Modelli di apprendimento

Perché i nostri Leopardi e Montessori sono ancora attuali nell’insegnamento

Lo «Zibaldone» come esempio di ipertesto e le idee alla base del metodo montessoriano sono tuttora utili

di Franco Amicucci

(Adobe Stock)

5' di lettura

L’innovazione dei sistemi di apprendimento è in atto, con modalità spesso tumultuose e radicali, e siamo pienamente immersi in un’epoca caratterizzata dall’irrompere continuo di nuovi media, con lo stesso impatto che nella storia dell’umanità è stato della scrittura prima e della stampa poi.

Nel mio ultimo libro, Apprendere nell’infosfera, ho delineato un futuro dell’apprendimento caratterizzato da insegnanti riprodotti in ologramma per essere presenti contemporaneamente in una molteplicità di luoghi, App e ambienti di Intelligenza artificiale che accompagneranno l’apprendimento delle persone nel rispetto dei bisogni, stili, culture di ognuno per tutto l’arco della vita, ambienti di simulazione di operazioni tecniche complesse, dalla microchirurgia alla guida di un aereo,
creati in Realtà Virtuale.

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Per immaginare gli impatti di questo nuovo scenario, sono partito da Leopardi e Montessori, che insieme a tanti altri personaggi dell’arte, della letteratura, della scienza del nostro passato, ci danno fondamentali suggestioni per un futuro di umanesimo digitale.

Valorizzare il pensiero e le opere di personaggi che appartengono alla nostra storia culturale, ci permette una forte proiezione progettuale nella costruzione di un futuro sempre più caratterizzato dalla rivoluzione digitale.

Con questa visione, l’innovazione tecnologica che sta profondamente impattando sui sistemi di istruzione in tutto il mondo, non sarà in contrapposizione alla relazione umana, ma potrà invece potenziare e sviluppare le abilità e le potenzialità di ogni persona, se sapremo sapientemente coniugare tecnologia e umanesimo.

Quando un visitatore della Biblioteca Leopardiana ha la fortuna di essere accompagnato da Francesco Fabretti, una delle guide, ma anche ricercatore appassionato della Biblioteca, si trova di fronte a un inaspettato racconto, su alcune caratteristiche meno conosciute di Leopardi, come la sua memoria prodigiosa, la probabile lettura fotografica, velocissima, e soprattutto del suo approccio post-gutenberghiano ai libri della biblioteca.

Il racconto appassionato di Francesco, fa immaginare al visitatore il giovane Giacomo mentre studiava nella ricchissima biblioteca del padre Monaldo, quando partiva da un libro e a un certo punto ne apriva un altro perché collegato al concetto che stava approfondendo, poi un altro ancora e un altro ancora. I nativi digitali, quando sentono questo racconto, riconoscono subito la familiarità con il proprio navigare con lo smartphone, con il proprio modo di studiare! È così che capiamo come, nel 1812, a 14 anni, Leopardi aveva catalogato, usato, studiato 12mila libri: lo aveva fatto con questa modalità.

Un’altra caratteristica che rende attuale Leopardi è il tema dell’ipertestualità, che oggi consideriamo un carattere fondante l’informazione nella società digitale. Nell’ottobre del 2012, all’Universitat de Barcellona, è stato organizzato un Convegno internazionale, con studiosi di tutto il mondo, sullo Zibaldone di Leopardi come ipertesto durante il quale è stata condotta una rilettura importante dell’opera: non “un saltare di palo in frasca”, come critici del passato avevano detto, un “simbolo del frammento per eccellenza”, ma un’opera modernissima, attuale perché, come hanno dimostrato molti studiosi, è possibile ricostruire una trama, molteplici percorsi, precise chiavi di lettura di ben definiti fuochi tematici.

Una oscillazione costante, «tra frammento e progetto, fra occasione e costruzione. Un’esitazione, o oscillazione, che è sintomo di un pensiero in movimento, interrogativo, incompiuto, pronto a partire per una nuova avventura esplorativa» come scrive Antonio Prete nel Preludio all’edizione tematica condotta sugli indici leopardiani
dello Zibaldone di Pensieri
a cura di Fabiana Cacciapuoti (1997).

Cacciapuoti, nel suo intervento al Convegno internazionale di Barcellona (2013), descrive così alcune delle caratteristiche di ipertestualità
dello Zibaldone:

1 Lo Zibaldone si avvicina alla definizione di ipertesto, ma sostanzialmente è un testo che ne racchiude altri, un numero indefinito per le modalità interne alla scrittura; tuttavia, l’autore lascia traccia di otto percorsi precisi, costruiti su campi semantici in relazione aperta gli uni con gli altri.

2 La scrittura dello Zibaldone è circolare, e si basa sulla derivazione genetica di un brano da un altro, quindi di un pensiero da un altro.

3 Tutto il testo dello Zibaldone è lemmatizzato in maniera diretta o implicita, così che ogni brano ha delle parole chiave che lo connotano.

4 La maggior parte dei brani del testo sono in relazione reciproca attraverso la rete dei rinvii e dei richiami.

5 La lettura del testo che tenga conto della struttura aperta e interrelata voluta dall’autore è quindi una lettura aperta e non-lineare.

Come facciamo a non riconoscere la profonda modernità di Leopardi, anticipatore degli ipertesti digitali, della logica di navigazione del web, della nostra navigazione delle informazioni presenti nell’infosfera, che presenta opportunità formative come mai nella storia dell’uomo, itinerari di conoscenza costruibili e personalizzabili all’infinito?

“Aiutami a fare da solo” era uno dei motti montessoriani per eccellenza. Non sostituirsi al bambino, non basare l’educazione su istruzioni dettagliate e insegnamenti da ripetere, ma svilupparne l’autonomia nel rispetto delle potenzialità, delle fasi di sviluppo, stimolandolo contestualmente al rispetto dell’ordine e della disciplina, non imposti in senso classico ma alimentati da poche regole, chiare e acquisite con la ripetizione e lo stimolo alla concentrazione.

Il metodo Montessori non è molto amato in Italia, dove ci sono poco più di 500 scuole, contro le oltre 3mila degli Stati Uniti e le 22mila nel mondo. In un famoso articolo di qualche anno fa, comparso sul «Wall Street Journal», si mette in evidenza come l’élite creativa dell’innovazione digitale mondiale sia sovra-rappresentata dagli alunni delle scuole montessoriane, al punto da intitolare l’articolo The Montessori Mafia. Da queste scuole, infatti, provengono, tra gli altri, i fondatori di Google Larry Page e Sergey Brin, Jeff Bezos di Amazon, il pioniere dei videogiochi Will Wright, il fondatore
di Wikipedia Jimmy Wales.

La concentrazione di montessoriani nell’élite manageriale è confermata da una ricerca durata sei anni che ha coinvolto 3mila manager, diretta dai professori Jeffrey Dyer della Brigham Young University e Hal Gregersen, della scuola di direzione aziendale Insead. La gioia della scoperta, la possibilità di sperimentare, fare errori, l’abitudine a farsi e a fare continuamente domande, scoprire i propri talenti e le proprie passioni al punto di porsi obiettivi sempre più sfidanti è, se ci pensiamo bene, il contrario dell’apprendimento imposto dalla dipendenza dal voto, dal rispondere correttamente alle domande e all’insegnante. Alcune intuizioni della Montessori sono di straordinaria modernità e costituiscono uno stimolo per l’epoca attuale, non solo per l’educazione dei bambini, ma per l’educazione in generale e per l’apprendimento in contesti ibridi, fisici e digitali. Lo stimolo della capacità collaborativa, la curiosità, il porsi domande, liberare la creatività, sperimentare e imparare facendo, personalizzare, operare con metodo, non sono forse le basi del moderno apprendimento nei contesti digitali?

Saper fecondare la rivoluzione tecnologica, che sarà sempre più rapida e pervasiva, con le migliori radici della nostra cultura, ci permetterà di vivere positivamente e creativamente il nostro futuro. È anche grazie a questo approccio sono stati rivoluzionati i tradizionali modelli di eLearning, spesso noiosi e pesanti, introducendo, ad esempio, un’opera d’arte e un libro di letteratura in ogni corso online di formazione manageriale. Del resto è questa una delle grandi sfide del mondo dell’apprendimento, sia scolastico che aziendale.

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