Perché le Borse salgono con la guerra in Israele? Ecco i motivi (e i rischi)
Quasi tutti i listini hanno chiuso in positivo la settimana in cui è scoppiato, inatteso, il conflitto in Israele e Gaza: Milano +1,53%
di Morya Longo
I punti chiave
3' di lettura
Da Israele e Gaza arrivano immagini raccapriccianti. Il rischio è che scoppi una delle più cruenti guerre in Medio Oriente che la storia ricordi. Con tutti i risvolti, soprattutto energetici, che questo può avere per l’Europa. Eppure le Borse cosa fanno? Nella settimana appena conclusa, quella partita con l’attacco a sorpresa di Hamas sabato scorso, hanno chiuso quasi tutte positive: Milano nelle cinque sedute della settimana ha guadagnato l’1,53%, Londra l’1,40%, Wall Street lo 0,90%, il Nasdaq lo 0,61%. Ancora meglio i listini asiatici, con Tokyo che da venerdì scorso ha portato a casa un +4,26%, Hong Kong l’1,87% e l’indice Msci Asia il 3,02%. In calo nell’arco della settimana di guerra, tra le grandi piazze finanziarie, solo Parigi (-0,82%) e Francoforte (-0,3%).
Solo venerdì, con davanti un weekend che potrebbe portare un’escalation bellica, le Borse hanno frenato. Solo l’ultimo giorno della settimana si sono un po’ turbate, la volatilità è salita e i beni rifugio come l’oro sono tornati ad attirare gli investitori. Ma fino a quel momento, i mercati si erano mossi guardando più alla Federal Reserve che alle immagini in arrivo dal Medio Oriente. Sembra cinico, ma è così: business as usual.
I motivi della stabilità
Che le guerre nel medio termine facciano salire le Borse è la storia a dirlo. Partendo dalla prima guerra mondiale ad oggi, è sempre stato così: Wall Street sale durante gli eventi bellici. Ma solitamente (è accaduto anche con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia) all’inizio di ogni guerra l’incertezza pesa: gli indici di Borsa solitamente scendono quando il conflitto scoppia e poi risalgono successivamente. Ma questa volta, almeno per ora, pare essere diverso: la turbolenza è durata solo qualche ora nella mattina di lunedì, dopo il weekend di sangue. Poi è partito subito il rimbalzo. Già lunedì i listini, pur chiudendo in calo, nel pomeriggio hanno recuperato buona parte delle perdite della mattinata.
Perché? «Il mercato continua a pensare che quello in Medio Oriente potrebbe restare un conflitto locale - osserva Philippe Berthelot, Head of Credit and Money Markets di Ostrum AM, affiliata di Natixis Investment Managers -. Considerando che molti investitori erano già sottopesati sul mercato azionario prima del conflitto, questo convincimento ha dato stabilità alle Borse. Inoltre in Europa gli stoccaggi di gas sono pieni, e questo riduce i rischi di una nuova crisi energetica. Ma l’incertezza è comunque molto elevata». Di parere simile Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte. «Se la guerra restasse confinata tra Israele e Gaza, sui mercati non ci sarebbe un grande impatto. Il problema è che non ci sono certezze che sia effettivamente così: i rischi di un allargamento, anche solo all’Iran con inevitabili conseguenze anche sul petrolio, ci sono».
I motivi delle tensioni
Infatti venerdì le tensioni sui mercati sono tornate a crescere. Un po’ perché gli investitori prima di un weekend così delicato tendono a proteggere i portafogli. Un po’ perché il rischio di escalation cresce. Così nell’ultimo giorno della settimana non sono solo scese le Borse (Milano ha perso lo 0,90% per esempio), ma si sono messi in moto tutti i classici meccanismi dell’incertezza. È per esempio salito il prezzo dell’oro, tradizionale bene rifugio: con un balzo di oltre il 3%, è arrivato a 1.945 dollari. Il metallo giallo si è mosso a braccetto con il petrolio, anch’esso in rialzo, con il Brent salito sopra i 90 dollari al barile.
È rincarato anche il dollaro (ma questo è dovuto principalmente ai timori per una nuova stretta monetaria della Fed): nell’arco dell’intera settimana il biglietto verde ha guadagnato lo 0,86% sull’euro (schiacciandolo sotto la soglia di 1,05) e lo 0,62% su un paniere di varie valute (dollar index). È aumentato inoltre l’indice Vix, quello che misura la volatilità a Wall Street: pur restando intorno a quota 20 (dunque nulla di drammatico), l’indice “della paura” si è portato in territorio di allerta. Soprattutto il Vix a breve termine è cresciuto: segnale di timori, appunto, nel breve. Così al termine di una settimana positiva per le Borse, le nubi si sono addensate in cielo.
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