Perché lo sfidanzamento annunciato al party può diventare reato se postato sui social
Il feuilleton dell'estate torinese: limiti e conseguenze del discorso d'addio Segre-Seymandi
di Alessandro Galimberti e Valerio Vallefuoco
I punti chiave
4' di lettura
In attesa di sapere se il feuilleton dell'estate torinese sia davvero una questione di codici e toghe, e non invece un'amara pillola di gossip di dubbio gusto, proviamo a fare il punto sulla situazione. La rottura mediatica del fidanzamento Segre - Seymandi può essere utile per capire che - leggi alla mano - mondo reale e mondo virtuale non sono né possono essere considerati emisferi permeabili.
Quello che infatti potrebbe non essere qualificato illecito “in presenza”, o quantomeno antigiuridico, rischia di diventare vietatissimo (e pericoloso per chi lo fa) nel momento in cui viene irradiato senza freni nel mondo digitale.
Ma andiamo per gradi, analizzando i frame reali/virtuali di questa vicenda su cui ad oggi almeno un'autorità pubblica – il Garante della privacy - ha acceso di propria iniziativa un faro il 14 agosto scorso, con un comunicato di avvio di indagine.
La festa in villa e il discorso di rottura del fidanzamento
La prima questione è se il monologo del mancato nubendo possa aver diffamato la mancata sposa (o meglio, «ingiuriato» la medesima, vista la presenza fisica della destinataria della clamorosa rottura). Qui il discrimine è sottile ma chiaro. Narrare il fatto vero, anche se sconveniente e all'apparenza sia poco educato, è lecito: può compromettere o rovinare la reputazione dell'altra/o, ma la «verità oggettiva» fa da scudo in ogni caso. Il problema qui piuttosto sono i limiti della narrazione, appunto: se si sta dentro una rappresentazione stretta dei fatti, e di fatti che possano essere dimostrati senza dubbi di sorta, molto difficilmente un qualsiasi giudice prenderà le parti della persona offesa (in senso morale, non giuridico), anche se le cose dette siano oggettivamente imbarazzanti per la destinataria/o. Lo scenario cambia radicalmente se, pur sulla base di fatti certi e dimostrabili, il narratore offeso (in senso sentimentale) si lasci andare a giudizi, epiteti e valutazioni che travalichino i fatti, coinvolgano l'insieme della figura avversaria e vadano in sostanza ad intaccare la dignità e la reputazione della persona ex-amata. In questo caso molto prevedibilmente qualsiasi giudice, penale o civile, non avrebbe dubbi a condannare il narratore e a riconoscere il giusto risarcimento alla persona ingiustamente ingiuriata.
Dalla festa in collina ai social
Le cose cambiano radicalmente, però, quando la realtà “reale” diventa “virtuale”. I fatti che avvengono in un contesto privato di persone presenti, selezionate, che si conoscono tra loro e che hanno la ragionevole aspettativa di essere in un ambiente “protetto”, riservato (nel nostro caso si trattava di invitati selezionatissimi) non possono essere riversati online del tutto arbitrariamente, nemmeno da qualcuno che stia partecipando o abbia partecipato al convivio. Il Garante della privacy lo scorso 11 agosto in una sorta di vademecum per l'estate ha chiaramente rammentato che non tutti vogliono apparire online, essere riconosciuti o far sapere dove e con chi si trovano durante le ferie estive. Inoltre sempre il Garante ha ricordato che se si postano video o foto in cui compaiono altre persone, è sempre meglio prima accertarsi che queste siano d’accordo, specie se si inseriscono anche i tag con nomi e cognomi.
Per questo l'istruttoria aperta in relazione al caso torinese sarà , «volta ad accertare il possesso - da parte dei diversi soggetti che hanno proceduto, a diverso titolo, anche attraverso video, alla diffusione dei dati e dei contenuti in questione - di un'idonea base giuridica» perché è sempre «necessario il rispetto della vita privata delle persone con particolare riferimento alla diffusione di dati personali relativi a relazioni sentimentali, come tali suscettibili di incidere in modo particolare sulla vita delle persone coinvolte, sulla loro reputazione e sulla loro sfera affettiva»
In sintesi, l'authority sta verificando se chi ha postato il video incriminato - a distanza peraltro di diversi giorni dall'evento – aveva avuto la liberatoria delle persone ritratte, riprese o comunque riconoscibili.
Sanzioni severissime
Anche perché il regime sanzionatorio per la privacy violata è molto più severo di quanto generalmente ci si immagina. Le sanzioni pecuniarie (attenzione: cosa diversa dal risarcimento dei danni, che sorge inevitabilmente come conseguenza) possono arrivare fino a 20 milioni di euro – ovviamente proporzionando il danno arrecato con le condizioni economiche del sanzionato e la gravità della violazione perpetrata - e per le aziende, fino al 4% del fatturato globale dell'anno precedente. E non è finita.
A questa punizione di “natura” europea – prevista dal Global data protecion regulation, assorbito nelle nostre leggi – si affianca anche quella di natura penale rimasta di competenza nazionale. In Italia l'articolo 167 del dlgs. 196 del 2003 (Codice della Privacy) prevede che fatto salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, procedendo al trattamento dei dati personali sulla vita sessuale di un soggetto interessato in violazione delle disposizioni che autorizzino il trattamento, o delle misure di garanzia poste a tutela dell'interessato arreca nocumento all’interessato, è punito con la reclusione da uno a tre anni. Consiglio valido per ogni stagione: prima di sfiorare il tasto “invio”, meglio fare una piccola riflessione su vantaggi e rischi correlati e chiedersi: ne vale davvero la pena?
- Argomenti
- fatto
- garante per la privacy
- Italia
loading...