Per la pelletteria fiorentina dopo il boom, la formazione
Il rallentamento della produzione nel 2023 ha indotto le imprese a puntare sulle soluzioni necessarie per colmare le carenze di personale.
Assopellettieri lancia la nuova scuola professionale
di Silvia Pieraccini
3' di lettura
Il 2022 è stato un anno da incorniciare per il distretto della pelletteria di Firenze (4,6 miliardi di export, +9,3% sul 2021 e +4,2% sul 2019 pre-Covid), leader mondiale nelle borse di fascia alta che negli ultimi anni ha attratto decine di grandi marchi internazionali, venuti qui a produrre direttamente o a far produrre alle centinaia di aziende terziste che custodiscono “saper fare” e creatività. Il 2023 non sarà altrettanto brillante (-2,5% l’export del primo semestre) perché il mercato mondiale, a partire dalla primavera, ha cominciato a rallentare, i brand hanno i magazzini pieni di merce, guerre e recessioni spargono effetti nefasti anche sul settore del lusso.
Ma il distretto fiorentino - che attraverso la presidente di Assopellettieri, Claudia Sequi, ha appena chiesto al Governo sostegni all’internazionalizzazione e un sistema premiante per chi acquista made in Italy - ha deciso di “approfittare” del rallentamento dell’attività per concentrarsi sulla formazione professionale, problema sempre più grave del settore, in cerca di maestranze che non trova. Al punto che le maison, da Gucci a Prada, da Fendi a Celine, ma anche i terzisti più grandi (a partire dai poli Holding Moda e Gruppo Florence) hanno cominciato a formarsi il personale “in casa”, destinando i dipendenti più esperti alla trasmissione del sapere a giovani e disoccupati, e dando vita a vere e proprie Academy interne alle aziende.
Ora si muove anche il fronte istituzionale. Assopellettieri, che è parte di Confindustria Moda, ha annunciato nelle settimane scorse, in occasione degli Stati generali della pelletteria, la nascita della prima scuola dell’associazione vicino a Firenze, a Pontassieve, area dove saranno costruite le nuove fabbriche di borse di Vuitton e di Tod’s e che, insieme con Scandicci, rappresenta il “cuore” del distretto fiorentino. La scuola sarà finanziata dalla Fondazione Cassa di risparmio di Firenze e comincerà a operare il prossimo anno per insegnare ai giovani i mestieri manuali: dall’addetto al banco al macchinista, dal tagliatore al modellista. Per rendere attraenti questi mestieri, Assopellettieri farà orientamento nelle scuole medie e superiori facendo “immergere” i ragazzi nel mondo della pelle grazie alla realtà aumentata. In più, siccome si prevede forte necessità di manodopera nei prossimi anni, l’associazione ha annunciato un progetto, in collaborazione con Ethical Fashion Initiative, per formare in Africa lavoratori destinati a trasferirsi nelle pelletterie italiane. Il primo corso partirà all’inizio del 2024 in Costa d’Avorio.
Si riorganizza anche l’Alta Scuola di pelletteria (che fa capo a un’associazione pubblico-privata), specializzata in corsi base di breve durata per formare addetti alla produzione, che ha siglato una joint commerciale con l’Its Academy Mita di Scandicci, l’istituto post-diploma specializzato in professioni tecniche della moda, in vista di una prossima fusione tra le due scuole.
Del resto la domanda di figure specializzate è stimata in forte aumento: «Nei prossimi cinque anni il settore potrà assorbire fino a 15-20mila persone», ha spiegato agli Stati generali della pelletteria Flavio Sciuccati di The European House-Ambrosetti, autore di uno studio sul settore che indica la pelletteria come uno dei settori d’oro del made in Italy, con 13 miliardi di euro di fatturato 2022, di cui l’85% (11 miliardi) all’export, 4.800 aziende e 50mila addetti. La Toscana è la prima regione per esportazioni. La criticità maggiore è rappresentata dalle piccole dimensioni dei produttori e dai margini ridotti che si aggirano mediamente sul 7-8%, un livello che – ha spiegato Ambrosetti - rende difficile quegli investimenti in digitalizzazione, sostenibilità e formazione oggi essenziali per competere.
Naturalmente questo vale soprattutto per i terzisti e per i pellettieri che hanno marchi propri di fascia media, mentre i brand del lusso continuano ad avere una redditività brillante (tra il 20 e il 30%, ndr). Proprio chi ha margini elevati sta continuando a investire nel distretto fiorentino, “utilizzando” questa fase di rallentamento per progettare con più calma nuovi stabilimenti e reparti: tra poche settimane aprirà la manifattura di borse di Yves Saint Laurent a Scandicci, nell’ex “Palazzaccio”; è in via di completamento il secondo lotto dell’atelier Balenciaga da 10mila metri quadrati a Cerreto Guidi (Firenze); sono nella fase di progettazione gli stabilimenti di pelletteria di Vuitton e di Tod’s a Pontassieve. Investimenti anche nella logistica sempre legata alle borse, con Fendi e Valentino che sembrano intenzionati a insediarsi nella provincia di Pistoia. Di recente, inoltre, hanno aperto la manifattura di Fendi e quella di Givenchy, entrambe a Bagno a Ripoli (Firenze). Investimenti milionari che rafforzano la vocazione della Toscana nella produzione di borse di pelle made in Italy che sono ormai diventate simbolo mondiale di qualità e stile.
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