Perché all’Italia non conviene andare allo scontro con la Germania
In questi giorni siamo stati invasi dalle notizie sul nuovo “muro di Berlino” che la Germania avrebbe alzato, questa volta, contro l’Italia per via dei finanziamenti tedeschi alle Ong
di Giancarlo Mazzuca
2' di lettura
In questi giorni siamo stati invasi dalle notizie sul nuovo “muro di Berlino” che la Germania avrebbe alzato, questa volta, contro l’Italia per via dei finanziamenti tedeschi alle Ong. Questi finanziamenti, che hanno riaperto l’eterno problema dell’immigrazione , hanno sortito l’effetto di provocare l’immediata replica della premier Giorgia Meloni al cancelliere tedesco Olaf Scholz e la reazione del suo “vice” Matteo Salvini che ha chiesto “rispetto”. C’è stata una vera e propria “escalation” di polemiche sugli sbarchi al punto che abbiamo finito per stringere nuovamente i rapporti con i francesi di Macron che, fino ad una settimana prima, consideravamo i grandi avversari dell’Italia sul fronte dell’ “emergenza-migranti”.
Il ritorno dello spread
Come se non bastasse il braccio di ferro migratorio, al di là di certe strumentalizzazioni politiche ed anche di molte forzature, negli ultimi giorni si è aggiunto un altro terreno di scontro con la Germania perché è riesplosa l’eterna “querelle” dello “spread”: anche se la situazione, tra alti e bassi, sembra sotto controllo, il differenziale tra i Btp italiani ed i Bund tedeschi è, in effetti, tornato a sfiorare quota 200 con i nostri titoli che stanno trainando la corsa (ma non è una novità) nel mercato europeo del debito.
Siamo alle solite: quando c’è puzza di bruciato sul fronte economico, torna in ballo lo “spread” che ci fa ripiombare di colpo a dodici anni fa quando, di fronte ad una situazione particolarmente difficile, Mario Monti, il “signore in loden”, salì a Palazzo Chigi. Cosa era successo nel 2011? La vendita di 8 miliardi di euro del nostro debito pubblico da parte della Deutsche bank aveva fatto impennare il differenziale provocando, così, anche le dimissioni del governo Berlusconi. Un cambio della guardia, quello di allora, che ricorda un po’ quanto accadde nel 2021 quando venne varato l’esecutivo guidato da Draghi, un altro “Supermario”, nel tentativo di risollevare l’Italia da una situazione economica molto difficile dopo il lungo periodo del Covid.
Lo spettro del governo tecnico
Ecco perché - anche se la Germania non è più tanto “ùber alles” come ai tempi in cui cancelliere era “frau” Merkel - dovremmo stare attenti ai nostri “partner” germanici su più fronti. Oggi (se davvero esiste questo “nemico invisibile” a Berlino) dovremmo evitare tutte quelle polemiche e strumentalizzazioni politiche che abbiamo invece registrato nelle ultime settimane. Con una situazione così incerta e con gli scenari che si presentano, dovremmo cercare di evitare in tutti i modi guerre intestine. Anche perché, di fronte alle tensioni in crescita, torna ad affiorare l’ipotesi del varo di un governo formato da tecnici e già si fanno i nomi dei possibili professori candidati a Palazzo Chigi.
Siamo proprio sicuri che, questa, sia la soluzione giusta per risolvere tutti i nostri mali? Non sarebbe meglio concentrarci su quanto sta emergendo tra i cosiddetti “cugini” europei e, in particolare, su quanto bolle in pentola al di là del Brennero. Ad ogni piè sospinto continuiamo a parlare del club di Bruxelles, ma solo l’Europa unita è in grado di reggere con tutti i “partner” che mantengono buoni rapporti tra loro. E con la Germania, soprattutto.
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