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«Le aree archeologiche, i borghi, i siti naturali, il Mediterraneo. Il patrimonio materiale e immateriale della Calabria ha potenzialità straordinarie che interamente troverebbero spazio all'interno dell’Unesco e dei suoi programmi, ma è necessario che le comunità acquisiscano consapevolezza del valore dei propri beni, di cui sono a tutti gli effetti titolari, e che i comuni imparino a fare rete per organizzare un sistema che metta insieme un’offerta integrata dei territori». A parlare è l’architetto Francesco Calabrò che dirige l’Unesco Med Lab all’interno del dipartimento Patrimonio Architettura e Urbanistica dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria. Calabrò è responsabile scientifico per il Turismo culturale in Italia di Icomos - Consiglio internazionale dei monumenti e dei siti - organismo di valutazione dei dossier per le candidature Unesco.
All’interno dell’ateneo, il docente sta portando avanti un’importante sperimentazione intorno ai borghi del Parco nazionale dell’Aspromonte: ha messo insieme i comuni di Staiti, Ferruzzano, Bruzzano e Brancaleone per un progetto sulla valorizzazione del patrimonio esistente. Una nuova metodologia per dare risalto alla parte meridionale della montagna reggina, «ricca di beni culturali ma ancora poco attrattiva». Perché questo è il punto: non basta di per sé la bellezza tangibile o immateriale, ma è necessario saper assegnare al paesaggio, alle tradizioni e a tutte le espressioni del patrimonio di un territorio un eccezionale valore universale.
Così è stato per le Faggete vetuste del Pollino e dell'Aspromonte, siti che rientrano del patrimonio materiale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Lo stesso per la Varia di Palmi, elemento della rete delle grandi macchine a spalla, che include il baldacchino trionfale di Santa Rosa di Viterbo, la Festa dei Gigli di Nola, la Faradda di li candareri di Sassari. Si tratta di un ricco patrimonio immateriale che in Calabria onora Maria Santissima della Sacra Lettera, patrona e protettrice di Palmi, un enorme carro sacro, alto 17 metri, che l’ultima domenica di agosto sfila nelle strade della città.
All’interno dei programmi Unesco (memoria del mondo, biosfera e geoparchi), sono stati invece inseriti il Codex Purpureus Rossanensis, uno dei più antichi evangeliari esistenti al mondo, conservato a Rossano nel Museo diocesano, accanto alla cattedrale della Santissima Achiropita, la Riserva della biosfera della Sila (355 mila ettari, 66 comuni, di cui 18 all’interno territorio nel Parco nazionale), e l’iscrizione di Pollino e Aspromonte nella rete dei geoparchi.
«È l’intero patrimonio della regione che ha elementi di eccezionale valore» ribadisce Calabrò. È attualmente in corso, per esempio, la discussione per l’inserimento dei Bronzi di Riace nella “tentative list” del patrimonio mondiale Unesco: la più grande scoperta archeologica del 900, testimonianza unica di valore universale. Una candidatura che è stata lanciata dalla città metropolitana di Reggio Calabria.
Il laboratorio della Mediterranea punta però sulle piccole realtà aspromontane per farne qualificati punti d’accesso al Parco: Ferruzzano con i suoi palmenti scavati nella roccia arenaria, censiti e catalogati (137) nei primi anni del 2000 da Orlando Sculli, esperto di archeologia del vino. Bruzzano, con l’antica rocca degli Armeni, fondata come avamposto militare dai contingenti militari provenienti da Oriente. Brancaleone, con il centro di recupero delle tartarughe marine. Infine, Staiti, con la chiesa di Santa Maria de' Tridetti e le sue forti influenze bizantine (di stampo islamico gli archi ogivali, presenti lungo le navate). Tutte realtà in cui sono presenti elementi diversi, in molti casi sconosciuti, ma che appartengono alla stessa area interna, la cosiddetta Valle degli Armeni.
Studenti e dottori di ricerca partecipano alle attività: lo scorso anno hanno realizzato la mappatura dei vitigni storici, coinvolgendo anche il comune di Bagnara Calabra: «La difesa e la promozione della vite e del vino, come di tutta la cultura enogastronomica, rappresenta certamente una delle espressioni del patrimonio di questi territori, una componente essenziale della storia dei luoghi», conclude Calabrò.
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