità del progetto, per alcuni, e del normale percorso di transizione verso un nuovo paradigma tecnologico, per altri. Arrivare al metaverso, ovvero alla convergenza completa tra fisico e digitale, richiederà comunque la maturazione di diverse tecnologie ancora in via di sviluppo: realtà aumentata e realtà virtuale (che insieme formano l’extended reality), intelligenza artificiale, Internet of Things e blockchain, abilitate da una rete superiore al 5G. Le previsioni attuali oscillano tra il 2028 (Copenaghen Institute for Future Studies) e il 2030 (Gartner).
«Si tende ad associare il metaverso solo alla realtà virtuale ma si tratta di un fenomeno molto più ampio, che richiede un approccio sistemico - spiega Marta Valsecchi, condirettore dell’Osservatorio Realtà Aumentata & Metaverso del Politecnico di Milano -. In questo ecosistema immersivo, i cittadini dovranno trovare semplicità di accesso e fruizione e servizi di valore ma anche opportune tutele dei propri diritti, le aziende sviluppatrici sono chiamate a costruire modelli sostenibili, le istituzioni a giocare un ruolo di regolamentazione». L’Osservatorio presenta due specifiche mappature, che riguardano i 231 progetti di extended reality (Xr) realizzati in Italia e i 445 progetti internazionali attivati sui 212 mondi virtuali oggi esistenti. A partire dal 2020, anche sotto la spinta della pandemia, sono stati comunicati in Italia 126 progetti rivolti al consumatore e 105 ad altre imprese o al personale interno. In ambito B2C, i settori maggiormente interessati sono tourism & art (34% del totale) e retail (25%): attraverso smartphone e tablet di proprietà (49%) o visori in dotazione (30%), sono stati fruiti contenuti interattivi, visite virtuali, informazioni aggiuntive sui prodotti da acquistare.
In ambito B2B/B2E, l’industrial production (34%) e l’healthcare (23%) coprono insieme oltre la metà dei progetti: la focalizzazione sulla manutenzione da remoto, sul controllo qualità in produzione, sulla simulazione virtuale nella pianificazione degli interventi chirurgici comporta una prevalenza di utilizzo di smart glasses (41%) e visori (30%) in dotazione. Poco più della metà dei progetti è sviluppata da grandi imprese, la parte restante da enti e Pmi. «È emersa una consapevolezza crescente delle aziende sui benefici ottenuti dai progetti Xr, in termini di aumento dei ricavi o di diminuzione dei costi, a seconda del tipo di progetto» commenta Valsecchi. Al contrario, tra i 445 progetti internazionali nei mondi virtuali, sviluppati soprattutto nel retail (37%) e nell’entertainment (27%), non si nota lo stesso approccio strategico ma obiettivi principalmente di comunicazione e marketing.
Tra i 212 mondi virtuali analizzati, il 54% presenta già le caratteristiche distintive del metaverso, compresi elementi di interoperabilità, ovvero di connessione con altri mondi virtuali, che per l’utente significa, ad esempio, potersi spostare da una piattaforma all’altra senza cambiare profilo o avatar. L’interoperabilità è una delle condizioni fondamentali per la realizzazione del metaverso: per trovare un consenso sui protocolli è nato, meno di un anno fa, il Metaverse Standard Forum. «Gli elementi di interoperabilità che abbiamo individuato sono oggi basati principalmente su blockchain o sull’utilizzo di Nft, quindi su una logica decentralizzata - spiega Valeria Portale, condirettore dell’Osservatorio -. In futuro, potrebbero esserci anche accordi one-to-one oppure registri pubblici condivisi da tutti i mondi virtuali».
La scelta non è banale: a seconda che il metaverso si componga da protocolli aperti o proprietari deriveranno dirette conseguenze sulla gestione dei dati, anche biometrici, delle persone. Il Copenaghen Institute for Future Studies ha distinto quattro possibili scenari: da un metaverso open source completamente decentralizzato al monopolio di una sola piattaforma proprietaria (il sogno di Zuckerberg?) passando per un “Nerdverse” open source usato solo per sperimentare e per tante piattaforme poco interoperabili e gestite da poche imprese. In quale metaverso abiteremo, è una responsabilità di ciascuno di noi.
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