durerà la “grande rotazione”?

Perché dopo la sbornia Trump i mercati rischiano la fine di Icaro

di Andrea Franceschi

(Alamy Stock Photo)

3' di lettura

La vittoria di Trump ha imposto una drastica inversione a U nella narrativa dell’attuale situazione economica globale. Dall’essere un «Davos Man», intendendo con questa immagine un individuo dalla visione in linea con l’establishment economico finanziario globale (che proprio in questi giorni si riunisce a Davos), l’investitore medio si è trasformato in «Joe six pack», espressione usata per definire l’americano medio che guarda lo sport alla tv e compra birra in confezione da sei. Questa, secondo il capo degli investimenti di BofA Merrill Lynch Michael Hartnett, è stata la metamorfosi imposta dall’era Trump.

Se prima c’era una lettura unanime dei mali delle economie sviluppati («stagnazione secolare» deflazione ecc) e delle ricette da adottare per rimetterla in sesto (stimoli monerari, austerità fiscale...) oggi la sensazione comune è che il quadro sia diverso: che la ripresa sia alle porte, che l’inflazione sia finalmente in risalita, che le politiche espansive delle banche centrali abbiano esaurito la loro spinta propulsiva e che l’austerity fiscale debba fare posto una politica di stimolo fiscale.

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Queste due visioni sono totalmente agli antipodi e presuppongono una strategia di investimento diametralmente opposta. Semplificando si può dire che la visione dell’uomo di Davos tende a premiare le obbligazioni, non a caso protagoniste di un rally senza precedenti e di un afflusso colossale di capitali nell’ultimo decennio (1500 miliardi di dollari i flussi netti nei fondi bond). Per contro il portafoglio di «Joe six pack» è orientato molto più chiaramente sull’azionario. Con preferenza per i settori più tradizionali: energia, costruzioni, industria...

I dati sui flussi di capitale nei fondi di investimento dimostrano in maniera inequivocabile che «Davos Man» si è trasformato in «Joe six-pack». Dalla vittoria di Trump i fondi azionari Usa hanno registrato flussi netti di capitale per ben 70 miliardi di dollari mentre gli obbligazionari hanno subito riscatti per ben 41 miliardi di deflussi netti. Questo fenomeno, definito in gergo la «grande rotazione», ha fatto prendere direzioni diametralmente opposte ai mercati dei bond e delle azioni. Un fenomeno illustrato in maniera eloquente da questo grafico che mette a confronto l’andamento dell’indice azionario globale Msci World con il paniere obbligazionario BofA Merrill Lynch Global Developed Sovereign Bond negli ultimi sei mesi.

LA DIVERGENZA DI BOND E AZIONI

Andamento a confronto dell'indice azionario mondiale Msci World e dell'indice obbligazionario BofA sovereign developed markets. (Fonte: S&P Global Market Intelligence)

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L’entità di questo fenomeno e la velocità con cui l’investitore medio è passato da «Davos Man» a «Joe six-pack» è stata sorprendente. Forse troppo. La vittoria di Trump ha costretto tutti (non solo il mondo dell’economia e della finanza) a guardare il mondo con occhi diversi e su questo non ci sono dubbi. Ma forse i mercati hanno fatto il passo più lungo della gamba. Finora il mercato ha speculato sul piano di stimolo fiscale promesso da Trump in campagna elettorale dimenticandosi dei rischi (uno tra tutti il protezionismo) che pone un presidente americano che ha dimostrato di muoversi come un elefante nella cristalleria della diplomazia globale.

La domanda che in molti si fanno quindi è: quanto ancora potrà durare questa luna di miele tra Trump e i mercati? Quanto ancora potrà salire Wall Street se oggi l’S&P 500 vale quasi 18 volte gli utili attesi: il 20% in più della media dell’ultimo decennio e delle valutazioni medie in Europa.

Secondo Hartnett il mercato continuerà a seguire il copione della “grande rotazione” per tutta la prima metà dell’anno. Per azioni e materie prime (due delle classi di investimento maggiormente premiate in questa fase) c’è il potenziale per un ulteriore rialzo del 10 per cento. Ma attenzione: questo rally potrebbe rivelarsi un «volo di Icaro». Come la figura mitologica che, non ascoltando i consigli del padre Dedalo, volò troppo vicino al sole al punto che le sue ali di cera si sciolsero facedolo precipitare al suolo, anche i mercati rischiano di andare incontro a una brusca correzione. In parte perché, come accennato le valutazioni sono già molto alte. In parte perché c’è il rischio che un rialzo troppo repentino dei tassi di interesse possa avere effetti imprevisti sui mercati e sui bilanci societari. Un rischio che potrebbe aumentare se, come la Fed, anche la Bce e la Bank of Japan daranno segnale di voler normalizzare la loro politica monetaria.

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