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Perché è il momento di riformulare il reddito di cittadinanza

Tra i principali obiettivi del prossimo governo ci dovrà essere il tema della riduzione del cuneo fiscale e contributivo, il quale dovrà essere contrastato non soltanto con il mantenimento, per tutto il 2023

di Gabriele Fava

(ANSA)

3' di lettura

Tra i principali obiettivi del prossimo governo ci dovrà essere il tema della riduzione del cuneo fiscale e contributivo, il quale dovrà essere contrastato non soltanto con il mantenimento, per tutto il 2023, dello sgravio del 2% per i lavoratori con redditi inferiori ai 35mila euro annui (come già previsto per l’anno corrente dal Decreto Aiuti-bis); ma, soprattutto, attraverso un taglio strutturale alla tassazione sul reddito dei lavoratori. Tale traguardo, considerato ora prioritario, rispecchia la necessità di intervenire sul funzionamento del mercato del lavoro per renderlo competitivo a livello internazionale. L’obiettivo, dunque, è quello di aumentare l’occupazione, incentivando sia i datori all’assunzione, sia i lavoratori a ricercare un’occupazione tramite un intervento duraturo e strutturale volto a ridurre la tassazione sui redditi dei lavoratori, nonché attraverso una considerevole deduzione del costo del lavoro per le imprese che decideranno di incrementare l’occupazione rispetto agli anni precedenti.

Tali misure, pensate per ridurre, in maniera permanente, il cuneo fiscale e contributivo, tuttavia, saranno sostenibili sul lungo periodo soltanto attraverso una crescita del Pil e della produttività, sostenuta, in parte, dall’incremento del tasso di occupazione. Per tale motivo si rendono necessari interventi ulteriori rispetto alla mera riduzione del costo del lavoro, volti, appunto, ad agevolare le assunzioni.

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In prima battuta, sarà fondamentale operare sulla forza lavoro potenziale (disoccupati, inattivi, sottoccupati), partendo dai percettori del Reddito di cittadinanza. Detta misura andrà modificata limitando la sua natura assistenzialista ai soli soggetti che non possono svolgere attività lavorative; mentre, per tutti coloro che non riescono a trovare occupazione, andrà riformulato l’istituto, trasformandolo in una efficiente politica attiva del lavoro volta a formare e aggiornare quanti tra i 18 e i 65 anni sono in condizione di lavorare. Ciò comporterebbe una netta riduzione della spesa complessiva finora sostenuta per il Reddito di cittadinanza e metterebbe a disposizione delle imprese quella forza lavoro qualificata che, a oggi, manca. Infatti, è opportuno ricordare che a fronte di un numero di disoccupati prossimo ai tre milioni, i posti di lavoro vacanti sono di circa un milione e mezzo: questo perché i disoccupati, già poco incentivati dalle politiche passive del lavoro oggi in vigore, non hanno le competenze necessarie per ricoprire i posti vuoti. Una nuova riformulazione del Reddito di cittadinanza, quindi, permetterebbe di sbloccare maggiori risorse e, al contempo, di formare i lavoratori per tutte quelle attività in cui v’è carenza di manodopera.

Per quanto riguarda le imprese, invece, sarà necessario un ulteriore intervento teso a ridurre le incombenze burocratiche. In questa direzione, un ottimo punto di partenza sarebbe quello di semplificare le norme del recente D.lgs. n. 104/2022 (c.d. decreto Trasparenza): evitando ai datori di lavoro l’obbligo di riportare informazioni superflue o già note ai lavoratori. L’obiettivo finale, tuttavia, dovrà essere di portata più ampia: è necessario un significativo intervento volto ad agevolare le imprese che, al momento, si trovano schiacciate non solo dagli alti costi del lavoro, ma anche dal peso di quello che a tutti
gli effetti è un cuneo burocratico.

Da ultimo, si evidenzia come il prossimo governo dovrà allinearsi alla direzione intrapresa dalla Commissione Ue per combattere povertà ed esclusione sociale e sostenere l’occupazione. In quest’ottica, l’obiettivo sarà quello di aumentare il benessere per colmare il divario tra il reddito percepito e il livello di entrate necessario per vivere una vita dignitosa; incrementando il potere d’acquisto dei lavoratori. La Commissione Ue stima che un intervento di tale natura condurrà, entro il 2030, a una diminuzione della disoccupazione e a una riduzione di 15 milioni dei soggetti a rischio povertà. La riforma del mercato del lavoro, che ha come centro la riduzione del costo del lavoro e la contestuale crescita del tasso di occupazione, deve poggiare su ulteriori essenziali interventi tutti diretti a migliorare le condizioni lavorative dei dipendenti e la situazione economica e burocratica delle imprese. L’interessante compito del prossimo governo sarà, allora, coordinare i succitati interventi per far ripartire il nostro mercato del lavoro.

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