Per rilanciare salari e produttività serve un fondo sovrano
Il governo Meloni ha una maggioranza parlamentare solida e un orizzonte di legislatura, con la preziosa opportunità di ragionare su strumenti di natura strutturale, capaci di sostenere il potenziale di crescita del Paese e affrontare i rischi della ripresa.
di Donato Iacovone
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Il governo Meloni ha una maggioranza parlamentare solida e un orizzonte di legislatura, con la preziosa opportunità di ragionare su strumenti di natura strutturale, capaci di sostenere il potenziale di crescita del Paese e affrontare i rischi della ripresa. Molte delle sfide che l’Italia deve affrontare nascono, come noto, da criticità di lungo periodo, acuite in questa fase dall’inflazione, dall’incremento dei tassi di interesse e dagli effetti dell’inversione demografica.
In primo luogo, a partire dagli anni 90, la pur lenta crescita dell’economia italiana è stata guidata da aziende di medie dimensioni e altamente internazionalizzate, mentre l’80% è rimasto legato ai cicli della domanda interna, con ridotte prospettive di crescita e difficoltà ad accedere al credito.
A ciò si aggiunge il cronico mismatch tra domanda e offerta di lavoro, accentuato dalla domanda connessa al Pnrr. Le competenze saranno la vera risorsa scarsa dei prossimi anni, se è vero che le aziende italiane dichiarano difficoltà a reperire quasi metà dei profili ricercati. In futuro, come mostra un recente studio predittivo di Ey e Manpower, aumenterà la domanda di posti di lavoro che richiedono livelli di qualifica alta e medio-alta, nonostante il nostro sistema di istruzione terziaria produca circa 50mila laureati all’anno in meno rispetto alla domanda potenziale. La disponibilità di competenze, peraltro, è un fattore di localizzazione indispensabile per le imprese controllate da gruppi esteri che, pur costituendo solo lo 0,4% delle imprese italiane, contribuivano nel 2020 al 16,5% del valore aggiunto nazionale.
Anche la debolezza della dinamica salariale acuisce il mismatch, portando molti a cogliere opportunità all’estero oppure a cercare forme di sostentamento alternative nei sussidi e nell’economia sommersa. Secondo l’Inapp, il salario medio in Italia si è ridotto del 2,9% in termini reali tra il 1990 e il 2020. La Commissione europea stima che ancora nel primo trimestre del 2022 l’Italia resta ben sotto la media Ue.
Un fondo sovrano nazionale, ma aperto al contributo di privati, può essere lo strumento adatto a rilanciare gli investimenti, convogliando l’enorme risparmio italiano verso fini produttivi, su direttrici abilitanti per lo sviluppo industriale e tecnologico del Paese. Proposte analoghe sono venute anche da autorevoli voci del mondo sindacale.
Innanzitutto, un fondo siffatto dovrebbe promuovere l’internazionalizzazione e la crescita dimensionale delle imprese, e favorirne il ricorso al mercato dei capitali, con effetti positivi sulla crescita della produttività.
In secondo luogo, il fondo dovrebbe orientare capitali verso il settore delle infrastrutture. In quest’ambito occorrerà promuovere il più possibile le partnership pubblico-privato e la partecipazione dei fondi specializzati, o addirittura crearne ad hoc laddove sarà possibile remunerare con tariffazione, concessioni o altri strumenti. Tutto questo per rovesciare il paradigma per cui le infrastrutture sono costruite con risorse pubbliche e poi date in concessione, in favore di un modello di compartecipazione agli investimenti in un quadro di regole chiaro.
In coerenza con la crescente tendenza dei Fondi sovrani in altri Paesi a perseguire anche obiettivi non finanziari di ampio respiro, infine, il Fondo potrà supportare gli investimenti (pubblici e privati) in istruzione, formazione e ricerca, ancora notevolmente sotto la media Ocse, accompagnandoli con procedure sistematiche di valutazione ex ante ed ex post degli impatti, che garantiscano l’efficacia e la sostenibilità della spesa.
Un fondo sovrano italiano, in grado di agire in complementarità con lo strumento europeo proposto di recente dalla Commissione europea per sostenere lo sviluppo delle tecnologie green, favorirà altresì il recupero di produttività del lavoro e, di conseguenza, un aumento dei salari, necessario per evitare che alcuni dei nostri migliori talenti continuino a migrare. A tal fine, l’apertura di una stagione più espansiva della contrattazione collettiva potrà contribuire ad invertire il lungo trend di perdita del potere d’acquisto, aumentare l’attrattività del mercato italiano e creare, nel medio periodo, le condizioni per una ripresa della crescita demografica.
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