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Petrolio, l’attacco in Arabia non scalda il gasolio (ma i broccoli sì)

I carburanti non dovrebbero subire per ora effetti di rilievo, più sensibili i prodotti ortofrutticoli

di Jacopo Giliberto

Perché l’attacco al petrolio saudita ha sconvolto il mercato

4' di lettura

Il gasolio e la benzina rincareranno? Ribasseranno? Il greggio sale e scende dopo i gravi danni dell’attacco alle istallazioni petrolifere saudite di Abqaiq e Khurais, ma per il nostro portafogli molto dipende dalla nostra reattività, dall’emotività di noi consumatori. Altri effetti potrebbero venire dai danni alla raffineria pavese di Sannazzaro de’ Burgondi.
Dal punto di vista tecnico, i prezzi dei carburanti al dettaglio non dovrebbero sentire alcun effetto dai colpi assestati dai droni degli Huthi yementi agli impianti petroliferi. Forse potrà esserci uno scostamento di qualche centesimo nei momenti di maggiore tensione.

Ma l’emotività petrolifera può giocarci tiri mancini sui prezzi di fagiolini, mele golden, bietole. Il prezzo al dettaglio (soltanto al dettaglio) di frutta e ortaggi accompagna con vicinanza adesiva le bizzarrie del greggio. Non segue i carburanti: proprio il greggio. Quando il Brent rincara a Londra, rincarano di pari misura i cavolfiori in Italia; quando il Wti si sposta negli Stati Uniti, immediate le ricadute per le verze dal fruttivendolo.

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Broccoli e greggio
Per motivi più oscuri del Segreto di Fatima, c’è un parallelismo quasi perfetto fra la quotazione del Brent e del petrolio Wti sui mercati internazionali e gli andamenti di zucchine, broccoli e albicocche venduti sotto casa.

Attacco a raffinerie saudite, Usa denunciano coinvolgimento Iran

Se rincara il greggio a New York e Londra, il giorno dopo molti fruttivendoli italiani correggono i cartellini dei prezzi e scarabocchiano su un foglietto il conto della spesa: «Cara signora, capirà; costa di più il trasporto dai campi».

Sul prezzo al dettaglio dell’uva pizzutella si rovescia subito la ribellione Huthi in Yemen, sui finocchi si riflettono le insofferenze delle truppe governative nella giungla, sulle melanzane l’uragano che minaccia le piattaforme petrolifere, sulla cipolla rossa si manifestano in poche ore le ubbìe del dittatore sudamericano.

I prezzi agricoli
Ovvio che questi sono effetti emotivi sfruttati dai grossisti all’ortomercato e dai fruttivendoli, perché in realtà i prezzi agricoli alla produzione sono poco suscettibili ai sussulti dei mercati del greggio.

Per esempio, dal momento in cui viene estratto il petrolio passano mesi prima che arrivi il momento in cui il gasolio arriva nel motore del trattore. Per esempio, il listino del gasolio agricolo ha andamenti diversi, a volte divergenti, da quelli del greggio che ne è la materia prima. Però è vero che il peso dell’energia è assai più sensibile su lattuga e cetrioli che su altri prodotti perché il petrolio è una voce di costo per il riscaldamento delle serre e l’essiccatoio del granturco, per i fertilizzanti, per gli insetticidi, per i mangimi nelle stalle e così via.

Il peso sull’inflazione
Sul paniere dell’Istat i carburanti pesano attorno al 2% e tutta l’energia fra il 5 e il 7% (contando anche il metano delle cucine, il Gpl per il riscaldamento, la corrente elettrica e così via). L’Ocse stima che un aumento del petrolio pari a 10 dollari al barile comporti un aumento del tasso d’inflazione dello 0,5 per cento.
Il petrolio è molto pervasivo anche su aspetti poco appariscenti e diversi dal trasporto delle persone e delle merci e dal riscaldamento di case, uffici e fabbriche.
Per esempio vi è petrolio nascosto nella plastica degli imballaggi che proteggono i prodotti, nelle vernici dei mobili, nell’adesivo che trattiene al muro le piastrelle.

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Scostamenti minimi
Gli scostamenti del Brent di questi giorni, data la struttura del prezzo finale e visto il peso pachidermico del fisco, in Italia si tradurrebbero in aumenti o ribassi del 2-3% del prezzo finale, cioè pochi centesimi.
Diverso il caso in cui i listini del petrolio si collocassero in modo stabile attorno a un livello diverso di prezzo, per esempio con valori intorno agli 80-100 dollari. Avvisa l’Unione petrolifera: «È evidente però che se si dovesse protrarre troppo a lungo nel tempo, ne risentirebbe la tenuta dell’offerta e quindi l’effetto sui prezzi diverrebbe molto più significativo.

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I primati del 2008 e del 2012
Se attualizziamo i prezzi di oggi e il dollaro, ritroviamo diversi casi in cui i prezzi del greggio sono stati orgogliosi e invece i prezzi al consumo dei carburanti finiti simili a quelli di oggi. Nel ’79 e nell’’80 il petrolio superava i 100 dollari al barile ma — rileva l’Unione petrolifera — i picchi del Brent si sono avuti nel 2008 con il valore massimo di 144 dollari al barile (prezzo rilevato il 3 luglio 2008) e con una media annua di oltre 97.

Ma il prezzo al distributore segue andamenti diversi dal petrolio, la materia prima usata per produrre benzina e gasolio. Non a caso il primato di prezzo è accaduto non quando il greggio era al massimo, nell’estate 2008, bensì sette anni fa, in quel settembre 2012 quando il gasolio costò 1,77 e la benzina arrivò a 1,89 euro al litro. E la prima voce che pesa sul prezzo dei carburanti, va ricordato, non è il petrolio: è il Fisco.

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  • Jacopo Gilibertogiornalista

    Lingue parlate: italiano, inglese

    Argomenti: ambiente, energia, fonti rinnovabili, ecologia, energia eolica, storia, chimica, trasporti, inquinamento, cambiamenti climatici, imballaggi, riciclo, scienza, medicina, risparmio energetico, industria farmaceutica, alimentazione, sostenibilità, petrolio, venezia, gas

    Premi: premio enea energia e ambiente 1998, premio federchimica 1991 sezione quotidiani, premio assovetro 1993 sezione quotidiani, premio bolsena ambiente 1994, premio federchimica 1995 sezione quotidiani,

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