Per le Telco è tempo di trovare un modello diverso di business
di Antonio Perrucci
3' di lettura
Per le prospettive del mercato Tlc europeo, il discussion paper di Ofcom che presenta un nuovo approccio alla regolazione del mercato mobile, riveste grande importanza. I giornali britannici vi hanno subito visto la possibilità che si riapra il dossier della fusione tra Vodafone e Three, bocciato nel 2016 dalla stessa Ofcom.
Altri possibili deal testimoniano la spinta verso il consolidamento del mercato, non solo nella telefonia mobile. La prospettata acquisizione da parte di Iliad delle attività italiane di Vodafone è oggetto di costante attenzione da parte della stampa. Da tempo, si discute della costituzione di una “rete unica” tra Open Fiber e FiberCop, cui verrebbe conferita anche la rete primaria di Tim. In Spagna, vi sono ipotesi di fusione tra Orange e Mas Movil. Altre operazioni sono state avviate: la fusione tra Linkem (con spin off della rete) e Tiscali, in Italia.
Il consolidamento appare risposta la più immediata risposta alla crisi di fatturato e margini che dura da anni, a causa della concorrenza delle piattaforme digitali, dei costi per le frequenze e l’aggiornamento delle reti, della guerra dei prezzi. Quali sono le altre possibili strategie per fronteggiare la crisi di redditività delle Telco, oltre la possibilità – praticabile dopo il consolidamento – di aumentare i prezzi?
Di certo, la ricerca di fonti di fatturato in altri mercati, più o meno contigui. Per quello dei contenuti, si deve ricordare il sostanziale fallimento dei tentativi di entrare nei mercati dell’audiovisivo. Anche l’ultima stagione della “campagna televisiva” delle Telco, basata sull’acquisizione dei diritti sportivi, mostra i limiti di questa strategia, come denotano le difficoltà dell’accordo Tim/Dazn e le sorti di Bt Sport. Più promettente appare la diversificazione produttiva nei servizi cloud, anche se si deve tenere conto del potere di mercato degli hyperscaler americani (Amazon Web Services, Microsoft, Google).
Un’altra alternativa, sul versante della riduzione del perimetro, rimanda alla dismissione di attività lungo la filiera produttiva: in primo luogo, le torri per il radiomobile, dove sono protagoniste società specializzate. La possibilità di separare e poi vendere (in parte o totalmente) asset aziendali riguarderebbe in alcuni casi anche la rete fissa di telecomunicazioni: oltre la vicenda FiberCop e la scelta di Linkem, in Italia si parla dello spin off della rete di Wind 3.
Da ultimo, vi è la strada di alleanze/accordi con imprese di altri mercati: oltre ai contenuti audiovisivi e al cloud, l’automotive, l’energia, il credito al consumo. Torna, per questo verso, la questione delle dimensioni dei possibili partner: nel cloud, ma anche in altri mercati, per una Telco europea risulta complicato allearsi, o costituire una joint venture, con i colossi destinati a svolgere un ruolo egemone.
Siano queste, o altre ancora, le strategie delle Telco in risposta alla crisi del settore, si delinea comunque un diverso assetto dei mercati Tlc, con l’affermazione di nuovi modelli di business. In questo scenario, il modello wholesale only sembra più future proof, mentre meno promettenti appaiono le prospettive della media company. Se è certo che una Telco non possa ridursi a pipeline che trasporta contenuti altrui, resta da capire quali siano le prospettive di redditività di modelli triple, quadruple play, su cui hanno insistito le compagnie telefoniche.
L’intervento pubblico può accompagnare questa fase di transizione verso un nuovo assetto dei mercati Tlc. Sicuramente, lo sta facendo con il finanziamento degli investimenti per la banda ultra-larga: nel nostro Paese, con i piani Italia 1 Giga ed Italia 5G, in particolare. Anche la regolamentazione dovrebbe tenere conto della trasformazione del mercato: più attenzione a produzione e investimenti, meno rilievo agli interessi di breve periodo di consumatori e acquirenti; la riduzione dei prezzi finali e intermedi non può essere ancora l’obiettivo strategico. Per quanto riguarda la tutela della concorrenza, l’impostazione proposta da Ofcom, che abbandona la competizione tra quattro operatori come assetto naturale del mercato, è maggiormente in sintonia con l’evoluzione del settore, rispetto all’approccio seguito finora dalla Commissione europea. L’auspicio è che anche l’Ue si sintonizzi con l’evoluzione dei mercati Tlc.
Docente Lumsa e direttore Astrid Led
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