Peserico (Eberhard Italia): «La nuova frontiera dei falsi? Sono gli hidden links sui social»
Oltre il 60% delle produzioni fasulle in arrivo dall'estero è comperato volontariamente
di L.Ca.
3' di lettura
L’ultima frontiera della contraffazione? Si chiama “hidden links”. «Si tratta di post, apparentemente leciti e anche accattivanti, sui social, che propongono la vendita di prodotti originali, quali abbigliamento, scarpe, orologi. All’interno vi si trova un codice. Se lo si clicca o lo si riproduce con un copia-incolla in un punto preciso, si apre un “catalogo” di prodotti apparentemente originali, ma in realtà falsi. Il prezzo può mettere in allerta. In realtà, si offrono prodotti contraffatti sfruttando, in maniera “parassitaria” la forza del brand dell’originale».
Come spiega Mario Peserico, amministratore delegato di Eberhard Italia, presidente di Assorologi e di Indicam (l’associazione che riunisce multinazionali e grandi marchi a tutela della proprietà intellettuale e contro la contraffazione) – sono, da tempo, i social, la nuova “autostrada” della contraffazione. Sugli hidden links – fenomeno attivo da un paio di anni ma già capillarmente diffuso – Indicam ha compiuto uno studio.
«Abbiamo studiato il fenomeno su un settore specifico, quello degli orologi – spiega Peserico –. Ma vale per tutti. Ogni volta che un potenziale acquirente inserisce il codice per l’acquisto del prodotto falso, di fatto, non scrive un codice-prodotto ma quello di un procacciatore di quel bene. Il quale si incaricherà di procurarlo e spedirlo, in cambio di una commissione o una percentuale, che in molti casi è anche una transazione in nero o via cryptovalute. Tanti “piccoli pacchetti” estremamente difficili da intercettare da parte delle Autorità».
Il 62% degli acquisti a chi sa di comperare un falso
Del resto, sempre l’ultimo studio Ocse-Euipo, ci informa che il 62% dei prodotti importati contraffatti e piratati, venduti in Italia nel 2019, è arrivato a consumatori consapevoli di acquistare falsi. Con percentuali che variano dal 31,9% per i veicoli a motore, cicli e motocicli al 64,4% per l’abbigliamento, le calzature, la pelletteria e gli accessori.
«La pandemia, con l’aumento vertiginoso dell’e-commerce legale (ma anche illegale) – aggiunge Peserico – e soprattutto l’acquisto da mobile, che riduce la visibilità e facilita l’inganno, stanno amplificando il falso via social».
Da anni Indicam e i diversi stakeholder collaborano con i grandi marketplace. «Alcuni – dice ancora Peserico – si sono dotati di unità interne anticontraffazione, collaborano con le autorità nel rimuovere i falsi in vetrina e istituiscono cause congiunte con le grandi griffe. Certo non tutti. Ma il percorso è avviato e la trasparenza è un asset che conviene a tutti».
Il nuovo Digital Service Act
Tra pochi giorni entrerà in vigore il Digital Service Act, il nuovo regolamento sui servizi digitali, approvato dal Parlamento Ue il 5 luglio scorso (ma che si applicherà dal 2024), che punta, tra le altre cose, a velocizzare le procedure per la rimozione dei contenuti illegali e migliorare il controllo pubblico sulle piattaforme online. «Certamente un passo avanti, ma anche un’occasione in parte persa – sottolinea Peserico – per imporre ai marketplace gli stessi obblighi esistenti per i canali di vendita fisici».
Altro capitolo, restano gli influencer. Non i grandi nomi, ma il fitto sottobosco di giovani che si sono costruiti una community di follower attorno a una passione specifica (un capo di abbigliamento o una marca) o che sono molto seguiti a livello locale. «Alcuni – osserva ancora Peserico – offrono sia gli originali che le repliche contraffatte a prezzi più accessibili (o solo queste ultime), prendendo una commissione dai produttori di falsi». Il fenomeno è sempre esistito ma adegua l’offerta ai nuovi canali e linguaggi che la tecnologia offre.
«In quanto Paese manifatturiero – conclude Mario Peserico – le nostre imprese sono tra le più colpite. Poter avere a Milano la terza sede centrale del Tribunale per il brevetto unitario sarebbe un segnale di attenzione importante per le nostre imprese».
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