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Pesano il freno della Germania e il rincaro del petrolio

Industria chimica

di Giovanna Mancini

2' di lettura

«Arriviamo da un triennio, il 2020-2022, che andrebbe congelato dal punto di vista statistico: tutto quello che abbiamo vissuto, tra pandemia, rincari e scarsità di materie prime, guerra e shock energetico, ha portato i risultati dell’industria chimica prima in alto, poi in basso, con oscillazioni rapide e profonde. Credo che finalmente questo 2023, pur con tutte le difficoltà e le incertezze, segni un ritorno alla normalità». Mariella Giannattasio, presidente del Gruppo Chimici di Confindustria Bergamo, guarda i numeri del primo trimestre con lucidità e senza alcun allarme, nonostante il calo produttivo. L’industria chimica lombarda – che vale circa 5,5 miliardi di euro e dà lavoro a 50mila addetti in tutta la regione – ha segnato un -3,4% rispetto al primo trimestre del 2022 e probabilmente il segno meno accompagnerà il settore per l’intero anno, sebbene non manchino comparti che continuano a crescere, come la cosmetica. «Dopo un triennio schizofrenico, dobbiamo trovare un nuovo equilibrio – spiega Giannattasio –. Sono fiduciosa che ci riusciremo, continuando a investire come sempre abbiamo fatto in ricerca e innovazione, nella formazione dei nostri dipendenti e delle nuove generazioni». A pesare, in questo momento, sono alcuni elementi esterni che incidono sulla competitività delle aziende, tra cui la frenata della Germania, primo acquirente per la chimica lombarda, e l’aumento del prezzo del petrolio, che è alla base di molti componenti chimici. «Inoltre, soffriamo la concorrenza di Paesi emergenti, dove la manodopera costa poco e dove le regole sono meno stringenti rispetto a quelle europee, ad esempio sulle tematiche ESG, che per noi sono però fondamentali e non intendiamo cedere – aggiunge Giannattasio –. Semmai dobbiamo lavorare affinché anche gli altri Paesi si adeguino, per competere ad armi pari».

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