Per lo stile Kiton un anno da record: «Abbiamo sempre creduto nella qualità»
Il marchio fondato da Ciro Paone chiude il 2022 con ricavi mai così alti, oltre i 160 milioni, +25% rispetto al 2021. Il ceo De Matteis:«La nostra filosofia? Il “meglio del meglio più uno”»
di Giulia Crivelli
3' di lettura
I numeri, come sempre, raccontano solo una parte della storia, a maggior ragione quando riguardano un’azienda – e un marchio – che ha costruito la sua storia su valori per definizione immateriali, come la passione per l’artigianalità e la forza dei rapporti tra persone, indipendentemente dalle gerarchie aziendali. I numeri del 2022 di Kiton sono eccezionali e Antonio De Matteis, amministratore delegato dell’azienda fondata nel 1968 dallo zio Ciro Paone, ne parla volentieri, ma per spiegarli usa argomenti che vanno oltre le logiche di mercato.
Nel 2021 Kiton aveva già quasi recuperato i livelli pre Covid. Il 2022 come è andato?
«Inutile nascondersi dietro ad altri aggettivi: è stato un anno eccezionale. Bando, per una volta, all’understatement del quale persino noi napoletani a volte siamo capaci, soprattutto nel nome dell’eleganza. I ricavi netti consolidati hanno superato i 160 milioni, in crescita del 25% a cambi correnti rispetto al 2021: l’esercizio 2022 è stato per Kiton un anno record non solo in termini di fatturato, ma anche di margini».
Se c’è una persona alla quale si adatta la definizione mito è Ciro Paone, scomparso nell’ottobre del 2021, dopo una vita dedicata a dare nuova linfa alla tradizione sartoriale napoletana. È stato in azienda fino all’ultimo, com’è vivere e lavorare senza di lui?
«La sua passione e i suoi insegnamenti fanno parte di ogni persona che lavora in Kiton. Le sue parole echeggiano in tutti noi e dopo lo choc emotivo iniziale è davvero come se fosse ancora con noi. Forse sentiamo addirittura, più o meno consciamente, il suo sguardo attento e ironico e se necessario critico sulle scelte che facciamo. Resta una guida, un esempio per tutti e credo sarebbe felicissimo di vedere che i cambiamenti che abbiamo introdotto negli anni stanno dando i frutti sperati. Ciro Paone era nato nel 1933, ma ha sempre vissuto nel presente e nel futuro, godendosi l’attimo, come sappiamo fare bene noi napoletani, ma anche proiettando sé stesso, la sua famiglia e l’azienda nel futuro».
Siete a tutti gli effetti un’azienda famigliare, pensate ancora
alla Borsa?
«Non la escludiamo, ma al momento ci godiamo questa indipendenza all’insegna della continuità e armonia famigliare. In Kiton ci sono già sei ragazzi della terza generazione, che stanno trovando la loro strada e che ci aiutano a mantenerci in sintonia con un mondo che cambia così rapidamente. Credo che tra i nostri punti di forza ci sia proprio questa compresenza di testimoni oculari della storia dell’azienda, come me o mia cugina Giovanna, figlia di Ciro, e nativi digitali».
I negozi fisici stanno vivendo una sorta di seconda giovinezza, dopo il Covid, con buona pace di chi pensava che l’e-commerce avrebbe prevalso su tutto. Vale anche per Kiton?
«Crediamo da sempre nel servizio al cliente come parte di una relazione di fiducia, quasi di amicizia, fondata sull’attrazione comune per la qualità, sulla filosofia che abbiamo definito del “meglio del meglio più uno”. I negozi sono parte integrante di questa relazione e nel 2022 quelli a insegna Kiton sono cresciuti del 36% e non a scapito del canale wholesale, che ha chiuso l’anno in aumento del 22%. Nei prossimi mesi ne apriremo altri quattro: Londra, Francoforte, Wuhan e Shenzhen. E proprio in un’ottica di servizio da un anno abbiamo avviato l’e-commerce, perché non si possono aprire negozi ovunque, ma non vogliamo dare a nessun cliente, storico o potenziale, l’impressione di non ricambiare l’interesse che mostra per Kiton».
L’azienda ha iniziato con l’abbigliamento maschile, introducendo poi la parte donna. Come sta andando?
«Nel 2022 è cresciuta a due cifre ed entro cinque anni vorremmo che le vendite fossero equamente divise con la parte uomo e anche per questo nei negozi che apriamo e in quelli che ciclicamente ristrutturiamo daremo sempre più spazio alle collezioni femminili».
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