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Energia, perché Draghi agita lo spettro del populismo per vincere sul price cap

Il risultato del G7 di includere il tetto al prezzo nelle conclusioni accelera una decisione di Bruxelles

di Carlo Marroni

L'Ue rinvia sul price cap del gas. Draghi: "Ma compiuti passi avanti"

2' di lettura

Sono state le prime parole fatte filtrare nel primo giorno del G7 a Elmau Schloss: «Dobbiamo evitare gli errori commessi dopo la crisi del 2008: la crisi energetica non deve produrre un ritorno del populismo. Abbiamo gli strumenti per farlo: dobbiamo mitigare l’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia, compensare le famiglie e le imprese in difficoltà, tassare le aziende che fanno profitti straordinari». Mario Draghi era reduce dal consiglio europeo dove – non senza difficoltà e mosse tattiche nei messaggi esterni – aveva strappato lìimpegno dei Ventisette a esaminare a ottobre la proposta sul tetto al prezzo del gas che la Commissione Ue dovrà preparare entro settembre.

Tempi lunghi

Tempi lunghi per una misura che l’Italia, praticamente da sola, chiede a gran voce sin da marzo, ma che ora potrebbe essere più rapida. La Francia appoggia Roma (per uno scambio con il nucleare), per il resto gli alleati sono di scarso peso, Grecia e Irlanda. Certo non la Germania – anche se le posizioni di Berlino, dice Draghi, sono decisamente cambiate - che in questa fase tende a prendere posizioni nette praticamente su nulla, riflettendo (a sentire i tedeschi) lo spirito del cancelliere.

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A breve la convocazione delle parti sociali per il caro vita

Ma per l’Italia il tema energetico riflette anche un timore di tenuta sociale, con tutti i prezzi che schizzano al rialzo, le bollette sono esorbitanti (si sta pensando infatti a un nuovo sostegno), aumentano pure le autostrade. E in questo quadro che Draghi a Bruxelles ha annunciato che a breve incontrerà le parti sociali proprio per affrontare il tema del caro-vita. Ora è estate piena, ma il tempo stringe e tra un mese e mezzo si dovrà affrontare il nodo della legge di stabilità, l’ultima della legislatura e forse anche del premier tecnico, che è sempre meno tale, vista la situazione. Energia e politica internazionale mai come in questa fase sono strettamente intrecciate: «Anche quando i prezzi dell’energia scenderanno, non è pensabile tornare ad avere la stessa dipendenza della Russia che avevamo. Dobbiamo eliminare per sempre la nostra dipendenza della Russia», ha detto, e quindi «mettere un tetto al prezzo dei combustibili fossili importati dalla Russia ha un obiettivo geopolitico oltre che economico e sociale. Dobbiamo ridurre i nostri finanziamenti alla Russia. E dobbiamo eliminare una delle principali cause dell’inflazione».

I rischi a 10 anni dal «whatever it takes»

Draghi ha evocato il 2008 come innesco della bomba del populismo. Fu l’anno della grande crisi finanziaria, che per prima colpì gli Usa e rapidamente si trasferì in Europa, prima come crisi dei debiti sovrani e poi in recessione economica. Erano gli anni della crisi della Grecia, della Troika evocata come grande spettro di una rapina delle sovranità nazionali, i redditi da allora si sono abbassati notevolmente, e in alcuni casi i risparmiatori hanno pagato direttamente con le proprie tasche (effetto a valle della sciagurata passeggiata di Deauville di Merkel e Sarkozy). Il populismo come lo conosciamo oggi – sembra questo emergere dalle parole dell’ex presidente Bce, che giusto 10 anni, il 12 luglio 2012, pronunciò a Londra la celebre frase assurta a simbolo del salvataggio dell’euro – nasce in quei tempi, ed è il rischio che va evitato.


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