Perché le Olimpiadi si vincono investendo in formazione
di Andrea Filippetti
3' di lettura
Sono appena terminate le Olimpiadi e l'Italia ha riportato un successo straordinario. Guardando al medagliere le super potenze, Stati Uniti, Cina e Russia, emergono come vincitrici indiscusse. Tuttavia tale classifica è discutibile, in quanto le grandi potenze sono infatti anche i paesi più estesi e con una popolazione che supera di diverse volte quella della maggioranza dei grandi paesi europei. Rapportando il numero di medaglie alla popolazione la classifica sarebbe diversa: paesi piccoli e ben piazzati, come l'Olanda, si ritroverebbero tra le nazioni vincitrici. Tuttavia, poiché le regole sono queste, e le Olimpiadi hanno sempre (più) risvolti di geopolitica, occorre giocare e migliorare con queste regole. Una strategia per migliorare la performance nello sport è quello di investire in formazione. Quale è il nesso tra le due cose? Quando uno sportivo decide di intraprendere l'attività agonistica compie una scelta individuale di investimento nel proprio capitale umano: ossia investe in un'attività, lo sport, attendendosi da questa un ritorno economico nel futuro, oltre alla gratificazione personale. In questo senso la scelta di intraprendere lo sport agonistico rientra nella scelta che tutti i giovani compiono riguardo il loro percorso formativo, come ad esempio se inscriversi ad un istituto tecnico piuttosto che ad un liceo, se proseguire iscrivendosi all'università, etc. Qualsiasi sia il percorso intrapreso, la logica rientra nell'investimento in capitale umano: decido di acquisire saperi e competenze oggi, procrastinando il momento in cui comincerò a guadagnare, nell'aspettativa che i ritorni compenseranno in modo congruo l'investimento di tempo e risorse.
Possiamo idealmente raggruppare le competenze in due categorie: generiche e specifiche. Le prime sono più ‘portabili' in quanto si possono sfruttare in molti contesti diversi. Ad esempio competenze in gestione aziendale, informatica, o legge, sono tipiche competenze che si possono impiegare trasversalmente nel mercato del lavoro. Viceversa, competenze più specifiche sono quelle che sono richieste in ambiti più ristretti e pertanto risultano meno ‘portabili', come laurearsi in ingegneria aerospaziale o diplomarsi in corno inglese. Di conseguenza investire in capacità generiche o specifiche comporta rischi diversi. Assumere competenze generiche riduce il rischio di non trovare la corrispondente domanda nel mercato del lavoro e pertanto rende più ‘sicuro' trovare un posto di lavoro.
Viceversa, assumere competenze specifiche restringe il campo di applicazione e pertanto aumenta il rischio di non trovare il posto di lavoro corrispondente. L'investimento nello sport agonistico presenta rischi elevati poiché si assumono competenze specifiche. Inoltre, nel caso dello sport agonistico il rischio è aggravato da circostanze specifiche: 1) la probabilità elevata di non riuscire a diventare professionisti; 2) la durata limitata della carriera sportiva; 3) il rischio dell'interruzione improvvisa della carriera per infortuni.
La carriera di sportivo è pertanto una della attività a cui corrispondono rischi individuali tra i più elevati nel mercato del lavoro; spesso infatti occorre una famiglia benestante alle spalle per assicurare tale rischio. Per incoraggiare gli individui nello scegliere carriere rischiose, che siano ingegneri aerospaziali, suonatori di fagotto, o atleti, occorre investire nella formazione. Il caso degli Stati Uniti, dove gli atleti si formano nelle università, è un esempio emblematico, ancorché non privo di problemi. L'idea di fondo è garantire agli atleti una formazione che conferisca loro, accanto alle loro capacità specifiche sportive, competenze ‘portabili' con funzione di assicurazione contro i rischi insiti dell'attività sportiva. Competenze che garantiscano agli atleti sia di immettersi nel mercato del lavoro nel caso in cui non riescono a diventare dei professionisti, sia al termine della loro carriera sportiva. Rafforzare i programmi di formazione che accompagnano gli atleti ridurrebbe sensibilmente il rischio dell'investimento nello sport agonistico e ciò aumenterebbe - a parità di condizioni - il numero di persone disposte ad intraprendere lo sport agonistico. L'Italia, infatti, non può avere lo stesso numero di abitanti della Germania o della Russia, ma può aumentare il numero di atleti investendo in formazione. Ciò comporterebbe effetti benefici non solo per il prossimo medagliere olimpico, ma anche e soprattutto per gli atleti stessi, sia i prossimi campioni, sia quelli che ci avranno provato e che “non hanno vinto mai … e ora ridono dentro al bar”.
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