Mobilità del futuro

Perché la transizione all'auto elettrica in Italia va a rilento

Per Antonio De Bellis, E-Mobility Lead Manager di ABB Italia e vicepresidente di Motus-E, le cause principali sono la scarsa informazione e scelte politiche spesso inadeguate

di Franco Sarcina

3' di lettura

Se in Europa la vendita di auto elettriche ha toccato lo scorso maggio il 15% rispetto al dato complessivo delle immatricolazioni, in Italia siamo rimasti indietro: nello stesso mese, infatti, la vendita di modelli “full electric” si è assestata a un ben più misero 4,1%. Una percentuale in crescita rispetto al 3,6% registrato a maggio 2022, ma ancora ben al di sotto rispetto alla media europea.

Per cercare di capire il perché di questa anomalia, abbiamo chiesto il parere di Antonio De Bellis, E-mobility Lead Manager di ABB Italia e vicepresidente e di Motus-E, l’associazione nata in Italia per sistematizzare e accelerare il passaggio verso la mobilità elettrica.

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Secondo De Bellis, le ragioni della scarsa percentuale di vendita delle vetture “full eletric” nel nostro Paese è dovuta a un mix negativo di conoscenze approssimative da parte dell'utenza e da una mancanza di visione in prospettiva futura da parte della politica. « Se sei in un Paese dove c'è una campagna basata molto più sulle fake news che sui fatti, si crea molta incertezza per un acquisto in alcuni casi necessario», come quello in un'autovettura, «in altri casi magari più di pancia».

De Bellis sottolinea che la mancanza di informazione può portare la possibile clientela a credere al prossimo avvento di tecnologie non ancora mature per il mercato dell'auto, come l'idrogeno, distogliendo possibili acquirenti da modelli full electric che di fatto sono già presenti a listino. «Parlando anche con amici e conoscenti che devono cambiare auto, il problema che hanno in testa è legato un po' a tutte queste contraddizioni che vengono dette. “Il futuro sarà a idrogeno”, si è sentito spesso dire. Ma è vero? Fino a qualche tempo fa sembrava, qui in Italia, che l'idrogeno fosse il Santo Graal del futuro dell'autovettura. Ma - e parlo da un punto di vista ingegneristico - su questo non posso che dire “good luck”. Nel senso che magari prima o poi raggiungeremo anche lo scopo [di trovare in commercio veicoli con propulsione a idrogeno, ndr], ma innanzitutto non penso saranno automobili e poi comunque ci vorrà tempo. Oggi la tecnologia non è pronta e ha dei costi decisamente superiori».

Il problema, sostiene De Bellis, è innanzitutto politico: «Se ci fosse un po' più di logica nell'applicare gli incentivi per quanto riguarda l'acquisto di auto... oggi tutto si può dire tranne che stiamo agevolando la penetrazione dell'elettrico, come invece è stato fatto in altri Paesi. Dovrebbe esserci meno confusione dal punto di vista dei messaggi dati alle aziende e ai cittadini».

Anche il problema della presenza sufficientemente capillare di sistemi per la ricarica, secondo De Bellis, non spiega la bassa percentuale di veicoli elettrici venduti in Italia. «Dal punto di vista infrastrutturale oggi godiamo di una buona percentuale [di colonnine di ricarica, ndr] rispetto al parco circolante, anche se c'è sempre quella asimmetria geografica che contraddistingue il nostro Paese».

La transizione all'elettrico comporta, secondo De Bellis, che la politica inizi ad affrontare le inevitabili problematiche che ne conseguiranno, senza però adottare delle posizioni di principio. «Si è messa tanta enfasi sulla questione dei posti di lavoro che verranno persi con la transizione all'elettrico. Io non sto dicendo che non ci saranno, e non sto dicendo che non bisogna cccuparsene, perché è un dovere nazionale e politico gestire la perdita di posti di lavoro, riguardasse anche una persona soltanto.

Con Ca' Foscari noi di Motus-E abbiamo fatto uno studio andando ad analizzare le anagrafiche di tutte le aziende che sono impegnate in Italia nell'automotive, e abbiamo calcolato l'effettivo numero di addetti a rischio. Una cosa interessante è che molte aziende impegnate nell'automotive, la famosa filiera italiana della componentistica, stanno già lavorando sull'elettrico. Inoltre c'è da considerare anche il rovescio della medaglia: oggi noi non facessimo nulla per incentivare il cambiamento perderemmo comunque migliaia di posti di lavoro, perché non daremmo spazio a quelle aziende che possono avere un ruolo in questo cambiamento».

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