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Con il taglio dei parlamentari non si potrà votare prima di aprile-giugno 2020

Se si voterà entro dicembre, si voterà su 945 parlamentari e non su 600. Ma la proposta di riduzione del numero dei parlamentari non sarebbe vigente nella successiva legislatura. Se invece si vuole renderla davvero vigente nella legislatura successiva, bisogna attendere almeno la primavera inoltrata del 2020, rispettando l'iter dell'articolo 138 della Costituzione. Ecco perché

di Francesco Clementi

Salvini: prossima settimana taglio parlamentari, poi elezioni

4' di lettura

La proposta costituzionale di ridurre il numero dei parlamentari pervade l'intero dibattito italiano sulle riforme costituzionali, attraversando molte delle diciotto legislature repubblicane, risultando una costante, in modo più specifico, a partire dalla XIII legislatura. Peraltro, il tema è presente, del pari, da molti anni, con analisi, argomentazioni e valutazioni, anche nel dibattito dottrinario intorno alla rappresentanza politica.

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Nell'attuale XVIII Legislatura, il 12 luglio 2018, con l'audizione da parte delle Commissioni Affari costituzionali congiunte di Camera e Senato del ministro per i Rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta, Riccardo Fraccaro, chiamato a illustrare le linee programmatiche della sua azione di governo, il tema della riduzione del numero dei parlamentari torna al centro del dibattito parlamentare; nella logica politica, promossa dalla maggioranza che sostiene il Governo Conte, di cosiddette “micro” riforme costituzionali, ossia di riforme limitate e puntuali del testo; una scelta che, innanzitutto mediaticamente, mira a contrapporsi di fronte all'opinione pubblica alla diversa strategia che ha caratterizzato gli ultimi quindici-venti anni del dibattito politico in tema di riforme costituzionali (dalla riforma del Titolo V del 2001 in poi).

Il testo presentato di riduzione del numero dei parlamentari, che avvia l'iter al Senato il 10 ottobre 2018, è stato assai rapido nel suo percorso e si è arrivata a calendarizzare alla Camera dei Deputati per il 9 settembre – da ieri anticipata al 22 agosto – la quarta lettura costituzionalmente prevista ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione, che tuttavia non può più impedire l'eventuale referendum, posto che già la terza lettura del testo è stata approvata dal Senato con una maggioranza inferiore ai 2/3 prescritti, appunto, per evitare il referendum.

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Ieri il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha invitato le forze politiche a votare il taglio dei parlamentari e poi andare subito al voto anticipato.
Vediamo con attenzione cosa comporta e se ciò, tecnicamente, è fattibile, almeno nei termini proposti.

Innanzitutto va sottolineato un dato, ossia che è necessario che il voto parlamentare sulla riduzione sia con le Camere pienamente funzionanti lungo l'asse del rapporto fiduciario Governo-Parlamento. Se dunque il Governo Conte non dovesse essere più in carica, e si fosse in piena crisi politica, la quarta votazione parlamentare non si potrebbe tenere non configurandosi questa come una votazione di “ordinaria amministrazione”. Tutt'altro.

Dunque conta molto il calendario dei lavori. Che – a quanto consta – già impedisce tutto ciò, essendo la mozione di sfiducia del Governo Conte calendarizzata, appunto, prima del potenziale voto sulla riduzione del numero dei parlamentari.

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Tuttavia, per ipotesi di scuola, anche non considerando ciò, quali sono i tempi e i modi per rendere fattibile la proposta del ministro Salvini?
Dal voto (positivo) in quarta votazione, l'articolo 138 della Costituzione e le norme connesse in tema impongono che vi siano tre mesi di tempo per dar modo a chi costituzionalmente ne ha diritto (500.000 elettori, 5 consigli regionali, 1/5 dei membri di una Camera) di fare richiesta di referendum costituzionale. Questo è un termine intangibile e perentorio, cioè non può essere in alcun modo ridotto.

Successivamente, presso la Corte di Cassazione, l'Ufficio centrale per il referendum si pronuncia sulla legittimità della richiesta referendaria entro 30 giorni; e poi, entro 60 giorni, su deliberazione del Consiglio dei ministri, il Capo dello Stato indice il referendum in una domenica compresa tra il cinquantesimo e il settantesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto di indizione del referendum.

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Dunque, se si vuole votare ma, al tempo stesso, approvare correttamente la riduzione del numero dei parlamentari, rendendola davvero vigente nella legislatura successiva come proposto da Salvini, non si può votare prima che sia esperito tutto l'iter fino all'indizione costituzionale previsto, aggiungendo però in questo caso pure il fatto che è necessario ridisegnare i collegi elettorali (che, tenuto conto delle rilevanti difficoltà tecniche che questo testo presenta, impone almeno due o tre mesi di lavoro per la Commissione ad hoc istituita presso il ministero dell'Interno).

In questo senso, ipotizzando dunque i tempi, al netto del rilevante paradosso politico – che qui volutamente non si tocca - si potrebbe dunque votare anticipatamente soltanto non prima dell'aprile-giugno del 2020, fissando la celebrazione del referendum dopo il voto anticipato (come avvenne, ad esempio, nel 2005-2006 con il referendum costituzionale sulla devolution). Si posticiperebbe, insomma, il solo voto referendario, rispettando a pieno l'iter previsto dall'articolo 138 per un testo di riforma costituzionale. Solo così, infatti, la proposta di riduzione del numero dei parlamentari sarebbe davvero vigente, a partire dalla successiva legislatura.

Dunque, in sintesi, se si vuole votare entro dicembre, si vota su 945 parlamentari non su 600, ma la proposta di riduzione del numero dei parlamentari non sarebbe vigente nella successiva legislatura. Sarebbe insomma un'approvazione che decadrebbe nella legislatura successiva.
Se, al contrario, si vuole renderla davvero vigente nella legislatura successiva, bisogna attendere almeno la primavera inoltrata del 2020, rispettando appieno l'iter dell'articolo 138 della Costituzione (impegnandosi contestualmente anche per due o tre mesi al ridisegno dei collegi).

Resta il fatto che, come detto, se cade prima il Governo, i lavori del Parlamento si interrompono e una proposta così rilevante non può essere approvata.

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