lo scenario

Perché Wall Street rischia il tonfo se i tassi Usa salgono troppo

di Andrea Franceschi

(REUTERS)

3' di lettura

Bond o azioni? Il mercato ha indubbiamente puntato sull’azionario in questi ultimi mesi. Negli ultimi 6 mesi l’indice globale Msci World ha guadagnato il 9,31% contro un -3,24% messo a segno dal paniere Merrill Lynch delle obbligazioni governative delle economie sviluppate. Dietro questa divergenza ci sono tante ragioni. Una, più politica, ha a che vedere con la vittoria di Donald Trump alle elezioni Usa di novembre. La promessa di stimoli fiscali, deregulation per le banche, e investimenti infrastrutturali da parte del nuovo inquilino alla Casa Bianca ha spinto il mercato a riposizionarsi sull’equity.

LA PERFORMANCE DI BOND E AZIONI

Andamento a confronto dell'indice azionario Msci World con il paniere obbligazionario Merrill Lynch developed market (S&P Market Intelligence)

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Per contro il mercato obbligazionario ha registrato una netta correzione le cui ragioni, al contrario, sono prettamente monetarie. Quella che negli ultimi anni è stata una delle principali minacce: la deflazione, è scomparsa dai radar. La risalita dei prezzi del petrolio da una parte e la ripresa della domanda cinese dall’altra hanno fatto risalire l’inflazione e il mercato ha iniziato a mettere in conto un svolta in senso restrittivo nelle politiche monetarie delle banche centrali. A partire dalla Fed che ha fatto da apripista, sia quando c’è stato da azzerare i tassi, sia, in questa fase, quando si è prospettata una manovra in senso inverso.

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Oggi la banca centrale Usa deciderà se alzare il costo del denaro. È dato pressocché scontato un nuovo rialzo dei tassi di interesse. Le probabilità secondo il mercato dei futures sono superiori al 90 per cento. Diversi banchieri centrali si erano espressi in questo senso nei giorni scorsi e gli ultimi dati sul mercato del lavoro usciti venerdì scorso (227mila nuovi occupati a febbraio) hanno dato l’ulteriore conferma del buono stato di salute del mercato del lavoro (altra variabile chiave nel determinare le scelte della Fed).

La domanda che molti si fanno in questa fase non è più se la Fed alzerà o meno i tassi ma a quale ritmo procederà nei prossimi mesi. C’è da aspettarsi un ritocco del costo del denaro ogni trimestre? E poi: quali ripercussioni questa decisione comporterà?

Per tornare alla dilemma inziale tra bond e azioni una domanda che in molti si pongono è: fino a che punto i rendimenti dei titoli di Stato Usa (e, di riflesso, quello dell’intero segmento obbligazionario) dovranno risalire perché il mercato inizi a riconsiderare la sua scommessa. A che livello insomma tornerà ad essere conveniente tornare sui bond lasciando da parte le azioni? C’è il concreto rischio che un rialzo dei rendimenti troppo veloce possa provocare un’inversione a U della cosiddetta “grande rotazione” che in questi mesi ha portato al mercato a scommettere al ribasso sui bond e al rialzo sulle azioni? E che questa inversione di rotta abbia effetti pesanti su Wall Street considerando anche le valutazioni estremamente elevate della piazza americana?

Il tema è molto caro a Michael Hartnett, capo degli investimenti di BofA Merrill Lynch, convinto che per la Borsa americana si prospetti un “volo di Icaro”. Come la figura mitologica che, non ascoltando i consigli del padre Dedalo, volò troppo vicino al sole al punto che le sue ali di cera si sciolsero facedolo precipitare al suolo, anche la Borsa Usa - secondo l’analista - rischia di andare incontro a una brusca correzione che potrebbe essere innescata proprio dai bond. Da un sondaggio BofA Merrill Lynch è emerso che il 64% dei gestori è convinto che sei i tassi dei Treasury a 10 anni si attesteranno stabilmente tra il 3,5 e il 4% Wall Street potrebbe andare incontro a un «bear market». Cioè un ribasso superiore al 20% dai massimi nel giro di meno di due mesi.

«Difficile che si arrivi a quella soglia tanto velocemente» commenta Domenico Rizzuto di Dr Finance Consulting convinto che, «finché la Fed continuerà a reinvestire sul mercato i titoli che ha acquistato con il Quantitative easing, il mercato dei titoli governativi Usa resterà relativamente stabile». Si vedrà come si muoveranno i tassi nei prossimi mesi. Nel frattempo il mercato inizia a fare inevitabilmente i conti sulla convenienza a investire sul reddito fisso o sulle azioni. Anche tenendo conto del fattore dividendi. In questo senso è utile notare come rendimento medio (dividend yield) dell’indice S&P 500, che oggi è intorno al 2%, sia nettamente inferiore al rendimento dei Treasury decennali, che si attesta al 2,6 per cento. Circa la metà delle società che fanno parte dell’indice S&P 500 oggi ha un rendimento inferiore a quello del decennale Usa.

I DIVIDENDI E IL TASSO DEI TREASURY

Andamento a confronto del dividend yield medio dell'S&P 500 con il rendimento del Tbond a 10 anni (S&P Market Intelligence)

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Insomma a volerla dire tutta chi in questa fase preferisse puntare su un investimento di fatto a rischio zero come un Tbond piuttosto che su una pompatissima Borsa americana non avrebbe poi tutti i torti. È vero in ogni caso che le valutazioni della Borsa Usa sono viziate dall’aspettativa sugli stimoli fiscali di Trump che potrebbe - è la scommessa di molti - portare ad un aumento delle cedole.

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