Per rigenerare le città servono politiche fiscali coraggiose
Da incentivare la produzione, l’acquisto o il possesso di immobili ad alta efficienza energetica
di Marco Dettori
3' di lettura
Se vogliamo che rigenerazione urbana, messa in sicurezza sismica, riqualificazione energetica non siano solo dichiarazioni di intenti, abbiamo bisogno di una politica fiscale coraggiosa e consapevole.
Sono stati fatti alcuni passi, ma bisogna avere più coraggio. Ad esempio, la norma che consente la detassazione dei trasferimenti immobiliari a favore delle imprese che demoliscono e ricostruiscono con miglioramento sismico ed energetico (imposta di 200 euro anziché del 9%) ha promosso la rigenerazione, la riduzione dei consumi e favorito il mercato. Questa disposizione, in scadenza a fine anno, va decisamente prorogata in legge di Bilancio.
Occorre perseverare su diversi fronti, coordinando le azioni da intraprendere per la riforma fiscale e del catasto. Per fare questo serve una politica fiscale immobiliare orientata all’ambiente che agisca su almeno due fronti.
Il primo versante è quello dei bonus fiscali, per metterli a sistema. Parliamo non solo del Superbonus che già mostra i suoi effetti positivi, ma anche dei bonus ordinari: Ecobonus, Sismabonus, Bonus per le ristrutturazioni e Bonus Facciate. Tali benefici ancora oggi scontano la logica dei rinnovi annuali. Bisogna smettere di considerarli in termini di costi per l’Erario, ma cominciare a vederli come strumenti di investimento. Di pari passo occorre riconoscere il ruolo giocato dagli strumenti alternativi di utilizzo delle detrazioni, come la cessione del credito di imposta o lo sconto sul corrispettivo che certamente, da quando sono stati ampliati, hanno favorito l’apertura dei cantieri facilitando l’accesso alla liquidità.
Il secondo fronte è il tema della riforma del catasto. Un argomento di cui si dibatte molto in questi giorni, ma che è connesso con la questione ambientale e dovrebbe, per questo, andare di pari passo con l’attesissima riforma fiscale. Bisogna avere il coraggio di agire con politiche che incentivino la produzione, l’acquisto o il possesso di immobili ad alta efficienza energetica per premiare quelli in linea con gli standard energetici e sismici previsti dalla legge.
Occorre una riforma del catasto che tenga conto degli standard richiesti per legge e di quanto ci chiede anche l’Europa sotto il profilo energetico e sismico per le nuove costruzioni e per gli edifici integralmente ristrutturati. A questi ultimi va riconosciuto un trattamento fiscale di favore, e non una penalizzazione in termini di prelievo (case che oltre a costare di più sono colpite anche da un prelievo più alto). Quindi è necessario compensare le cosiddette “esternalità negative”, prodotte dai fabbricati a rischio sismico e ad alto impatto energetico, che l’attuale sistema, paradossalmente, finisce per premiare.
Come modificare questa situazione? Agendo direttamente sulla determinazione del valore catastale imponibile, prevedendo l’abbattimento della rendita catastale o del coefficiente applicato per la determinazione delle imposte e ridurre la tassazione in senso premiale proprio alla luce del minor impatto ambientale del fabbricato.
In quest’ultima ipotesi, l’adeguamento ai nuovi standard energetici e strutturali degli immobili deve essere graduale, soprattutto per tener conto delle fasce sociali più deboli, che non hanno la possibilità di scegliere di vivere in abitazioni più innovative, sicure e confortevoli. Da qui, il ruolo fondamentale che, ancora una volta, deve essere attribuito agli incentivi fiscali, in tutte le forme di utilizzo, ivi comprese la cessione del credito d’imposta e lo sconto in fattura, che dovrebbero accompagnare il processo di graduale efficientamento di tutto il patrimonio edilizio più obsoleto.
La riforma fiscale, in corso di approvazione, è dunque il treno per mettere mano anche al tema della fiscalità immobiliare e della revisione del catasto, di cui al momento non sembra esserci traccia.
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