Per la rivoluzione dell’automobile serve un’alleanza pubblico privato
Al Summit del Sole 24 Ore sul settore automobilistico 1500 iscritti online. Scudieri: bene la transizione ma occorre pensare anche alla sostenibilità industriale
di Filomena Greco
3' di lettura
Strategie di mercato per intercettare nuovi stili di mobilità e, in parallelo, la rivoluzione dei sistemi produttivi indotta dalla spinta verso il powertrain elettrico. All’automotive Il Sole 24 Ore ha dedicato un Business Summit – con 1.500 iscritti online – coordinato da Mario Cianflone e Pier Luigi Del Viscovo (Fleet&Mobility) aperto da Fabio Tamburini, direttore de Il Sole 24 Ore, che ha riunito analisti, produttori, componentisti e dealer per individuare le strategie di riferimento. E per raccontare quella «tempesta perfetta» che, sulla spinta della decarbonizzazione e dei nuovi obiettivi di taglio delle emissioni inquinanti imposti dall’Unione europea al 2030 e al 2050, sta generando un cambiamento epocale all’interno di una Industry che vanta oltre un secolo di storia.
«Gli obiettivi sono fissati – dice il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili Enrico Giovannini – l’Europa chiede un taglio del 55% entro il 2030 delle emissioni e un contributo entro il 2050 alla decarbonizzazione del sistema socio-economico». Lo sforzo con il Pnrr è quello di portare avanti delle sperimentazioni, dice il ministro, «ma anche indicare chiaramente la direzione verso cui vogliamo andare per consentire alla filiera industriale e dei servizi di attrezzarsi».
Una filiera, come ricorda Paolo Scudieri presidente dell’Anfia, l’Associazione delle imprese della componentistica auto, che conta nel complesso un milione e 200mila addetti, un gettito fiscale che vale decine di miliardi con una bilancia commerciale nel 2020, anno nero, pari a 5,5 miliardi. «Quando si parla di transizione tecnologica si deve pensare anche alla sostenibilità industriale – dice Scudieri – e per fare una transizione in un tempo così breve serve fare una grande alleanza tra pubblico e privato».
Quanto alle tecnologie in campo, «il rischio è la dipendenza dal Far East, che domina l’elettrico, dunque è necessario sostenere una alternativa, l’idrogeno, necessario a riequilibrare un mondo fortemente sbilanciato. Ne va della democrazia industriale». La mobilità sostenibile conta all’interno del Recovery Plan risorse per 62 miliardi: andranno, spiega il ministro Giovannini, «alla “cura” del ferro per lo spostamento di merci e persone sulle ferrovie, alla trasformazione delle flotte per il trasporto pubblico e agli investimenti sui porti per favorire l’elettrificazione delle banchine». Nel futuro dell’automotive ci sono alcuni «ma», lo ricorda il ministro, e riguardano la spinta verso auto ecologiche e il cambiamento della domanda, a caccia di modelli di gestione che coinvolgano city manager e mobility manager delle imprese.
In prospettiva il mercato, secondo l’analisi fatta da Davide Di Domenico, managing Director e senior partner di Boston Consulting, va verso una quota di veicoli elettrici che passerà dal 3% del 2019 – in Europa triplicata nel 2020 – fino al 50% al 2025, mentre la mobilità in share raddoppierà il suo peso – da 7 a 15% – mentre la connettività è destinata a caratterizzare l’intero parco auto al 2025 mentre la guida autonoma sarà presumibilmente in capo a shuttle e robotaxi. Incentivi e abbattimento del costo del pacco batteria stanno accelerando il processo. Un mercato in radicale cambiamento, dove il tema della sostenibilità, rivela una survey di Gerardo Ciccone, Manufacturing & LifeScience Director per Capgemini, pesa in positivo per il 69% degli intervistati, con una ulteriore quota del 35% che cambierebbe brand a fronte di una proposta di mercato più puntuale.
Sul campo restano temi importanti come l’infrastruttura elettrica di ricarica, ad esempio, ambito sul quale Santo Ficili, Country manager Stellantis Italia chiede maggiore impegno da parte del settore pubblico. Gli fa eco Federico Testa, Innovation Strategy, Operation & Sales per Acea che ricorda le 2.200 colonnine di ricarica, la metà fast, in programma per l’installazione entro il 2024. Una transizione, dunque, che deve essere uno sforzo comune. «Il problema non è il cambiamento ma la velocità del cambiamento» conclude Pier Luigi Del Viscovo. Si vada avanti ma con prudenza, considerando, come ricorda, che in capo ai trasporti a livello globale ricade l’8% delle emissioni.
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