Perché serve colmare il gap fra istituzioni e volontà popolare
di Riccardo Fraccaro *
2' di lettura
Gentile Direttore,
vorrei replicare al professor Sergio Fabbrini che nel suo editoriale di domenica sostiene come senza il popolo, la democrazia sarebbe un regime tecnocratico ma, senza le élite, diventerebbe ingovernabile. Prendo le mosse da questo concetto perché il rapporto tra élite e popolo è cruciale per ogni sistema politico.
In democrazia la classe dirigente può contribuire ad accrescere la consapevolezza dei cittadini sulle possibili opzioni di scelta e le conseguenze delle proprie azioni. Tuttavia è sotto gli occhi di tutti che spesso le decisioni politiche sono state assunte prescindendo dal consenso popolare.Il programma di riforme istituzionali del Governo punta a colmare il distacco tra decisioni pubbliche e volontà popolare in un quadro che non solo rispetti ma arricchisca il pluralismo istituzionale. Per questo la disciplina del referendum propositivo dovrà prevedere un iter capace di far dialogare i cittadini con le istituzioni parlamentari. La proposta popolare sarà sottoposta a referendum solo se le Camere non la approveranno entro un termine ragionevolmente lungo. Le Camere, inoltre, potranno contrapporvi una controproposta consentendo quindi ai cittadini di avere un più ampio ventaglio di scelte. Naturalmente le proposte di legge popolare dovranno superare un vaglio di ammissibilità, del quale dovrà occuparsi la Corte costituzionale.Quanto alle riforme costituzionali che riguardano il Parlamento, la proposta prevede una riduzione del numero di deputati e senatori con lo scopo di aumentare l'efficienza parlamentare. La stessa proposta di referendum propositivo e l'abolizione del quorum con riguardo a quello abrogativo hanno lo scopo di far funzionare meglio le istituzioni rappresentative.Tutto ciò è molto lontano da quanto il professor Fabbrini mi attribuisce sostenendo che vorrei superare le istituzioni rappresentative per sostituirle con la democrazia diretta e referendaria. Al contrario, la mia audizione alle Camere e le linee programmatiche richiamate dimostrano che nella nostra impostazione democrazia diretta e democrazia rappresentativa si rafforzano vicendevolmente per innescare un circuito virtuoso. Noi vogliamo attuare la democrazia integrale, nella quale popolo e istituzioni possano entrambi partecipare alla formazione dei meccanismi decisionali come avviene nei sistemi più avanzati. Solo suddividendo i poteri e le responsabilità tra Parlamento e cittadini si potranno evitare le derive della tecnocrazia e dell'ingovernabilità all'insegna della partecipazione attiva.
*Ministro per i rapporti
con il Parlamento
e la democrazia diretta
Il Parlamento rischia di essere svuotato
Replica di Sergio Fabbrini
Pensavo che il ministro Fraccaro fosse consapevole che ciò che sostiene nella lettera (referendum abrogativo e propositivo senza quorum su tutte le materie decise in Parlamento) o in altre interviste (tutti i nuovi Trattati internazionali, prima di essere ratificati, devono essere sottoposti a referendum confermativo obbligatorio) è destinato a svuotare il Parlamento. Se non altro paralizzandolo (ogni legislatura approva circa 150 leggi di autorizzazione alla ratifica dei Trattati internazionali). Mi sono sbagliato. Il ministro non ha mai pensato alle conseguenze di quello che dice. Non sa neppure che la “democrazia integrale” proviene da una tradizione togliattiana che non ha fatto molta strada.
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