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Petrolio, il principe bin Salman sottrae Saudi Aramco al ministro Al Falih

di Sissi Bellomo

(Reuters)

2' di lettura

L’Arabia Saudita ha sottratto la presidenza di Saudi Aramco al ministro dell’Energia, Khalid Al Falih: una mossa che appare legata alla nuova accelerazione dell’iter per l’Ipo del colosso petrolifero (l’incarico non a caso è andato al responsabile del fondo sovrano, Yasir al-Rumayyan, fidato consigliere del principe Mohammed bin Salman), ma che rappresenta anche un’ulteriore diminutio per l’uomo che guida le politiche petrolifere di Riad e di fatto quelle dell’Opec.

Al Falih aveva già subito un duro colpo venerdì scorso, quando nell’ambito di un rimpasto di governo Riad aveva spezzato suo dicastero, scorporando Industria e attività minerarie per affidarle a un nuovo ministro, Bandar Al-Khorayef. Un ritorno al passato, in fin dei conti, perché i predecessori di Al Falih – compreso il celebre Ali Al Naimi, in carica fino al 2016 – si occupavano solo di energia.

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La presidenza di Saudi Aramco era tuttavia affidata da decenni al ministro del Petrolio.La tradizione viene ora bruscamente interrotta.

Al Falih è stato costretto a fare buon viso a cattivo gioco: in un tweet (in arabo) si è congratulato con il governatore del Pif, il fondo sovrano – confermando indirettamente quella che fino a quel punto era stata solo un’indiscrezione di stampa – e ha aggiunto che la nuova nomina in Aramco rappresenta «un passo importante per preparare l’azienda all’offerta pubblica».

Il sospetto tuttavia è che dietro le quinte ci sia anche qualcos’altro. Il potente principe ereditario, soprannominato MbS, potrebbe aver perso la pazienza di fronte alla scarsa efficacia delle strategie di Al Falih per risollevare le sorti del petrolio.

Riad sta tagliando la produzione da gennaio 2017, in modo molto più pesante degli altri Paesi dell’Opec e della Russia (che si è unita agli sforzi grazie all’abilità diplomatica di Al Falih, ma che ora è tornata ad estrarre più di quanto promesso). Eppure, nonostante tutti i sacrifici, il prezzo del barile non è risalito abbastanza : il Brent scambia a meno di 60 dollari, Riad ha bisogno di almeno 80 dollari per far quadrare il bilancio dello Stato e per spuntare una valutazione soddisfacente per Saudi Aramco, quando e se «l’Ipo del secolo» avrà davvero luogo.

Il tam tam delle voci su una prossima quotazione in Borsa, che l’anno scorso era stata rinviata al 2021-22, è ricominciato nelle ultime settimane. E dai rumor è filtrato anche il disagio sulla scelta della piazza internazionale: New York ora sembrerebbe fuori gioco – troppo alto il rischio di cause legali – ma anche Londra e Hong Kong non sono messe troppo bene, la prima per via della Brexit (che si annuncia davvero hard), la seconda per via dei disordini sempre più violenti.

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