Per la scelta della colf sette famiglie su dieci ricorrono al passaparola
Indagine per Assindatcolf: ricorre agli strumenti di assistenza pubblica dedicati al sostegno delle famiglie e delle persone in condizioni di non autosufficienza «poco meno della metà delle famiglie in cui sono presenti anziani bisognosi o persone non autosufficienti». Tra gli strumenti più utilizzati c’è l’indennità di accompagnamento (42,1%), mentre le altre tipologie restano tutte sotto la soglia del 10%
di Andrea Carli
I punti chiave
3' di lettura
La ricerca della colf, della baby sitter o della badante da parte delle famiglie italiane è un fenomeno rigorosamente “fai da te”, nel senso che si ricorre al caro, vecchio passaparola tra conoscenti. È da qui, da questa prassi, che si sviluppa il terzo report realizzato nell’ambito del progetto «Welfare familiare e valore sociale del lavoro domestico in Italia» dal Censis per Assindatcolf, l’Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico. Il titolo è emblematico: “Le famiglie fanno da sole: la carenza di intermediazione nei servizi domestici e nell’assistenza”. La rilevazione ha riguardato un campione di oltre 1.600 famiglie associate a Assindatcolf. L’indagine è stata presentata oggi, giovedì 12 maggio, al Cnel.
Sette famiglie su dieci ricorrono al passaparola per assumere una colf
Ricorrono al passaparola il 76,4% delle famiglie che hanno bisogno di una colf, il 70,8% nel caso delle badanti, il 61,6% per le baby sitter, a dimostrazione di come, nella ricerca del personale domestico, le famiglie tendano ad adottare una logica di prossimità, ricorrendo prevalentemente alla propria rete di conoscenze dirette e utilizzando meno i canali specializzati (agenzie per il lavoro, piattaforme online), percepiti come poco accessibili e più costosi.
Il “fai da te” è una soluzione che soddisfa le famiglie?
Relativamente al livello di soddisfazione delle famiglie per il servizio reso dal domestico così assunto, nel caso delle colf, l’82% delle famiglie ha trovato nel lavoratore una effettiva corrispondenza con le competenze richieste e l’area dell’insoddisfazione (che può portare anche alla decisione del licenziamento) si ferma al 18%. Nel caso delle badanti, il disallineamento tra attese e qualità professionali della persona impiegata riguarda invece un terzo delle famiglie: il 33,8%. Nel caso delle baby sitter, al 76,2% di famiglie soddisfatte si contrappone quasi un quarto di insoddisfatte. Il livello di soddisfazione è minore tra i datori di lavoro più giovani, under 55 anni. Tra questi, il 22,7% ha riscontrato un certo grado di inadeguatezza rispetto a quanto ci si aspettava dalla colf assunta e l’1,6% sta pensando di procedere alla sostituzione. Tra chi rientra in questa classe di età, nel caso delle badanti assunte gli insoddisfatti arrivano al 41%. Nella logica della prossimità possono, inoltre essere considerate le risposte che indicano nella parrocchia e nel lavoratore domestico stesso il mezzo per selezionare altre persone da impiegare per i servizi dedicati alla famiglia (il 19,2% nel caso si tratti di assumere una colf, il 16,7% nel caso di una badante).
Gli strumenti di assistenza pubblica dedicati alla non autosufficienza
Ricorre agli strumenti di assistenza pubblica dedicati al sostegno delle famiglie e delle persone in condizioni di non autosufficienza poco meno della metà delle famiglie in cui sono presenti anziani bisognosi o persone non autosufficienti. Tra gli strumenti più utilizzati c’è l’indennità di accompagnamento (42,1%), mentre le altre tipologie restano tutte sotto la soglia del 10%. L’assistenza domiciliare integrata – un complesso di attività sanitarie e socio-assistenziali offerte a domicilio sulla base di un programma personalizzato, che si pone in alternativa al ricovero in ospedale e permette alle persone non autosufficienti di restare in famiglia – è stata indicata dall’8,2%. Solo il 3,9% accede all’assistenza domiciliare programmata, un servizio che il medico di medicina generale effettua presso il domicilio di un paziente. Tuttavia, per chi vi accede l’adeguatezza di questi strumenti di sostegno alla non autosufficienza risulta positiva soprattutto per quanto riguarda l’assistenza integrata e programmata: rispettivamente, il 76,7% e il 72,7%. È inferiore nel caso dell’indennità di accompagnamento: solo il 35,4% di chi vi ha accesso esprime una valutazione positiva.
Le proposte delle famiglie che vivono la non autosufficienza
Per far fronte alle loro esigenze, le famiglie vorrebbero un contributo economico che le metta nelle condizioni di impiegare un assistente familiare (36,3%) o, in alternativa, chiedono la possibilità di portare in deduzione il totale del costo sostenuto per il personale domestico impiegato (35,5%). Di contro, il 14% delle famiglie preferirebbe ricevere servizi personalizzati erogati da personale specializzato da parte dell’Asl, del Comune o di enti autorizzati e accreditati; l’11,5% vorrebbe un contributo economico pubblico senza vincoli di utilizzo e solo il 2,7% preferirebbe ricevere un contributo economico pubblico che vada a sostenere il reddito di un caregiver. Secondo Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, «con un sostegno economico diretto e mirato a contenere i costi del personale domestico si riuscirebbe non solo nell’intento di aiutare i datori, come loro stessi chiedono, ma anche a rendere più attrattivo il settore, richiamando più personale e maggiormente qualificato».
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