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«Per taxi e Ncc quote marginali in Italia, Uber in campo per far crescere tutti»

Per il general manager di Uber Italia Lorenzo Pireddu la scarsità di auto pubbliche «è uno dei fattori di arretratezza della mobilità urbana in Italia» che «lascia insoddisfatta una quota strutturale di domanda»

di Giorgio Santilli

Il Consorzio ItTaxi e Uber siglano un accordo storico per la mobilità urbana

5' di lettura

«Studi internazionali stimano che il mercato italiano di taxi e Ncc valga in tutto 1,3 miliardi di euro, lo 0,7% del Pil contro l’1,3% della Germania, l’1,4% della Francia, l’1,8% dei Paesi Bassi, il 3,5% del Regno Unito. Il mercato del trasporto pubblico non di linea vale quindi in Europa mediamente da due a cinque volte quello che vale in Italia».

Lorenzo Pireddu, general manager per l’Italia di Uber, parla in questa intervista al Sole 24 Ore delle cose che stanno accadendo in questo segmento di mercato del trasporto: l’accordo storico firmato da Uber con il consorzio ItTaxi che può contare su 12mila tassisti in 90 città italiane; la discussione in Parlamento della riforma delle regole per il servizio taxi all’interno del disegno di legge concorrenza (articolo 10); lo sciopero dei tassisti proclamato per martedì 5 e mercoledì 6 luglio proprio contro quella riforma.

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«La quota molto bassa di taxi ed Ncc - dice Pireddu - è uno dei fattori di arretratezza della mobilità urbana in Italia: lascia insoddisfatta una quota strutturale di domanda, contribuisce al tasso elevato di motorizzazione privata e al livello di inquinamento delle nostre città». Uber è un operatore tecnologico globale, presente in 10mila città di 71 Paesi nel mondo. In Italia dal 2013, partito da Roma e Milano, ora è presente anche a Bologna, Torino, Firenze, Palermo e Catania con il servizio Black per gli Ncc. A Torino ha esordito l’alleanza con i taxi, poi estesa a Napoli e ora a Roma.

Partiamo dall'accordo storico che avete firmato con ItTaxi. Il punto qualificante è a Roma, dove opera la cooperativa Radiotaxi 3570 di Loreno Bittarelli, la più numerosa della capitale. Uber e Bittarelli: il diavolo e l'acqua santa, verrebbe da dire.
È vero, è un'alleanza di rottura rispetto al passato perché fondata su un approccio di mercato che per la prima volta è condiviso anche da loro. Noi non abbiamo mai avuto un atteggiamento ideologico, abbiamo sempre riconosciuto il valore delle cooperative e dei consorzi. Non abbiamo mai creduto che Ncc e taxi fossero due mondi in contrapposizione. Noi mettiamo al centro l’utente e, se accettiamo questa prospettiva, Ncc e taxi sono semplicemente operatori che soddisfano due parti distinte della domanda.

Bittarelli ha detto in una intervista al “Foglio” che «il futuro sono gli accordi con piattaforme come Uber»; altri tassisti continuano a vedervi come
il nemico storico. Avete spaccato la categoria, lo sciopero proclamato per il 5 e 6 sarà un test.
Il nostro obiettivo non è spaccare la categoria dei tassisti, ma diffondere il più possibile la nostra tecnologia e il nostro servizio. Il nostro Ceo mondiale ha detto che il nostro obiettivo è collaborare con tutti i taxi del mondo. Quanto alla spaccatura della categoria e all’adesione allo sciopero, ognuno è libero di scegliere da che parte stare. Certe ostilità nei nostri confronti risalgono forse a Uber Pop, un’esperienza morta e sepolta non solo per le sentenze dei tribunali italiani e per la legge, ma anche per la nostra virata strategica che risale ormai a cinque anni fa.

Torniamo all'accordo con ItTaxi. Quali sono i vantaggi reciproci, quelli che cambiano il mercato?
Noi portiamo la scala internazionale, che ci consente di replicare in Italia servizi, tecnologie e sperimentazioni presenti in altri Paesi, e la conoscenza tecnologica, decisiva per collegare domanda e offerta di mobilità. Loro portano conoscenza del territorio e 12mila tassisti: noi troviamo per questa strada la forza di trasporto che ci serve per crescere nelle città italiane.

Ma per il singolo tassista quale è il vantaggio concreto?
Gli consentiamo di ottimizzare i flussi di lavoro perché noi conosciamo la domanda della zona dove il tassista si trova. La tecnologia Dispatch ci consente di assegnare una nuova corsa prima che sia finita la precedente. Questo abbatte tempi morti e costi. Inoltre, chi lavora con noi può attingere alla nostra domanda aggiuntiva. La domanda aggiuntiva che possiamo creare e soddisfare è la chiave dell'accordo e della nostra attività. Come ha detto il ministro Giovannini, questo è un momento storico, con le tecnologie e gli investimenti del Pnrr, in cui il mercato corre senza che debbano esserci vincitori e vinti. Ci sono opportunità per tutti. E torniamo ancora a quella quota del “trasporto pubblico non di linea” che può crescere moltissimo, arrivando ai livelli europei.

Con il Pnrr, Giovannini e la micromobilità arriviamo dritti al MaaS, il Mobility as a Service, l’uso di piattaforme digitali pubbliche per integrare l'offerta e avvicinare domanda e offerta. Il Pnrr per ora finanzia la sperimentazione a Roma, Milano e Napoli ma a breve si aggiungeranno altre città. Pensate di entrare nel business?
Noi lavoriamo con i dati. Il miglioramento del tracciamento tecnologico degli spostamenti ci piace perché ci consente di ottimizzare il nostro servizio per gli utenti, turisti e residenti. Abbiamo varie interlocuzioni con le città sul MaaS e aspettiamo di capire cosa maturi. Intanto nella nostra piattaforma abbiamo inserito la micromobilità con bici elettriche e monopattini (abbiamo un accordo con Lime) e l’integrazione con il servizio pubblico. A Londra facciamo anche la prenotazione di spostamenti in traghetto.

Cosa dicono i vostri dati della congiuntura post-Covid? Il traffico è tornato ai livelli 2019?
Il traffico è ricominciato a crescere a marzo dopo momenti difficili a gennaio e febbraio. C’è stata una forte spinta di turismo internazionale, non è solo un trend italiano. Da aprile abbiamo un pieno recupero rispetto al 2019 e il dato ha continuato ad aumentare a maggio che è stato il miglior mese di sempre nella storia di Uber Italia in termini di volumi di affari.

Può darci qualche numero?
Posso dirle il numero di sessions, ovvero le volte che utenti hanno aperto la app Uber in Italia per richiedere una corsa: è stato 4,3 milioni nei primi cinque mesi del 2022 contro i 2,7 dei primi cinque del 2019. Un incremento del 158 per cento.

Lei dice il trasporto pubblico non di linea può crescere molto. Ma abbiamo una legge del 1992 che mette ostacoli, e i tassisti vogliono bloccare la riforma. Lei come la vede?
La legge delega rimette al centro l’utente dopo una discussione chiusa che si è allontanata dai cittadini. Non necessariamente serve una deregolamentazione, ma bisogna aggiornare tutele che valevano trenta anni fa, quando non c’era ancora neanche lo smartphone! Quelle regole ostacolano la capacità dell’offerta di crescere e di soddisfare la domanda. Abbiamo una domanda, anche di qualità, che non riusciamo a servire perché ci sono strozzature dell’offerta, non abbiamo abbastanza operatori per produrre servizi. Gli accordi come quelli con ItTaxi sono una soluzione per aumentare il traffico degli operatori attuali, ma la domanda giustifica oggi anche un numero maggiore di operatori. Servono prodotti, servizi, alleanze nuove per cogliere le opportunità, la legge non deve ostacolarle.

La regolazione condizionerà il vostro sviluppo?
Uber ci sarà comunque e farà tutto quello che sarà possibile fare nel rispetto della legge. Nel nostro Dna abbiamo efficienza e sostenibilità, l’altro grande tema di questo momento. Abbiamo preso l’impegno alcuni anni fa a una flotta tutta elettrica entro il 2040, ma ora l'Europa velocizza gli obiettivi al 2030. Sette città europee abbatteranno le emissioni del 50% entro il 2025, in Italia il Pnrr è molto ambizioso ma c’è ancora molto da fare.

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