SOCIAL E POLITICA

Perché Lega e Cinque Stelle hanno conquistato i giovani

di Alberto Magnani

Elezioni 2018: Di Maio, Renzi e Salvini: perché hanno vinto o perso?

4' di lettura

«Su Facebook un 20enne legge quello che può sentire anche quando parla con gli amici. Il problema sono i contenuti, non il mezzo». Andrea Ceron, professore al dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Milano, è tra i cofondatori di Voices from the blogs: uno spin-off dell’ateneo che si dedica all’analisi dell’opinione pubblica espressa sui social media, trasformando in statistiche l’enorme mole di discussioni pubblicate ogni secondo su Facebook, Twitter o addirittura LinkedIn. Nel 2016 il blog era stato fra i pochi a prevedere il successo di Donald Trump, l’outsider repubblicano, grazie alla scrematura qualitativa delle opinioni manifestate online.

Quindi fa un certo effetto sentirlo dire che Facebook, il mezzo di informazione primario per oltre un italiano su tre, «non ha influenze chiare» sulla scelta di voto degli under 25 . «Movimenti come Lega e Cinque Stelle sanno usare meglio i social, ma il punto non è solo questo - dice Ceron - Se hanno “catturato” i giovani è perché in campagna elettorale hanno colpito temi che li riguardano. I social sono lo specchio del paese». E l’immagine che ne risulta, a volte, è abbastanza sfumata. Le stime del suo blog, risalenti all’1 marzo, proiettavano il Movimento Cinque Stelle al 26,8%, seguito dal Pd a circa il 25%, con Forza Italia al 15,3% e la Lega intorno al 14,5%. È andata come si sa: Cinque Stelle sopra al 30%, Pd sotto al 20%, Forza Italia scavalcata dalla Lega di Salvini, per la prima volta nella sua storia oltre il 17%.

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Il voto dei giovani e le loro motivazioni
Il terremoto è stato innescato anche dal voto giovanile, uno dei «grandi dimenticati» dalle campagne elettorali dei partiti di governo. Secondo dati Ipsos già riportati dal Sole 24 Ore, Cinque Stelle e Lega hanno attratto in due il 53,1% dei votanti under 34: il 35,3% ha scelto Luigi Di Maio (sopra al 32,9% generale), il 17,8% la nuova Lega di Salvini (leggermente sopra al 17,4% raggiunto complessivamente). Quanto hanno influito i social sul voto finale? Da un lato, è innegabile che gli strumenti della «comunicazione 2.0» siano maneggiati con più cura dalle forze (ex) populiste. Lega e Cinque stelle presidiano con più insistenza due canali come Facebook e Youtube, considerati fonte di informazione primaria dal 48,8% e dal 20,7% dei giovani nella fascia 14-29 anni (dati Censis, un istituto di ricerca). Il solo Matteo Salvini conta oltre 2 milioni di fan solo su Facebook, mentre il canale ufficiale dei deputati alla Camera dei Cinque Stelle su Youtube registra oltre 150mila iscritti e oltre 17.600 video. Per fare un confronto, Matteo Renzi supera a fatica gli 1,1 milioni di follower su Facebook e il suo (ex) partito, il Pd, è presente su Youtube con poco più di 7mila iscritta e 845 video.

Dall’altro,«l’effetto Facebook» rischia di far confondere cause ed effetti. I giovani si informano prevalentemente sui social, ma non basta un post online a stabilirne il comportamento elettorale. Se l’informazione fruita sui social rischia di impoverire il ragionamento politico, i problemi avvertiti dai giovani nascono nelle realtà. Lega e Cinque Stelle hanno fatto breccia su un elettorato sensibile a temi di impatto immediato come disoccupazione o la percezione - più o meno reale -di sicurezza e peso delle imposte. In Sicilia, dove il tasso di disoccupazione giovanile supera il 55%, i Cinque Stelle hanno sfiorato ovunque il 50% dei consensi. Nelle province del Veneto la Lega ha ottenuto il doppio dei voti alla Camera rispetto al Senato, lasciando intendere un appeal maggiore dei suoi temi sull’elettorato giovane rispetto a quello - mediamente - più anziano. Ma il radicamento sul territorio del partito, con i suoi cavalli di battaglia di sicurezza e taglio delle tasse, è iniziato ben prima dell’avvento di Mark Zuckerberg e dell’esuberanza online di Matteo Salvini. Uno dei motivi del boom di voti alla Lega è la contrarietà al «fisco famelico» dello Stato. Che è la stessa espressione usata in un manifesto della Liga Veneta, risalente al 1980: sette anni dopo la nascita di Salvini e 24 prima di quella di Facebook.

Come si esce dal populismo 2.0
«Il web intercetta e semplica messaggi che vengono dalla società,non li produce da solo» spiega Marco Revelli, politologo oggi in cattedra all’Università del Piemonte orientale.In entrambi i casi, si è andato a colmare un vuoto: la scomparsa della sinistra, la forza politica nata per dare una rappresentanza alle classi più deboli. «Populismo significa dividere il mondo tra chi sta in basso e i cosiddetti “potenti” - spiega Revelli - E in questo senso la sinistra ha finito per essere avvertita come ostile, come qualcosa “a cui farla pagare” per i torti subìti».Revelli fa notare che il cambio di orizzonte dei giovani assomiglia al caso degli Stati Uniti, dove i «proletari hanno votato Trump» per «vendicarsi» dell’abbandono da parte dei progressisti nell’era della globalizzazione. Anche qui la rivolta è fermentata nelle periferie del paese e si è sfogata sui social. Non il contrario. «Bisogna smettere di pensare che il mondo virtuale sia autonomo - dice Revelli - Pensiamo al mondo delle periferie: un cittadino, giovane o anziano che sia, sarà più portato a votare chi gli sta vicino. Se incontra un grillino o un leghista lo riterrà più familiare. Se non vede nessuno di sinistra, gliela farà pagare».

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