Perché nel mezzo della guerra dei dazi Wall Street è un passo dal record
Il 26 luglio 2019 l’indice S&P 500 di Wall Street chiudeva la giornata a 3.028 punti. Nell’ultima seduta ha oscillato intorno ai 2.980 punti. Ciò vuol dire che la Borsa Usa è un passo dal massimo di tutti i tempi. Per l’esattezza basterebbe un rialzo dell’1,5% per riportarsi nuovamente in territorio inesplorato
di Vito Lops
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Il 26 luglio 2019 l’indice S&P 500 di Wall Street chiudeva la giornata a 3.028 punti. Nell’ultima seduta ha oscillato intorno ai 2.980 punti. Ciò vuol dire che la Borsa Usa è un passo dal massimo di tutti i tempi. Per l’esattezza basterebbe un rialzo dell’1,5% per riportarsi nuovamente in territorio inesplorato.
Ad altre Borse manca molto di più: a Piazza Affari (indice FTSE MIB) il 127%, alla Cina il 94%, al Giappone l’82%. Più vicine Germania (10%) e Londra (8%).
A dispetto di chi da mesi ipotizza l’arrivo della recessione negli Stati Uniti la Borsa continua a stupire gli investitori con effetti speciali: da inizio anno il Nasdaq, l’indice tecnologico, è salito del 22%, l’S&P 500 del 20% e l’altro grande indice, il Dow Jones, del 16%.
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Da aprile 2018 è scoppiata ufficialmente la guerra dei dazi tra Usa e Cina. Una guerra che si è tradotta per ora in un rallentamento dell’andamento dell’economia globale, in una forte svalutazione dello yuan nei confronti del dollaro (-11%) e in tanta incertezza per gli investitori.
Ciò nonostante le società quotate a Wall Street hanno battute le attese degli analisti nelle ultime trimestrali ed è questo in fin dei conti, oltre ai buybacks (i riacquisti di azioni proprie da parte delle aziende) a sostenere il listino.
L’economia cresce al ritmo del 2% (dato annualizzato del secondo trimestre) e ad agosto l’indice Pmi non manifatturiero è rimbalzato a 56,4 dai 53,7 di luglio (minimo di tre anni). Proprio quest’ultimo dato unitamente a quello dei salari in crescita ha allontanato al momento i timori di una recessione che secondo gli analisti è stimata nei prossimi 12 mesi al 35% delle probabilità.
In questo momento le quotazioni dell’indice S&P 500 sono care: scontano un multiplo prezzo/utili di 18 volte a fronte di un multiplo di 15 per le Borse europee. Va detto che storicamente tra le due aree geografiche Wall Street quota sempre con un premio, per due motivi: 1) gli Usa sono considerati ancora la prima economia al mondo e quindi Wall Street ha ancora il ruolo di faro degli investimenti; 2) in Europa i dividendi distribuiti agli azionisti sono più alti (e questi decurtano il valore delle azioni) rispetto a Wall Street (che tende invece a premiare gli azionisti con buybacks e quindi attraverso l’aumento del valore nominale delle azioni).
Dicevamo, le azioni Usa sono care ma storicamente non carissime. L’indice Vix - che misura la volatilità della Borsa Usa - è peraltro sceso dai 25 punti di agosto agli attuali 15,8. Ciò vuol dire che perlomeno nel breve periodo sui mercati è tornato un clima favorevole al rischio.
E poi ci sono le banche centrali. Giovedì la Banca centrale europea potrebbe annunciare un forte pacchetto di misure espansive. Va detto che però il rischio di deludere le elevate aspettative degli investitori (già incorporate nei titoli) è più alto al momento rispetto alla possibilità di stupire.
Se la Bce aumenterà la liquidità in circolazione l’effetto indiretto benefico potrebbe arrivare anche a Wall Street i cui indici negli ultimi anni si sono mossi in modo fortemente correlata all’aumento della liquidità.
Allo stesso tempo molto dipenderà anche dalla decisione del 18 settembre della Federal Reserve che potrebbe tagliare i tassi di 25 punti base. Ma anche in questo caso c’è il rischio di deludere più che di sorprendere gli investitori.
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