analisi

Perché in previdenza la prudenza può essere rischiosa

Uno ha aderito alla previdenza complementare, l’altro ha mantenuto il Tfr in azienda. Il confronto tra due lavoratori “gemelli” evidenza la forte convenienza dei fondi pensione. E aggiunge una lezione importante sul profilo di rischio

di Marco lo Conte

2' di lettura

La prudenza? Può essere rischiosa. Se porta risultati bassi diventa inefficiente rispetto allo scopo per cui si mette in gioco il nostro denaro. Lo confermano le centinaia di studi sull'investimento in azioni nel lungo periodo che vengono pubblicati periodicamente. Ma anche senza volersi esporre più di tanto all'equity, il discorso non cambia.

Prendiamo in esame la destinazione del proprio trattamento di fine rapporto alla propria azienda o allo Stato (in caso si lavori in una società con oltre 50 dipendenti) con lo scopo di usare il capitale ricavato per i propri obiettivi. Una scelta erronea, almeno a confronto con altre decisioni, se finalizzata alla costituzione di un capitale consistente e disponibile nel frattempo.

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Prendete invece un fondo pensione: consente una maggiore agilità nelle anticipazioni del capitale conferito e una tassazione più bassa. Ragioni sufficienti per non avere molti dubbi sulla scelta. Ma c'è il tema del rischio: e la rima psicologica tra i concetti di “pensione” e “prudenza” porta solo un terzo di italiani a preferire di destinare il Tfr alla previdenza complementare.

Ma i numeri danno ragione proprio a questi ultimi, dimostrando la rischiosità della prudenza: recentemente il fondo pensione dei metalmeccanici Cometa ha aggiornato il periodico confronto tra gemelli, ossia chi ha aderito e chi non ha aderito alla previdenza complementare a partire dal 1998 (anni di partenza dei comparti finanziari).

La differenza è macroscopica: entrambi hanno messo in gioco 36.487 euro di Tfr ma chi ha aderito ha ottenuto anche un contributo datoriale di 6.224 euro, precluso a chi ha scelto il Tfr in azienda o allo Stato. E al capitolo rendimenti l'iscritto a Cometa vede la propria posizione salire di 19.587 euro contro il 7.687 di rivalutazione del Tfr. A fronte di 47.174 mila euro messi in gioco da entrambi (considerando il contributo volontario anche per lo scettico nei confronti della previdenza), l'aderente a Cometa si trova una rivalutazione del 54% in vent'anni, mentre il non iscritto nello stesso periodo si trova il 20%.

Risultati non esclusivi di Cometa: Covip riferisce che negli ultimi dieci anni, contributi volontari e datoriali a parte, i fondi negoziali hanno reso il 3,6% composto annuo, i fondi aperti nello stesso periodo il 3,6% l'anno, mentre i i Pip a gestione separata il 2,6%, contro un Tfr rivalutatosi solo il 2%.

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