Perché la Bce ha deciso di ricaricare il bazooka
Una ricaduta recessiva avrebbe costi maggiori di una fiammata inflazionistica
di Donato Masciandaro
3' di lettura
La Bce ricarica il bazooka, perché non vuol rischiare una ricaduta nella recessione pandemica.
Per cui si rinforzano le vele, si chiarisce quale è la stella polare e quali le bussole, ma senza dare troppi dettagli: essere flessibile non coincide con offrire certezze, se questo può nuocere alla credibilità.
Ieri la presidentessa Lagarde ha preso un impegno a nome di tutto il consiglio della Bce, che ha deliberato con un “consenso totale” : la politica monetaria dovrà fare tutto il possibile per evitare che la ripresa economica possa essere reversibile.
Il punto di partenza dell’annunzio sono state le informazioni aggiornate sullo stato dell’economia: nell’anno in corso la ripresa ci sarà, ma le incognite ancora esistenti non possono escludere il rischio di una recessione “a W”, un evento molto negativo, che l’area euro ha già vissuto nel 2011.
Nell’aprile di quell’anno, gli effetti della Grande crisi, iniziata nel settembre 2008, sembravano oramai cessati. La politica monetaria della Bce – allora guidata dal francese Jean-Claude Trichet – provava a tornare alla normalità: i tassi salirono una prima volta, poi una seconda a luglio. Ma la situazione macroeconomica era meno salda di quello che poteva allora apparire. Si erano accumulati e intrecciati due debiti gemelli, quello sovrano e quello bancario: una tanica di benzina. Poi venne il fiammifero: la dichiarazione Merkel-Sarkozy di ottobre sulla necessità di far pagare anche ai privati i costi dei dissesti nei conti pubblici. L’area euro ritornava in recessione; la Bce – alla cui tolda era subentrato Mario Draghi – dovette praticare una politica monetaria ultra-espansiva, per affrontare ondate di recessione e sfiducia sempre più alte. Morale: le recessioni “a W” possono fare molto male.
È allora essenziale ricordare quei fatti per la loro lezione: in fasi macroeconomiche ad alta incertezza – come è l’attuale – i rischi connaturati alla azione di una banca centrale possono essere asimmetrici. È l’odierno dilemma della Banca centrale europea: rischio di contribuire a una ricaduta recessiva, oppure a una ripresa dei prezzi al consumo? La risposta di Francoforte è molto chiara: i costi del primo evento sono molto più alti del secondo. È una risposta che si basa su una stella polare, anche ieri ribadita dalla Lagarde: l’àncora delle decisioni è l’andamento nel medio periodo dell’inflazione e delle relative aspettative.
È auspicabile che la parola «àncora» prenda progressivamente il posto di «target»: in un orizzonte di medio periodo una politica monetaria credibile è quella che si propone di contribuire a una sana dinamica dei prezzi, non certo quella che pretende di determinarla da sola. Allo stesso tempo, l’àncora dell’inflazione è il presidio istituzionale, tutelato dal Trattato, che garantisce l’indipendenza della Bce dalla politica. È la complementarietà tra l’efficacia economica della politica monetaria e l’indipendenza politica della banca centrale che consente di provare ad avere una regola monetaria flessibile, che va poi comunicata.
Ed è proprio in questa prospettiva di “flessibilità regolata”, che la Lagarde ha chiarito due punti importanti:
1. In assenza di novità, se anche durante il 2021 l’inflazione arrivasse al 2%, la Bce considerebbe il fatto un fenomeno temporaneo, confermando il suo orientamento espansivo.
2.Per avere azioni coerenti con l’àncora inflazionistica la Bce in questa fase utilizzerà in modo continuo e sistematico una serie di bussole – traduzione dell’espressione “condizioni finanziarie favorevoli” – che sono concretamente una batteria di tassi di interesse nominali, su titoli pubblici e privati, come pure relativi ai mercati creditizi. La logica è chiara: in tempi normali, una banca centrale si concentra su un solo tasso di interesse – a breve termine e privo di rischio – avendo la ragionevole certezza che ogni sua variazione si trasmetterà a tutti gli altri rendimenti.
Ma oggi i tempi sono straordinari, per cui la Bce deve monitorare tutta la struttura dei tassi di interesse, pronta a reagire in presenza di andamenti che possano innescare a loro volta la temuta ricaduta recessiva. Da qui l’annunzio: l’azione della Banca centrale europea di immissione della liquidità si accentuerà, e sarà caratterizzata dalla massima flessibilità, proprio per contribuire a minimizzare il “rischio ricaduta”.
Con una ulteriore precisazione: flessibilità non significa fornire certezze, cioè dettagli numerici. L’idea è che, in situazione di incertezza, informazioni granulari possono nuocere alla credibilità di una rotta monetaria. È un esempio moderno della “ambiguità costruttiva” che da sempre è attrezzo di lavoro del banchiere centrale. L’augurio è quello che funzioni.
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