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Perimetro più ampio per definire le necessità

di Giampiero Falasca

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2' di lettura

Il decreto Lavoro assegna ai contratti collettivi un compito molto impegnativo: scrivere le causali che legittimano l’utilizzo del lavoro a termine (anche in regime di somministrazione) dopo i 12 mesi o in caso di rinnovo. Il rinvio alla contrattazione collettiva non è indiscriminato ma, nel solco tracciato dal Dlgs 81/2015, è circoscritto solo ad alcune tipologie di accordi: si fa riferimento alle intese siglate, a livello nazionale, territoriale o aziendale, dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Qual è lo spazio di manovra che hanno questi accordi nella definizione delle causali? La legge sembra operare un rinvio molto ampio in favore della contrattazione collettiva. Secondo la nuova disciplina, infatti, le intese sottoscritte dalle parti sociali possono definire i “casi” nei quali è consentito il rinnovo oppure la proroga, oltre i 12 mesi, dei rapporti a termine e di somministrazione.

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Il riferimento ai “casi” marca una differenza sostanziale con la disciplina contenuta nel decreto Sostegni bis (Dlgs. 73/2021) che invece assegnava ai contratti collettivi la facoltà di definire le “specifiche esigenze” aziendali: un ampliamento di perimetro che consentirà alle parti di definire non solo delle tipologie di causali connesse alle necessità dei datori di lavoro (le “specifiche esigenze”), ma di aggiungere anche ipotesi soggettive per la proroga oltre 12 mesi o il rinnovo dei rapporti.

Qualora le parti sociali vorranno fare riferimento ad esigenze aziendali, potranno individuare situazioni che si vengono a generare nel corso della vita dell’impresa: un aumento di produttività connesso a domande impreviste del mercato, il lancio di un nuovo prodotto, la variazione dei volumi di attività in particolari periodi dell’anno, la necessità di avere un numero maggiore di dipendenti per un periodo limitato di tempo.

Invece, qualora si volesse fare riferimento a ipotesi soggettive, le parti sociali potrebbero scegliere di consentire il rinnovo o la proroga ultra-annuale in presenza di determinate caratteristiche individuali (es. lavoratori che versano in alcune situazioni di svantaggio), a prescindere dalle esigenze dell’impresa. La presenza nel contratto nazionale oppure di secondo livello (quindi territoriale o aziendale) di una causale non dovrà indurre i singoli datori a fare un “copia e incolla” nel contratto individuale di quanto concordato a livello collettivo. Piuttosto, a fronte della sussistenza di una delle esigenze previste dal contratto, un datore di lavoro dovrà avere cura di specificare quella clausola generale rispetto al singolo rapporto. Per fare un esempio, in presenza di una casuale che legittima il ricorso al lavoro a termine per “incremento dell’attività produttiva”, il singolo datore di lavoro dovrà spiegare in concreto qual è la situazione che determina tale incremento (es. una nuova commessa) e perché questa genera il fabbisogno di un lavoratore a termine. Solo applicando questo metodo i datori di lavoro potranno prevenire le conseguenze potenzialmente molto pesanti dell’applicazione dell’orientamento giurisprudenziale formatosi nel primo decennio del millennio sui criteri di redazione delle causali, che verosimilmente sarà confermato dalla magistratura anche rispetto alle nuove regole.

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