Per il ministro Tria accordo con Ue più vicino ma resta in nodo del debito
Per il responsabile dell’Economia la strada maestra non può che passare attraverso un corposo intervento di revisione strutturale della spesa corrente: obiettivo certamente condivisibile, ma di ardua realizzazione come mostrano le più recenti esperienze di “spending review” condotte a partire dal 2007
di Dino Pesole
Per il responsabile dell’Economia la strada maestra non può che passare attraverso un corposo intervento di revisione strutturale della spesa corrente: obiettivo certamente condivisibile, ma di ardua realizzazione come mostrano le più recenti esperienze di “spending review” condotte a partire dal 2007
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Con l’assestamento di bilancio che il Governo si accinge ad approvare, le «maggiori entrate e i maggiori risparmi» attesi per quest’anno consentiranno di presentare un quadro aggiornato dei conti pubblici, che – ne è convinto il ministro dell’Economia, Giovanni Tria – consentirà di evitare la procedura d’infrazione.
Intervenendo al tradizionale seminario internazionale organizzato dalla Fondazione Economia di Tor Vergata a Villa Mondragone, Tria conferma che in tal modo il livello del deficit atteso quest’anno si avvicinerà al 2-2,1% contro il 2,4% previsto dalla legge di Bilancio. «Non vedo ostacoli per un accordo con Bruxelles», osserva Tria.
Le maggiori entrate attengono per gran parte ai buoni risultati sul versante dell’Iva garantiti dalla fatturazione elettronica, mentre sul versante delle spese il conteggio aggiornato registra una proiezione sull’anno in corso di 2-3 miliardi in meno per il finanziamento di quota 100 e reddito di cittadinanza.
GUARDA IL VIDEO - Conte e Tria impegnati ad evitare manovra correttiva
La trattativa con Bruxelles, in previsione della decisione che verrà assunta il 9 luglio dal Consiglio Ecofin, si sta concentrando in queste ore proprio sul nuovo livello di deficit atteso per quest’anno. Ma non solo. La valutazione della Commissione europea è che la violazione del criterio del debito riguarda sia il 2018 che l’anno in corso (133,7%), e per il 2020 si arriva a prevedere il 135,2%. Occorrono dunque garanzie che comunque vi sarà un’inversione di tendenza tra la fine del 2019 e l’avvio del nuovo anno.
L’idea – osserva Tria - è di tenere il deficit basso «e continuare con l’obiettivo di diminuzione del debito non attraverso l’innalzamento delle tasse ma attraverso più basse spese correnti: questo è il nostro impegno verso il Parlamento e stiamo lavorando per soddisfare questo mandato con la prossima legge di bilancio».
In sostanza per il ministro dell’Economia la strada maestra non può che passare attraverso un corposo intervento di revisione strutturale della spesa corrente. Obiettivo certamente condivisibile, ma di ardua realizzazione come mostrano le più recenti esperienze di “spending review” condotte a partire dal 2007, e poi concretizzatesi nella “stagione dei commissari” con un bilancio complessivo assai distante dagli obiettivi.
Il debito va ridotto: su questo non vi è alcun dubbio. Occorre farlo potenziando l’avanzo primario, spingendo l’acceleratore sulla crescita, bloccando l’aumento tendenziale e “inerziale” della spesa pubblica, così da aprire spazi alla riduzione della pressione fiscale.
L’urgenza al momento resta evitare la procedura d’infrazione, ma anche qualora si arrivi a un rinvio, a una sospensione di fatto della decisione fino all’autunno, questo non esimerà il governo dal definire con precisione le risorse con cui si intende evitare che scatti l’aumento dell’Iva (le clausole di salvaguardia) pari a oltre 23 miliardi, e gli stanziamenti aggiuntivi per le misure in cantiere.
«Per fortuna – osserva Tria - la politica monetaria sta ritornando più accomodante. Ma anche la politica europea dovrebbe essere di sostegno alla crescita coerentemente con la Bce». Tra i problemi ancora oggi irrisolti vi è senza dubbio il «coordinamento della politica monetaria con la politica fiscale». La natura delle sfide è globale e per questo occorre rafforzare il sistema di cooperazione multilaterale.
Giunta alla giunta alla sua trentunesima edizione, la conferenza internazionale di Villa Mondragone affronta quest’anno il tema del “Capitalismo, Cambiamenti globali, Sviluppo Sostenibile e futuro della Globalizzazione”. Per Luigi Paganetto, intervenuto subito dopo Tria, il cambiamento globale in cui siamo immersi, la rivoluzione digitale, la crescente automazione, il mondo dei big data, «si è presentato con una promessa di aumento della produttività che non si è finora verificata, come dicono Ocse e altri osservatori. L’Italia è in posizione di coda per crescita di produttività fin dalla fine degli anni ‘90 anche perché è l’economia che più ha tardato ad adattarsi al cambiamento globale e ad adottare le tecnologie ICT».
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Per saperne di piùDino PesoleEditorialista
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