Per il settore farmaceutico visioni strategiche e interventi strutturali
Secondo i dati dell’Agenzia italiana del farmaco di gennaio 2023, sono 3.198 i farmaci con difficoltà di reperibilità (+66 rispetto al rilevamento di dicembre), anche se nel 54% dei casi si tratta di una cessazione nella produzione
di Valerio De Molli
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Secondo i dati dell’Agenzia italiana del farmaco di gennaio 2023, sono 3.198 i farmaci con difficoltà di reperibilità (+66 rispetto al rilevamento di dicembre), anche se nel 54% dei casi si tratta di una cessazione nella produzione, il che implica la sostituibilità del singolo farmaco con altri e le reali carenze riguardano pochi farmaci e princìpi attivi che arrivano dall’estero, in particolare da India e Cina.
Ad alimentare questa situazione (a cui si aggiungono criticità legate anche alle forniture per il packaging dei farmaci, con difficoltà di approvvigionamento di carta, vetro, plastica, alluminio e altre materie prime critiche) concorrono sicuramente il forte incremento della domanda di farmaci per trattare il Covid-19 a domicilio e una sindrome influenzale “più pesante” del passato, ma anche la significativa esposizione del settore farmaceutico nei confronti di Cina e India: a questo quadro va ad aggiungersi la nuova ondata pandemica in Cina, che sta condizionando produzione e consumi nel Paese. Vanno considerate, inoltre, le criticità aggiuntive nella distribuzione dei farmaci a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia e dei carburanti.
Allo stato attuale, l’aumento dei costi sostenuti dalle aziende del farmaco – secondo i dati di Farmindustria, si sono registrati aumenti del 600% dei costi dell’energia e del 50% dei prezzi dei fattori primari per la produzione e degli imballaggi – rischia di penalizzare in maniera significativa l’intero comparto. Alle aziende del settore, infatti, non è permesso rivedere al rialzo, anche temporaneamente, il prezzo dei farmaci fissati a seguito della procedura di negoziazione con l’Autorità regolatoria, in un momento in cui altri beni di prima necessità quali pane e pasta hanno registrato aumenti, su base annuale, pari rispettivamente al 21% e al 16 per cento.
Se in Italia l’unica azione intrapresa al momento è stata l’attivazione, da parte del ministro della Salute, lo scorso 11 gennaio, di un Tavolo tecnico permanente sull’approvvigionamento dei farmaci per definire la reale entità del fenomeno e avanzare proposte risolutive, altri Paesi hanno risposto con maggior velocità e pragmaticità a questa situazione che a tendere può portare al ridimensionamento di uno dei comparti più strategici per la crescita e la competitività dell’Europa.
Si pensi, ad esempio, alla Germania che, consapevole del valore del settore per la competitività dell’intero Paese, ha imposto alle “casse-mutua” la sospensione per 3 mesi, a partire da febbraio, del prezzo di rimborso fisso per 180 farmaci attualmente soggetti a forte carenza. Si tratta di una misura che mira a sostenere le aziende farmaceutiche fino a quando l’evoluzione del contesto economico e geopolitico consentirà loro di risolvere i problemi di produzione e distribuzione dei farmaci. Peraltro, già lo scorso anno il ministero della Salute tedesco aveva avviato delle riflessioni atte a rivedere le procedure di negoziazione dei prezzi dei farmaci ma le tempistiche di revisione della governance, inconciliabili con l’emergenza che si è intanto manifestata, hanno spinto il Governo alla veloce adozione di questa misura.
Da anni la Francia ha posto il settore farmaceutico al centro della propria strategia di sviluppo, lanciando nel 2021, con il Presidente Macron, il Piano Health Innovation 2030, con l’obiettivo di diventare leader europeo nell’innovazione delle life science.
Analogamente a Germania e Francia, anche nel nostro Paese il settore farmaceutico rappresenta un volàno di crescita e competitività: con 34,4 miliardi di euro di valore della produzione, il settore farmaceutico italiano è leader in Europa, mentre nel contesto italiano presenta, rispetto alla media manifatturiera, un più alto valore aggiunto per addetto (+115%) e più alti investimenti per addetto sia in produzione (+131%) che in R&S (+630%).
Va sottolineato, inoltre, come il settore sia stato tra i più resilienti alla crisi pandemica contribuendo, con lo sviluppo e la fornitura di vaccini e di farmaci antivirali contro il Covid-19, alla ripresa economica nonostante una governance che penalizza fortemente le aziende che introducono maggiori innovazioni sul mercato: come mostrato dal Rapporto annuale Meridiano Sanità, il think tank sulla sanità di The European House-Ambrosetti, con il meccanismo del payback, vale a dire il ripiano, da parte delle aziende del settore, del 50% dello sforamento del budget di spesa farmaceutica ospedaliera, le aziende hanno versato nelle casse delle Regioni più di 4 miliardi di euro in 4 anni. Guardando i dati del triennio 2019-2021 emerge che le prime 20 aziende per importo del payback sono tutte a capitale estero, che rappresentano le aziende a maggior tasso di innovazione nel panorama globale. Ne consegue che l’attuale governance della spesa farmaceutica italiana, unita alla mancata attuazione di misure urgenti volte a superare questo particolare periodo storico e a una sempre più forte competizione su scala globale, porterà a una riduzione della attrattività degli investimenti esteri nel nostro Paese e una riduzione della competitività del nostro ecosistema delle Scienze della vita. L’Italia rischia di ridurre ulteriormente il livello di attrattività a livello globale e di perdere alcuni investimenti importanti sia nella produzione che nella ricerca farmaceutica. Il tutto va visto in un peggioramento del quadro socio-economico nazionale già oggi caratterizzato da un rallentamento della crescita (+0,6% è la stima di crescita del Pil attesa per il 2023 dal Fondo monetario internazionale) e circa 5,6 milioni di individui e poco più di 1,9 milioni di famiglie in condizione di povertà assoluta.
Siamo consapevoli di questi rischi e possiamo permetterci, come Paese, di perdere un settore così strategico che tanto si è celebrato nei mesi di emergenza pandemica ma mai sostenuto fino in fondo da una politica industriale ed economica di lungo periodo? Io penso francamente di no. E in attesa di una visione strategica del settore e di interventi strutturali che necessitano di dialogo e di concertazione (a partire dalla revisione della regolamentazione farmaceutica per eliminare gli effetti distorsivi del payback e della creazione di un Piano strategico delle life science), potremmo iniziare a prendere esempio dai nostri principali competitor europei che hanno avviato, già da alcuni anni, una politica industriale di sostegno al settore e hanno reagito con rapidità alla crisi in corso.
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