Un piatto di pesce e un calice di rosso fresco: cade un tabù
Oltre i bianchi e i rosati: vini che possono essere serviti tra i 15 e gli 8 gradi. Specie se affiancano piatti della tradizione come cacciucco e buridda ligure.
di Barbara Sgarzi
4' di lettura
Per molti, le cene estive a base di pesce sono sinonimo di vino bianco fresco. Al limite rosato. Che sia fermo o bollicine, con il caldo (quest'anno notevole) si tende a lasciare in cantina il vino rosso e a riempire calici che suonano più freschi e leggeri.
Giusto? Sbagliato? Bisogna sempre partire da un assunto fondamentale: il vino migliore è quello che piace. Quello che si sposa bene con ciò che abbiamo nel piatto e fa venire voglia di prendere un altro boccone, un altro sorso. Poi, ci sono persone che proprio non amano i bianchi: succede, e non dobbiamo certo rovinare una bella cena, magari vista mare, per questo. Terza e ultima considerazione: spesso il problema è la temperatura di servizio. In generale, tendiamo a servire i vini bianchi troppo freddi, quasi ghiacciati, anestetizzandone profumi e sapori ed evidenziandone le durezze, le acidità. E dall'altra parte abbiamo quasi il tabù di rinfrescare i vini rossi, cosa che invece si può e si deve fare, soprattutto d'estate, soprattutto se vogliamo divertirci con gli abbinamenti e spezzare il sacro binomio “pesce-vini bianchi”.
Rossi fruttati, profumati, con tannini lievi ed eleganti, se serviti tra i 13 e i 15 gradi (o anche meno, a seconda delle indicazioni del produttore) sono un accompagnamento perfetto ai piatti di pesce della nostra tradizione, soprattutto se cucinati in umido o con il pomodoro. Pensiamo al cacciucco, alla buridda ligure, alle triglie “in rosso”, alle zuppe di pesce. Certo, è più complesso l'abbinamento con piatti molto delicati, come ad esempio un branzino al vapore o un mix di crudi. Ma per tutto ciò che prevede una cottura e un condimento un po' più elaborato, è ora di buttarsi e provare un calice di rosso. Quale? Ecco alcuni suggerimenti.
Per dimostrare che la sua Schiava, storico vitigno autoctono dell'Alto Adige, è eclettico e perfetto anche su una tavola estiva, l'enologo Andrea Moser di Cantina Kaltern lo ha presentato insieme a una degustazione di piatti di pesce di ispirazione ligure preparati da Cracco Portofino. Territorio di elezione della Schiava da sempre, il lago di Caldaro regala vini sapidi, fruttati, in equilibrio tra freschezza e morbidezza e con un finale lungo e piacevolmente ammandorlato. Perfetti i due estremi della gamma, a seconda delle pietanze: Kalterersee Classico Superiore Doc 2021, il più giovane e fresco, vivace di ciliegia e lampone, beverino a tutto pasto a partire dall'aperitivo.
E, della linea Quintessenz, la più prestigiosa, il Kalterersee Classico Superiore Doc 2020, più morbido e rotondo, vera punta di diamante della Schiava di Caldaro. Da servire entrambi fra i 12 e i 14 gradi. Tra i piatti creati dalla brigata di Cracco che hanno esaltato l'abbinamento, un risotto mantecato con acqua di pomodoro, limone e gamberi viola di Santa Margherita e l'alice marinata con olio al prezzemolo e pomodorini confit.
Kalterersee Classico Superiore Doc 2021, circa 9 euro e Quintessenz Kalterersee Classico Superiore Doc 2020, circa 14 euro www.kellereikaltern.com
Dai vini altoatesini degustati in Liguria, all'altra Liguria, quella occitana, che s'incunea verso la Francia, magistralmente raccontata da Francesco Biamonti. Qui, tra i picchi di San Biagio della Cima, nasce il Rossese di Dolceacqua, vitigno storico della zona che Maccario Dringenberg ha portato a vette di eleganza notevolissime. Dalle sue vigne a strapiombo sul mare, Giovanna Maccario consiglia, per un umido di pesce, magari proprio la classica buridda ligure o una bouillabaisse nello stile della vicina Francia, il suo Sette Cammini 2020. Da un vigneto con più di 50 anni a più di 500 metri di altitudine, ma con il mare a due passi come accade spesso in Liguria, “un vigneto alpino sul mare, che risente tantissimo dell'aria fresca dalle vicine Alpi, l’ultimo vigneto che vendemmio. D'estate, servite questo vino a 15 gradi, sarà perfetto”, suggerisce Maccario. Una curiosità: il toponimo Sette Cammini indica una zona di frontiera dove dipartono appunto sette sentieri, usati da contrabbandieri e passeurs per raggiungere la Francia attraverso cammini nascosti tra dirupi e arbusti. Francesco Biamonti li definisce “...sentieri dove si danza sull’abisso, percorsi da umani passaggi, sentieri sempre pieni di derelitti, tutta un'umanità che ha paura delle grandi libere strade della costa, perché non ha le carte in regola...”. Un vino romantico e ricco di storia, profumato di lampone, petali di viola, le spezie tipiche del vitigno ed erbe aromatiche mediterranee, con un finale fresco e sapido che riporta al mare.
Rossese di Dolceacqua Sette Cammini Doc 2020 Maccario Dringenberg, circa 30 euro.
Passiamo al Piemonte, che potrebbe sembrare lontano dal pesce (ma non vorremo certo dimenticarci della bagna cauda, giusto?) e invece, sempre con l'accortezza di un servizio a temperature più estive, regala chicche come il Ruchè Riserva di Montalbera L'impronta. Strutturato ma molto elegante, con i suoi sentori di frutti di bosco e spezie orientali e la sua grande persistenza, accompagna piatti di pesce più elaborati e saporiti, con una buona presenza di spezie e magari anche un tocco piccante.
L'impronta, Ruchè di Castagnole Monferrato Docg Riserva 2019 Montalbera, circa 20 euro.
Più lieve il Piemonte del Grignolino Limonte di Braida, che crede da sempre in questo vitigno delicato e sorprendente. In questa espressione prende il nome dalla terra dove nasce, ricca di argilla e limo, appunto. Al naso è un trionfo di fiori e frutti, dove spiccano la rosa, l'albicocca e la prugna gialla. Piacevolmente polposo al gusto, ha una trama di tannini così fine da accompagnare il pesce senza essere invadente. Il consiglio del produttore è di servirlo, d'estate, davvero fresco: tra 8 e 12 gradi. Con cosa? Acciughe: se la bagna cauda non fa per voi, gustatele fritte oppure, per uno snack golosissimo, in un panino burro e acciughe al verde.
Limonte Grignolino d'Asti Doc 2021, Braida, circa 11 euro.
Chiudiamo in Sicilia con il Frappato, vino simbolo di Arianna Occhipinti, giovane produttrice della zona di Vittoria e ambasciatrice di una viticoltura pulita e sostenibile. Macerazione di circa un mese sulle bucce, affinamento di poco più di un anno in botti di rovere per un calice profumato e fresco, nelle parole di Occhipinti è “aspro, sanguigno ed elegante”. Capace di accompagnare anche delicati crudi di pesce, ma davvero imbattibile con una ventresca di tonno, magari affiancata da verdure alla piastra.
Il Frappato, Terre siciliane IGT 2020, Azienda agricola Occhipinti, circa 30 euro.
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