ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa bellezza di essere “follower”

Leadership: perché le giovani leve dicono no?

Conquistando passo dopo passo il proprio spazio di autonomia, il follower può misurare concretamente il proprio valore e mettere sul tavolo il tipo di contributo che può offrire con le proprie idee e soluzioni

di Giovanna Prina*

(Андрей Яланский - stock.adobe.com)

3' di lettura

Ultimamente mi è capitato di trovare responsabili in azienda stupiti di fronte alla scarsa motivazione delle loro giovani leve verso ruoli di leader. Mi raccontano sorpresi di non capire come mai devono gestire sempre più di frequente persone che rifiutano il ruolo di responsabili per preferire una carriera orizzontale o per un percorso che massimizza l'approfondimento delle loro competenze tecniche.

Ho provato a pensare alle possibili ragioni e ho deciso di fare una piccola indagine, coinvolgendo proprio alcune di quelle giovani leve. Ho intervistato un piccolo campione - sicuramente non statisticamente rappresentativo - composto da persone di professioni e settori diversi che hanno in comune l'aver consapevolmente rifiutato la promozione al ruolo di leader. Dalle mie interviste sono emersi alcuni spunti che mi piace condividere e che possono essere sintetizzati in un breve elenco dei possibili vantaggi dell'essere follower.

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Il primo punto: essere un follower offre l’opportunità di imparare dagli altri, osservando i loro comportamenti, i loro successi e i loro errori. Si può apprendere tantissimo osservando il leader e gli altri membri del team. Per chi sta ancora interpretando la crescita delle competenze come più rilevante della crescita verticale, essere un follower significa avere la possibilità di massimizzare il proprio apprendimento. Come follower, mi dice una persona intervistata, ci si sente legittimati a fare domande e a sbagliare, a chiedere consiglio e aiuto. Dovrebbe essere legittimo e corretto anche per il leader - puntualizza nell'intervista - ma spesso la cultura leader-oriented presente nelle aziende tende a trasformare il leader in qualcosa di semi perfetto, trasferendo a chi lo è la percezione di avere davvero pochi spazi per dimostrare punti deboli o dubbi. E non tutti amano e sono pronti ad accettare questo tipo di approccio.

Il secondo punto: un follower può utilizzare le sue capacità e competenze per conquistarsi la partecipazione a progetti e iniziative interessanti e di valore. Essere considerati una persona di cui aver fiducia, affidabile e capace, può donare ambiti di libertà e di azione fantastici dove poter mettere in gioco le proprie competenze e sperimentare la propria professionalità. Un follower che è riuscito a farsi riconoscere come una risorsa preziosa forse non sente nessuna necessità di diventare un leader sostituibile. Su questo aspetto alcuni aggiungono che si sceglie di restare nel ruolo di follower per la volontà di concentrarsi sul proprio lavoro specifico e svolgere le attività assegnate in modo efficace, senza la pressione di prendere decisioni per gli altri o gestire un’intera squadra.

Perché dovrebbe essere più gratificante o divertente la parte gestionale del lavoro? Se una persona è appassionata al contenuto di ciò che fa, perché deve spostare la sua attenzione sulla gestione delle persone? Tra l’altro per alcune di queste persone, restare nel ruolo di follower sembra possa aumentare il potere negoziale legato alla specificità delle competenze. Conquistando passo dopo passo il proprio spazio di autonomia, il follower può misurare concretamente il proprio valore e mettere sul tavolo il tipo di contributo che può offrire con le proprie idee e soluzioni, imparando anche a chiedere in cambio il corretto contributo. Questo aspetto, che può sembrare un po' ingenuo e forse poco lungimirante per chi ha già un ruolo di rilievo in azienda, per molte giovani leve che percepiscono come precaria e poco soddisfacente la propria remunerazione, può essere considerato di valore.

Da ultimo, un punto che è legato al tema della socialità e del clima lavorativo: come follower si ha la possibilità di lavorare in modo collaborativo con gli altri membri del team esprimendo in modo aperto, libero e ricco le proprie capacità di dare supporto e di creare coesione tra le persone. Ci si può sentire utili e attivi nel creare il senso di coesione del gruppo in un contesto di parità, senza dover governare l’ambivalenza tra aspetti sociali e aspetti professionali nella vita del team che invece il leader deve solitamente gestire.

La sintesi delle mie interviste porta a chiedersi se per tutti sia così importante e bello diventare un leader. Non è forse altrettanto importante avere spazio di manovra, libertà di azione e autonomia nel fare le cose? Forse siamo stati troppo focalizzati a creare possibilità di crescita verticale e abbiamo dimenticato il valore e la bellezza dell'essere follower. Cosa che invece alcune giovani leve sanno intercettare e riconoscere. Di fronte ai loro rifiuti, invece di stupirci, prendiamo in considerazione i loro desideri e le loro modalità per portare contributi. Valorizziamole senza criticare la loro scelta: degli eccellenti follower possono fare molto per l’organizzazione, sempre se l'organizzazione decide di occuparsi davvero di loro. E già che ci siamo, chiediamoci se stiamo presentando a loro dei modelli di leader sufficientemente attrattivi.

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